tea for two


Era indispensabile tutto il tempo. Il serpente della vita al mercurio la strisciolina lucente nella striscia grande la biscia di pelle carezzata dentro il fiume della vita intera la grande imponenza del corpo del drago d’acqua essendo il pensiero anfibio proprio come noi oggi sulla spiaggia mezzi nel mare mezzi al sole frammenti di spalla guancia ginocchia il piede sinistro il lato dolce dei polpacci e su per i capelli le idee pneumatiche leggeri che risalgono i torrenti del Tirreno che non conta più come una volta. Tra Cartagine e la Roma del senato e dei consoli le tue spalle e i miei occhi ciechi e Martial Solal al piano da quando la musica salì la scala dopo l’annullamento dei musicisti poco cotti poco bruni troppo poco  abbelliti del chiarore di cicale e le musiche finalmente adesso salgono su e i sonagli squillano tutti assieme nel cono. Era indispensabile il tempo che sopravanza tutti e aspetta e porta la focaccia al bivio perché si sorrida il giorno della separazione come fosse il miracolo dei pani e dei pesci la povertà del dolore divisa per tutti quanti siamo e divisa per tutti i momenti che ci sono stati e diffusa. Mi tengo il tuo ombretto per cambiare sesso stasera tra gli altri che credevano di avermi conosciuto una volta per tutte e poi il ciclone ha arricciato le labbra e le ciglia e mi faccio il colore del pomeriggio alle guance per sembrare una ragazza. Per chiarire che non ho paura di scambiarci altri segreti. Di dire che sono capace di non smettere. 

Quando ho scritto che avevo chiaro il canto delle cicale per fare gli annullamenti necessari cioè che la rabbia non bastava a conservare l’idea della prassi e che il moto degli astri è come l’azione del pensiero e la trasformazione dello stato fisico della materia ma non è il movimento muscolare non è lo spostamento nello spazio. Che la comprensione non è la spiegazione, la comprensione è l’affettività. La comprensione immagina universalmente, immagina creando per esteso per largo e per lungo e in profondità, e quella è la premessa al moto, ai coni e ai precipizi, e alle cadute morali e ai disastri, e alle resurrezioni: tutte attività ideative non narrazioni, ovviamente. Quando leggendo di una schiava alla stazione ai piedi di un berbero analfabeta (Ingeborh Bachmann nel “Libro Franza”)pensai alle capriole di una capra e cioè a tutto quanto può a buon diritto essere definito, seppure a priori, improbabile. La cura porta raramente alla guarigione: per ora ha determinato comunque atteggiamenti risoluti di lotta resistenziale e altre motivazioni in forma di grandi margherite, girasoli, onde, rane volanti, delfini, liane legate alle nuvole, e atterraggi di fortuna. Tutto raccolto definitivamente come grano e memoria, insomma come traccia mnesica, nel setting che ho salvato dal mare. Ecco perché oggi il mare la spiaggia la musica e le carezze occasionali inventano l’immagine dei miei occhi truccati con matite e pennelli leggeri: soprattutto il the per noi due. Devo studiare che succede nella mente se si pronuncia annullamento e poi pulsione e poi pulsione di annullamento. E perché serve la tua supervisione ogni anno, circa e, al massimo ogni due tre anni, la tua lingua e le tue labbra. Eppure non stiamo insieme. Ma sei essenziale. Non stiamo insieme ma non ti ho annullata. Quando hai detto ‘non stiamo più insieme‘ non ti ho annullata. La condizione attuale dunque è di scarsa risoluzione, per dirla con le parole del tecnico microscopista. Scientificamente non possiamo giurare su nulla di definito. Questo è certamente in relazione a quanto segue. Cioè.

La cura si conclude raramente con la guarigione. In genere si riesce ad escludere il destino di restare con il vuoto, che sarebbe angoscia, ma si resta con il dubbio se il dolore sia rabbia o paura. Non siamo certi che quello che chiamiamo dolore sia sempre dolore che si può dividere come i pani e i pesci o i giorni di sole come oggi. Se è rabbia non va bene: uno non è ancora guarito. Se è paura forse va un poco meglio, ma deve passare presto perché la paura fa di nuovo la rabbia per l’incapacità di togliersi il terrore di dosso e uscire dai nascondigli sotto terra o dietro le porte. Se è paura però magari potrebbe essere anche una specie di amore che si trova e si teme di perdere. Sarebbe comunque legame con l’oggetto forse meno lesivo dell’oggetto rispetto alla rabbia. Io posso dirlo del rapporto con l’oggetto. Ogni anno, o un po’ più raramente ti cerco: non stiamo insieme ma non ti ho annullato. Le tue labbra mi sono utili. Il tuo corpo mi è indispensabile. Seppure non stiamo insieme non significa nulla. Possiamo trovarci e dormire accanto e dividere cibo e raccontarci tutto come se il tempo non fosse passato. Gli esseri umani hanno questa bella incoerenza di non dare peso. È perché la cura non si è ancora conclusa con la guarigione che possiamo coltivare l’incoerenza e non dare peso alla cosa che non stiamo insieme da molto tempo. Così ogni qualche tempo che non è specificamente predefinito, ogni qualche tempo che non abbiamo mai deciso prima, noi ci troviamo per stare insieme. Per non dare peso alla coerenza dell’odio di molti. Non mi hai annullato e neanche io ti ho annullato nonostante il dolore. O forse proprio grazie alla sensibilità non si è realizzato l’annullamento che avrebbe determinato l’angoscia. La vitalità sperimenta e sostiene il dolore per conservare l’integrità dell’io. 

Magari poi ci sarà la guarigione e sapremo se questa incoerenza era un male: una negazione cioè, o una forma maliziosa, licenziosa, ignota e non diagnosticata ancora di scarsa affettività. O se era l’alba di un bene maggiore. Di un massimo di guadagno psicologico e intellettuale: se era disporsi delle tue e delle mie mani su orbite molto energetiche e distanti dal nucleo nel rifare il letto tendendo i lenzuoli e la coperta. Quando insieme si tendevano i lembi di cotone in mezzo a noi e si ridisegnava col dorso dell’avambraccio ben teso la piega profumata della coperta e dei lenzuoli lungo il margine inferiore del cuscino. Ricordi? Noi non diamo peso poiché non siamo più gelosi. Ma ancora non riusciamo a capire se questa mancanza di gelosia sia la guarigione come se si potesse pensare che resta tutto l’amore senza la paura. O se sia un inganno per l’età e peggio una mancanza di passione e infine la decadenza della rassegnazione che di più non si può pretendere. Non lo so. D’altra parte non avremmo mai pensato che ci potesse piacere questa esecuzione di Martial Solal. L’efficacia del metodo di non dare peso si lega alla relativa migliore qualità del nostro stile di vita e si accorda a questi progressi nei gusti musicali. La qualità dell’amore varia e progredisce con la appassionata comprensione delle dissonanze, con il non dare peso anche alla caduta delle pretese di qualsiasi preponderanza melodica. Così forse abbiamo lasciato da parte per un poco l’assillo dell’amore obbligatorio. E abbiamo sfoderato il dubbio sorridente sulla inevitabilità del guarire. Non sarà per niente facile.

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