thing of darkness


anatomia

Riconosco Mia Questa Oscurita’
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QUADERNI

La mente anatomica. Gli strati. La foto scivola e degrada dall’alto in basso da destra a sinistra seguendo la collina. L’azione costruttiva ha migliora quello che c’è. Una bellezza facile e ‘buona’. La creazione mette al mondo quanto prima non c’era e allora altera e distrugge per fare lo spazio necessario. O inverte e sposta dislocando. Per determinare una visione un significato di scoperta di rivelazione o di manifestazione del pensiero. La negazione si insinua sempre. Il nuovo viene sempre definito un ‘mostro’. Le cose dislocate cioè la creatività per movimenti e variazioni e ricomposizione in modi del tutto imprevedibili viene definita sovversione cattiveria immoralità. Sul nuovo che si fa scatta l’annullamento. Su ciò che si ottiene per trasformazione dell’esistente scatta il giudizio. La bontà propone sempre la morale convenzionale del fatalismo. Del lasciar perdere e del non osare. La scrittura costante si è associata al disegno per la gioia della formazione del pensiero maturo. Non è una creatività la resistenza. È un fondamento. La sabbia nella clessidra. Le incessanti letture. La traccia dell’allattamento, delle numerose poppate e delle singole deglutizioni di ogni poppata. In questo l’idea della nascita della attività mentale umana. La variazione di uno stato fisico della materia che realizza la funzione umana del pensiero. Trasformare in un attimo solo la pulsione in conoscenza.

Un attimo vuol dire che anche il tempo non è continuo. Che si può disegnare una linea perpendicolare al tempo e interromperne la continuità fluente. 1900: il corpo nero emette energia secondo dei pacchetti. Eppure poiché ‘noi’ -per avere la sensazione- misuriamo la variazione in un intervallo ( di nuovo una parte, un pacchetto) poi percepiamo una natura continua: lo scorrere delle cose. Il realizzarsi ‘progressivo’ provvidenziale della ‘storia’. Si crea l’idea dello ‘spirito’. Si inventa la parola con l’aria della gola come fiato emesso nel fiume del respiro: psiche e vento sono la stessa cosa. Anima che fluisce fino ad esalare. La discontinuità dell’emissione di energia riguarda anche la luce. Ma non si vede. La scoperta quantistica non è un gesto ribelle. È il piegarsi superbo del ferro incandescente per le martellate di un fabbro. La discontinuità porta alla percezione la natura incostante del pensiero creativo. La morte biologica interrompe quanto era apparentemente saldo e prevedibile. Essa distrugge l’illusione. Si continua a proporre per il pensiero una identità di coerenza fino all’irrealtà di pensarlo non solo coeso ma intimamente fuso: neanche fosse una singola entità senza sbalzi al proprio interno. Una creazione divina fuori dal tempo della propria formazione e costruzione cioè dentro il cellophane dell’eternità. Le interruzioni, le discontinuità, i tagli perpendicolari, gli spigoli acuti affilati dalla ricerca paziente. Tutti mostrano cose differenti dalla ribellione. Nella serie di gesti ripetuti girano tempi ciclici per una idea strana.

Ho appoggiato per un attimo la mani sulla tua fronte per misurare la febbre. Il divario tra il ricordo del tuo calore di ieri e la temperatura tua (semmai sia differente) di stamani. L’intervallo di tempo contiene forse una differenza sensibile. E dunque! Se sobbalzo dovremo restare in casa essere tu ed io favole di pazienza gli occhi al vetro e la febbre alla finestra verso il mare di domani. Cinquantaquattr’anni fa la mola su cui il mastro arrotìno scorticava con ritmo proporzionale alla loro forma i coltelli che gli erano affidati scagliava avanti consumando materia e calore schegge infocate. Non proprio la radiazione del corpo nero ma almeno “La Danza Delle Spade”. O “L’uccello Di Fuoco”.

Uno scandalo musicale se non proprio una rivoluzione. La materia è composta di particelle. 1900: anche l’energia lo è. Anche le forze lo sono. Meglio: si poteva aver pensato che la materia fosse una cosa diversa dall’energia. Le scintille sono Strawinsky. L’energia della luce del calore emesso dal tuo corpo è il mare fluttuante di Debussy. Ecco mio amore. Invece no. L’energia non fluisce. Scatta con minuscoli tic cosmici. È come fosse ‘fatta’ di frammenti. Le forze che mettono in relazione l’universo e le nostre esitazioni hanno comportamenti paradossali. La materia non è di natura diversa dalle forze che la tengono insieme. La materia è energia a patto che una certa relazione tra spazio e tempo divenga concepibile come densa colla del loro legame. La nostra medesima capacità di immaginare il destino della materia fisica in prossimità di velocità impressionanti era l’idea di un legame. Forze che tengono la materia e la materia medesima hanno la capacità di influenzare l’una l’altra. Questo fu posto nel tempo tra il 1905 e il 1925. In un intervallo decisivo. Non è propriamente un tempo storico quello delle rivoluzioni. Per la storia occorre il tempo per esprimere scrivere e diffondersi in riflessioni sul sentimento umano. La rivoluzione è velocità della luce. Diritti delitti restituzioni sottrazioni marce cannoni stragi messe celebrazioni cori menzogne musica e poesia di regime sono musiche che si potranno pur sempre ballare. La scienza ha intervalli muti. Tempi decisivi ma non scenografie di danza classica. La storia è priva di storia e si ripete.

La scienza che muta ha la storia e si mostra come statua di pietà perché le irreversibili movenza delle scoperte scientifiche hanno l’umanità vera del tempo di chi aveva intenzione di sciogliersi dai marmi. L’entropia della tua bellezza fu decisiva. Mi fu offerto di riassumere irreversibilmente il tempo della mia vita al primo sguardo e dunque di cominciare da capo a capire che la nascita già esaudisce la necessità di un pensiero umano e non ne è la promettente premessa. Seppure!! Essendo una funzione della biologia può ammalarsi. Ma essendo il pensiero una pratica di natura non ha fondo nella storia come continuità di una manifestazione progressiva dello spirito umano. Poiché semmai il più disumano dei pensieri è proprio di attribuire a noi anche modeste frazioni del ‘divino’ la storia NON può curare la malattia del pensiero. Lo spirito, che di certo muove in noi l’illusione di un disegno mentale tra gli eventi, non cura il pensiero poiché spirito e pensiero hanno differente natura. L’azione pratica si prende cura della lesione e possiede il gesto ordinario e l’ordinaria duttile composizione floreale di un mazzo di rose di invito. Esse lasciano impunemente vedere la discontinuità pungente della foresta. Tagliate trasportate via affollate in tre quattromila esemplari poi di nuovo dipanate nei vasi lunghi del negozio escono fuori una ad una prese su con lievi strappi decisi. Come offerte al cielo nel districare il gambo spinoso ricadono nella carta densa dei colori adatti. Il processo di offerta e ricordo e esultanza ( secondo il colore scelto ) è un convoglio stellare di gesti creativi, una serie di piccoli atti chirurgici di taglio e sutura. Atti frammentati uguali ed opposti alla la discontinuità di una frattura che l’offerta dovrà riparare.

La rivoluzione rivela la natura della tradizione: essa non è lineare costituzione di successive placide migliorie. È una serie di imposizioni screanzate. È per restarti accanto che scrivo. Siamo corpi diversi. La vicinanza vuole annullare la discrezione con indiscreti abbracci. Le risate in penombra fanno le linee della febbre. Segmenti perpendicolari all’asse longitudinale dei termometri. Scrivo. Mi illudo di annullare distanza e differenze. La penna scivola sul foglio amorevolmente. Ma ciò che ottengo è una pagina nuova. Una serie di segni. Come accarezzando la tua fronte per misurare il grado della tua temperatura. E mentre sembra quasi che stia per entrare in te e fondermi con l’anima mia alla tua nella ‘tragedia’ nobile di una carezzevole cascata di parole …. tu ridi potente. “Smettila di sognare” sgridi scrosciando. Una mattina, svegliato con agitazione ridente da una notte di sogni e lenzuola strusciate, un uomo smise di pensare che i destini dell’impiegato Gregorio Samsa e del presidente Schreber fossero i limiti del proprio pensiero a proposito della materia di cui sogni e uomini si ritenevano fatti. Sono sveglio accanto alla finestra che confina con i rami d’un albero. Il benessere del corpo è fusione con l’aria fresca di queste ore disimpegnate. Leggo i miei appunti.

“Nella ‘Tempesta’ c’è l’espressione verbale ‘A Sea Change‘ per dire ‘mutazione‘. Si tratterebbe, in Shakespeare, di una trasformazione per annegamento con il concetto di restituzione dei corpi da parte del mare e dunque di rinascita. Dunque, una vera e propria rivoluzione. Trasformazione per via di una azione del volume e della densita’ del mare. La scoperta della nascita, un mazzo di rose rosse avvolte in carta rossa, pensieri di sangue ostetrico. Forse non proprio. Non tutto venne lavato via nella prosa cinquecentesca. Sarebbe una nascita la restituzione dei corpi dal mare: la riflessione letteraria usa il condizionale. Nell’amore il pensiero a volte è imbronciato, ma fa una felicità anche la macchia bruna del bacio che costringe a rispondere al desiderio con salmoni guizzanti tutti apparentemente uguali ignoranti e analfabeti come vengono gettati nella mischia delle risalite. Però comunque, fosse pure solo commedia, in Shakespeare non c’è più oramai solo la logica contabile puritana. In commedia alcuni (non tutti dunque, rivelando che non è solo commedia a causa di tale esclusione dovuta ad una scriteriata giustizia) rinascono. Altri rimangono nel loro ‘peccaminoso’ destino letterario. Anche noi, se fidiamo nella stranezza, usciremo trasformati, dice dunque il testo. La pratica di confidare nella distribuzione asimmetrica dei capi d’accusa esclude che siamo mostri culturali. Vedeteci ridenti eroi di disinteresse e innocenza. Andremo a tradurre le seguenti parole che forse chiariranno l’intera faccenda e comunque opporranno il lato buono del cuore alla torpida conclusione dei “Giganti della montagna” pirandelliani”.

Prospero:

” This Thing of Darkness I /acknowledge mine”.

Ti lascio alle sorgenti del cielo mio amore. Alla vera e proprie sua origine. Alle nostre radici. Dovremmo leggere : “Tempeste: narrazioni di esilio in Shakespeare e Karen Blixen”…

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