stivali



Al cadere della temperatura il tempo si è dilatato. Attraverso le maglie del tessuto ho visto particolari microscopici. Stavano in angoli dell’intreccio come protetti. C’era un mondo di minuscoli gnomi nella trama del bosco. Per il freddo acuto improvviso ho messo il piede sul primo muschio autunnale. Se la temperatura varia improvvisamente lo stimolo sensoriale ha un effetto sull’attività mentale: il tempo si dilata e la chiarezza invade il pensiero.

Luci sulle creste dei monti. Avanza candida la lingua di neve dorata sotto i miei occhi, e seguendo il dettato dei profili alpini, perlustro la frontiera e perlustro insieme la mia anima. Posso farlo nel tempo fisico dilatato tanto rapidamente che non potendone percepire la durata non c’è più la coscienza impaziente del suo scorrere. E nell’aria fermata l’anima si rivela. L’intero – grossolano e approssimativo-  che dicevo essere me, nel chiarore del contrasto di temperature opposte, si è rivelato un aggregato di frazioni multiple.

Questi nuovo me composto da inezie non inerti è evidentemente ridondante.

Oggi dunque si gira sul set in esterni. Alla frontiera con il Messico si inquadrerà il cielo e l’aria tremula per il calore.

La macchina per le riprese sta filmando il mare illusionistico sul deserto infuocato. L’anima è un’onda gravitazionale di fiato che dalla bocca della guardia di confine si espande e perturba l’affresco aereo di un miraggio.

Il detective ha grosse scarpe solide alte scure contro l’inconveniente degli scorpioni delle rocce e cammina sicuro e punta lo sguardo sulla linea tra cielo e deserto dove la materia sublima in polvere gialla (in basso) e (via via che si sale) arancione: a segnalare la prossimità con divinità roventi.

Le variazioni dell’animo umano sono cose specifiche che si originano nei territori al confine tra la massa cerebrale e l’invisibile immagine di cosa sia il ‘pensiero’: materia fine che presiede l’espressione.

Il pensiero dal canto suo vola in comportamenti muti e in segni e in parole e suoni, si distende e si dilunga, per secoli resta aria e acqua, fuoco e terra, e torna alla biologia a causa della visione dell’infinito orizzonte del deserto o per la variazione improvvisa di gradienti di temperatura, ed eccita la materia delle aree corticali della sensibilità e della visione e quelle profonde della temperatura e della pressione e queste funzioni generiche della biologia generano nuove idee soggettive corrispondenti allo specifico sentimento del mondo di ognuno.

Il detective ha un sé ricco di inquietudini, ridondante, eccitabile, mobile, sospeso.

Il detective ha pensieri che resteranno ignoti a tutti per sempre.

E tuttavia, nell’incanto di un eccessivo chiarore, nella perplessità causata da una improvvisa dilatazione del tempo, è preda di sentimenti di universale bellezza, sentimenti di reverenza e di onnipotenza, di piccolezza e commozione: che potremmo illuderci di capire, per averli provati.

Svolge la sua vigilanza con grande solerzia sapendo, senza esserne consapevole, che gli stivali bruni lo proteggeranno dal veleno degli scorpioni. Il suo pensiero -rassicurato dalle calzature forti- si svolge fluente, e lui segue il suo sguardo che scivola sull’orizzonte, e lo sguardo imprime al respiro un ritmo paziente di maestosa regolarità.

Il fiato fa una perturbazione in aria. Cambia il disegno del miraggio di mare sul deserto, che potremmo dire sia il respiro infuocato del mondo che inonda il cielo.

Il detective al confine con il Messico è un traliccio in ascolto. Rende evidente come la solitudine sia coessenziale alla ricerca sui fenomeni di transizione da uno stato ad un altro della materia.

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