Taormina


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“Ultima Aurora Boreale A Taormina”
©claudiobadii
per
OPERAPRIMA

Abbiamo analizzato “Seta e Moquette” di Massimo Chirico. È la coscienza della difficoltà del discorso scientifico nel secolo passato. Il discorso pittorico si curva di anno in anno come il gomitolo nel cielo: nuvoletta quasi inconsistente. Dico che è latte. Ho appena interpretato (pensato) che forse si prepara, dopo quaranta anni dal 1970, un nuovo accesso agli oggetti, alle cose escluse, alla comprensione ulteriore della scoperta scientifica.

C’era un panno imbevuto di cloroformio sul viso: dico io “è il seno che stordisce il ragazzino appena nato e l’adolescente tra le braccia della ragazza accondiscendente”. Si sviluppa un discorso sui contesti dove (dentro i quali) si svolgono le teorie: si svolgono, più che si sviluppino, perché poi forse per lungo tempo, a causa del contesto, NON si sviluppano. La comprensione storica non è nella comprensione degli affetti. “Il contesto”- dicevi-“sono due uomini” cioè venti anni. Io dico che furono due donne; venti anni differenti. Tu dici “annientare”. Io penso che si confuse la parola annullamento con una forma di sapere filosofico sulla malattia che si è voluta inquadrare culturalmente nella dinamica: sesso, potere e sottomissione. Infatti seguono sogni di baci liquidi o voraci con relative eccitazioni. Trascurando tutto questo agitarsi erotico chiedo quale è la funzione corrispondente a questo ‘annullare’, a quell’annientare e allora una dice “…è che colpisce la pelle”. Che si vede allo specchio con questa sua pelle ammalata “per troppa sensibilita”. Uno specchio è forse una riflessione sulla sensibilità come alterazione del sentimento? Io allora ho deciso di dire che il sentimento (che in fondo è un’area tematica) riesco a vederlo mentre si propaga l’onda di rossore, l’onda di eccitazione neuro elettrica, che invade la vita biologica cerebrale. Che vedo il pensiero come un’onda per davvero. Questa “poetica” della fisica materiale, la meravigliosa inquietudine probabilistica dell’onda, quaranta anni fa fu detta ‘realtà non materiale’ e dunque ci si pose l’attenzione. Ma si sbagliarono i termini e la si rese incomprensibile e irreale di nuovo a causa di un VIZIO, una tendenza all’eroismo letterario purtroppo troppo poco medievale e troppo rinascimentale. Sottratta ai fenomeni per cui il pensiero fondante deve avere i natali o gli auspici o una genetica che affondi nei secoli immediatamente post oscuri, la definitiva collocazione della azione ideativa umana nella biologia della vitalità, riscuote adesso pienamente il premio della plausibilità.

Però cambiamo ipotesi per il futuro. Non è il malocchio che colpisce la figura a sciupare la pelle. La patologia della mente è malattia della funzione che sta alla base dell’ideazione. Prima del pensiero specificamente ‘umano’. La malattia guarisce lentamente lungo le spire attorcigliate del gomitolo nel cielo. Un serpente pericoloso si trasforma in narrazione dei rivoli di pioggia su un tetto. Negazione e annullamento sono malattia dell’immaginazione (opposto che ‘immaginarie’ !!!). Possono “fare” l’odio: freddo, invisibile. O la pazzia: florida, incoerente, inaccessibile, segreta o sguaiata. La figura derivata dalla percezione visiva è sempre trasformata dal pensiero che con l’affettività interviene ad “alterare” la percezione della realtà ‘esterna’. Nella malattia il pensiero non funziona, non interviene, e la lesione della figura è per assenza di investimento.

L’area della ricerca è un punto inesteso, lo snodo concettuale che fu individuato (definito) come il “nesso strano”. L’attività cerebrale che corrisponde all’attuarsi del nesso nella sua anomalia di stranezza è precisamente l’area della ricerca.

Però si deve prima aver compreso che l’attività cerebrale, in condizioni di sanità, svolge molteplici nessi che ne fanno una azione unitaria e globale corrispondente all’immagine di unicità e integrità dell’individuo. La comparsa del nesso strano indica dunque non un’azione filosoficamente inappropriata del pensiero, cioè primariamente una errata visione del mondo. Indica  una discontinuità dell’investimento affettivo sopra il soma freddo e indifferente della percezione. Quel mondo che la funzione di pensiero non riesce a colorare è una porzione di realtà di invariante ed insignificante naturalezza: è l’idea di una creazione divina. Ma il divino non è umano: è il nesso strano, verità di una irrealtà alla base della malattia della mente, quando la mente non svolge più la propria funzione di immaginare.

Quando la funzione immaginifica (ideativa) della mente si interrompe, l’attività mentale continua ad esercitarsi: ma, non essendo più attivo il pensiero, la sanità (continuità ed integrità) si perde.

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