storia


la storia in atto


Posted By on Giu 22, 2016

Farsi uomo della divinità. Farsi, dell’uomo come è, da uomo, altro diverso. Magari fratello, o figlio. Possibili senza il disfare edipico. Farsi, da uomo, altro corrisponde ad altro a cui si è riusciti a pensare. E ad un altro (modo di) pensare. Sulla radice, “andros”, innestare un nuovo atto di storiografia immaginaria:

“…sorse una specie mutata cui il tempo fu amico: esso, il tempo, non fu percepito come padre ingrato…. e fu grazie a qualcosa nella mente che computava le probabilità in modi non pessimistici…. essi, i nuovi, ebbero la facoltà di stare dalla parte del pensare rapido…. ebbero la facoltà di considerare i vantaggi di inavvertiti lampi di sguardi assassini e di imponderabili toccamenti casuali che concessero loro torride ore del dopo pasto...”

Krono non poteva svolgere il proprio compito di terrorizzare questa specie che era così dedita al presente da restare disinteressata ai ricatti di tempo lungo. Come la precedente specie ci furono di certo le condizioni pratiche per cui ragionevolmente si pensa che avrebbero anch’essi dovuto uccidere i padri predecessori . Ma intanto era tutto un invito continuo a considerare il crearsi di certe contingenze. Il mondo cambiava forma luce e profumo tutte le volte di fronte al banchi del caffè. In mezzo ai sacchi traboccanti di spezie dei mercati nomadi. O forse era solo la grande immaginazione dei mutati che prendeva piede. Un andros differente. In un mondo che veniva riconsiderato (percepito) differente: più interessante su certi lati e per niente preoccupante per altri. Intelligenza artificiale. Il farsi automa dell’uomo. Un automa che non aveva nessuna somiglianza. Seppure la stessa figura.

Il resto della storia è in atto…

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Verdi e il verde mare. Libiamo. Se la marea si è svolta si vedrà dalla crescita misurata del riso ai lati degli ultimi duemila trecento metri prima di svoltare a sinistra per la spiaggia. L’orizzonte è una lingua di verdemare. La semiretta dei corpi punta ovest/nord ovest. Sistema tutto una luce di mani evanescenti che allineano il pranzo di pesche mature, il the alla menta, le salviette profumate per il sole. La musica sale alla mente dal filo del registratore attraverso gli auricolari. Distrarmi da questo eccesso di perfezione è impossibile. La cura della disposizione dei bagnanti è quella di un arazzo. Io ho trascorso qui i miei anni migliori. La vita è corsa con la rapidità dei volteggi del tuffatore che infila il proprio corpo in anelli invisibili, precipita lungo un filo di acciaio ritorto, cade dentro dedali trasparenti, poi in fondo trapassa la seta d’acqua col rumore di un soffio e sparisce sembra non tornare mai più a respirare seminando sorpresa e trepidazione sulla riva.
Disteso su uno degli asciugamani sono perpendicolare all’orizzonte. La musica lungo il filo bianco degli auricolari si versa nella mente e dal punto di vista sensoriale ha lo stesso timbro diafano della luce agitata quando ancora non ha incontrato corpi solidi. Questa perfezione lucente dell’aria piena di sole insieme al vuoto cognitivo dei suoni determinano una felicità regressiva. Dall’immagine acustica all’analfabetismo semantico fino alla nascita. Resto a lungo su questo telo da mare profumato, col the freddo su un rilievo di sabbia, sulla spiaggia apparecchiata dalla luce diafana di giungo. L’eccesso di perfezione si completa nell’arazzo dell’inquadratura aerea dei bagnanti. A quella distanza tutto corrisponde: la sapienza delle interpretazioni degli anni settanta nel riposo turbinoso del setting ha dato luogo alle evoluzioni della vita di tuffatore e alle intuizioni traslucide della attuale ricerca sulle funzioni prime della specie umana. Figura, immagine, diafana coscienza del mondo esterno, nascita.

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La macchina del mattino si è messa a muoversi piano con il suono di un romanzo alla svolta generale dei suoi più giovani protagonisti, alla piega che prendono gli avvenimenti quando sussulta tutto insieme il cuore dello scrittore e avvolge le sorti di ciascuno con la forza disinvolta di una divinità. È la letteratura sopra la storia: chiara e sublime sulla cima lucente di una torre di guardia. Nella mia stanza non si può dire per adesso il grado del calore esterno.

Per adesso il tempo è chiuso tra le mura. La coscienza è leggera e corre tra le macchie indistinte di pareti brune e grigie e azzurre e vola ma senza dover andare troppo oltre a render conto del terreno come una sentinella in perlustrazione ma solo ai margini dell’accampamento non lontana verso il fiume e il bosco fumanti e indesiderabili.

I cannoni del cielo sono fermi e la velocità di rotazione fa soltanto arrotare il ferro dei fusti contro il vento: è un rumore che non si sente, troppo sottile, sono scintillii nella penombra appena avvertibili. Di fatto specificamente essi sono rilevanti e dunque sensibili solo ‘adesso’: ogni giorno solo a quest’ora del mattino.

Qui, dunque, capita come ci si accorgesse di essere entrati nella parte curva dello spazio dove la radiazione di fondo (la continuità della nostra esistenza) versa fluendo improvvisamente più rapida nel catino di un pianetino dagli occhi d’argento e carbone di una sorellina o una ragazza o una futura donna: capelli scuri, naso affilato e labbra indescrivibili al centro del mondo a cantare per tagliare la tela della nebbia e aprirsi la strada.

Là tutta sola come la luna ad aprirci le braccia con gli occhi spalancati aspetta nelle Cosmicomiche, si porta a distanza di un tiro di schioppo e poi svanisce nella breve ripresa della melodia del sonno. Presto, con moto. Nel secondo tempo la macchina del mattino con il vento dei cannoni e il gioco della coscienza vagante nel cielo basso del sonno è un ingegnoso rotolare di sistemi integrati insieme e uno scricchiolìo è quanto resta, è il sogno d’essere di nuovo. O senza posa.

Dalla prospettiva di una terrazza sul mare come sempre sorridendo tenterò di raccontarti, disperatamente forse non solo a te, di questi pochi secondi originari. Di raccontarli durante un lavoro, con la metodologia professionale del linguaggio che si orienta alle corolle dei girasoli, e insegue la chiarezza dei suoni delle parole: cioè le cose appena dette, la vibrazione di quanto un attimo prima era pensiero ma in più anche iniziativa verbale. Immagine e decisione a non tacere.

Il piombo fuso del cielo che scende fa fiorire queste lenzuola di colore incerto e esaurisce la pazienza. Vorrei dirti mentre l’ora è passata. Sarà domani allora. Sarà domani la promessa. Arriveremo facilmente a stasera. Con la leggerezza di un tuono lontanissimo nel cielo. Ricordando i cieli sopra la testa fracassata dei principi russi nella battaglia di Austerlitz.

“Guerra e Pace”: nella visione di profondissimi cieli sta la fondazione capovolta di una natura aerea accogliente nella quale Tolstoi riesce a porre saldamente la radice del proprio divino umanesimo e però, insieme, la redenzione di una ipotesi di realtà non materiale non del tutto irreale. Dati i tempi, non poco.

In questo tempo e in questo lavoro è la risata di un giorno allegro in cui emerge il profilo di una collina, il fascino della resa. Sulla linea del fronte delle attuali relazioni l’accerchiamento delle braccia regala l’armistizio che conclude i conflitti. Si è accresciuta la conoscenza che è la vitalità del sonno che salva gli esseri umani dalla pazzia, o che comunque li tiene lontani il più a lungo che sia possibile.

nota: l’immagine dell’articolo è presa qui

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radio londra


Posted By on Feb 9, 2011

radio londra

L’albero e la terrazza sono luoghi di avvistamenti -non per vedere lontano- semmai per scegliere chi mangiarsi con gli occhi. Ci sono fili tesi tra i rami e il ferro torto della balaustra. Sui fili: lenzuola ! Al vento il bianco è la resistenza. Messaggi in codice.

L’amore è Radio Londra. Le donne e gli uomini fatti di coraggio. Le menti scrupolose – appassionate – a trovare le rondini – il messaggio – il codice – la bandiera del tempo – la scritta -la formula della resistenza. La frase attesa.

La letteratura – il chiarimento del sapere scientifico – l’arte del libro ? Radio Londra. Tutti. Terrazze – seni in codice – comandi al desiderio – segni univoci. Arrivano agognati – colpiscono chi sapeva, di già, d’essere scelto. Che arrossisce prima dello sguardo. Al pensiero !

Terrazze e melograni, se deve essere festa. Ultimo ‘primoamore’ sul passo carrabile. Davanti casa mia, in pendenza leggera. Posso stare sospeso – non cadere. Il sogno mi ha messo in grado d’un volo verticale. Padronanza dell’aria.

Dunque, difficile, oggi, niente! Neanche dire in tre parole la leggerezza. Non ho mai avuto meglio di ‘oggi’. Oggi -dunque- mi servirò di te per sapere. Finché resti vicina – farò sfoggio d’un pronome plurale. Noi.

Ai sorrisi ‘svelati’ una ‘finta’ sorpresa. Sapevo già ! Sono capace e, dunque, metto in scena ! Anche il sospetto della tua contrarietà. Non ti offende il gesto della trascuratezza indolente – in fondo si tratta di arrivare. La bianca nuvola della resistenza è al vento.

Radio Londra trasmette un filo inarrestabile di frasi. E’ l’Ulisse di Joyce – macchè è poesia di guerra. Manda gente a gridare. Autorizza il conseguimento. Si sono sprecate pagine inutili. Tutto, quasi, avveniva in silenzio. Anche i passi sotto le bombe.

Mi servo di questo per resistere, lo ammetto. Per resistere bene. La scrittura è un balcone solido. Ha i ferri torti che tengono: – me, da questo lato – e – dal lato di fronte, l’albero: un melograno. Le corde  -per il bucato- sono tiranti di un paracadute.

Radio Londra è pensare e leggere e scrivere in questi tempi difficili. Le frasi da rilegare insieme -per ricostruire la mente, confusa e spaventata, di tutti. Tutti noi. Si poteva ‘immaginare’? Non pareva evidente. Scrivo “Questi tempi difficili parlano di noi”

L’amore di Pirandello cominciò, e finì, tra un ramo e un balcone. Poi lui divenne pazzo -pare. Io, al contrario, oggi, ho visto due cuori nella neve. Tra me e me- mi son detto: la premessa al pensiero. E lei l’ha già pensato. Per questo vado dicendo di amarla.

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