trent’anni d’amore


Le ragazze salivano molto in alto perché nel sogno portavano la conoscenza acquisita che -essendo l’attrazione gravitazionale tra due corpi inversamente proporzionale al quadrato della distanza- il loro peso sarebbe un poco diminuito se si fossero allontanate abbastanza dal nucleo della terra. Era necessario ridurre il peso perché l’idea della finitezza della vita costava loro il dolore ‘fisico’ della perdita del loro amore.

Il loro amore era sempre un uomo in carne ed ossa. Però nella storia del transfert per lungo tempo era rimasto ideale. Avevano saputo lasciarsi andare negando la mia mortalità. Potevano trascurare la bramosia del possesso fisico sul mio corpo fantasticando invisibilmente l’attribuzione di un certo stato fisico che mi conferiva un orizzonte vitale infinito.

Poi improvvisamente sognarono palazzi altissimi e attici che sfioravano la ionosfera dove venivano rapite da scale quasi verticali composte di segmenti ascendenti in angoli acutissimi. In cima venivano prese da vertigini. Qualcuno presente lassù in ogni sogno le consolava.

La distanza di un tempo era divenuta vertiginosa prossimità durante gli anni. La fisicità senza la bramosia lasciava i loro pensieri liberi di orientarsi sul tempo quando non ci sarei più stato. E l’amore del possesso, diventato affetto sconsolato, si trasformava in tendenza ad una maggiore leggerezza, ad una ascesi che però non riusciva perché il residuo desiderio sessuale diventava vertigine.

Il buio della natura fisica che impauriva i nostri antenati, era diventato il nero della tela di Caravaggio, l’invenzione artistica, la capacità di sfidare la pulsione di annullamento che era stata nominata e scoperta decine di anni prima di adesso.

Insieme lasciammo che il tempo ci portasse le cose ancora distanti da noi. Come sulla riva guardavamo le onde che si accostavano portando molecole di materia sconosciuta in schiume e correnti e correntine di sabbie differenti e (una vera festa!) rami nudi bianchi di alberi africani.

E nel nero che avevamo fatto immergendoci nella nostra storia d’amore durata più di trent’anni non avemmo più bisogno di annullare la realtà materiale esterna.

La pulsione di annullamento non fa il nero. È pensiero che fantastica la non esistenza di qualsiasi oggetto gli capiti di incontrare sul suo cammino, sulla via tracciata della propria onnipotenza.

Poi comunque l’uomo di potere resta con la paura del buio fisico e l’impossibilità di sfidare, con la fantasia, le imprevedibili qualità degli altri. Allora l’uomo di potere ordina l’uccisione delle persone dopo averne annullato l’umanità. La loro irriducibilità a cose.

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