trapezisti


in trasparente silenzio


Posted By on Mag 30, 2016

Il pensiero che attraversa il buio del tempo è il sonno e porta una inconfutabile necessità di chiarore che sta alla base del sogno. Per illuminare fioco. Quanto basta. Come farebbe una stella per quello che serve a non lasciare sguarnito il proprio fondaco di cielo. Vive insieme alle altre stelle a sfumare lo spazio che si dilata. Il giorno (oh insomma, al risveglio!) le cose si riavvicinano e nel racconto ad occhi aperti si ritrova un barlume di colla e colore che incastona tutto il prima di fuliggine e miele fumoso e di tracce d’acqua e vestiti a sbuffo o cadenti o fragranti di forni pane braci. E baci nel sogno e accostamenti di soldati coi civili, di imperatori coi papi e di signori e potenti con le vittime delle decisioni. Anonimi protagonisti ammassati in eserciti bendati o in folle di seguaci di eroi apparsi, poi orfane di quei medesimi eroi poi, alla fine, esuli all’uscita di scena che fanno il loro ingresso in terre lontane da noi. E si stira nel sonno il pensiero puramente biologico che è senza coscienza di niente fino a che la materia si sfrangia e si mostra in filamenti. Gli orizzonti in linee. Altre figure più articolate. Ci sono movimenti e significati. È la coscienza del tempo, anche là. Ci si sveglia per l’addensarsi di celle di un ideale alveare attorno agli assi della struttura ritmica delle onde cerebrali che mutano in una densità più e meno (dis)ordinata perché si è visto e verificato che sogno e sonno hanno differenti forme d’onda corrispondenti, probabilmente, a specifiche differenti funzioni. Sono comunque ben precise linee di progetto che distribuiscono dall’alto in basso certe forze statiche implicite nella materia attiva. Questo respiro verticale del sonno e del sogno tiene il cielo al suo posto, che non ci debba cadere addosso, durante la rotazione terrestre che ci espone all’assenza di luce. Raccontare cosciente è altresì sognare ad occhi aperti: dal balcone del mattino scrutare il sogno per cavarne qualcosa. Pensare uguale ad osare. Lasciarsi andare amplificando il valore dei dati raccolti. Accordarci per afferrare gomene agli attracchi. Per trarre le reti o mollare il trapezio in vista delle mani bianche di calce dei nostri salvatori che oscillano dieci metri più in là solidi e distratti. Vere montagne di muscoli guizzanti intelligenti e sornioni: specialisti della tempestività.

Come trovarti accanto. Quel tuo esserci al risveglio in trasparente silenzio.

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