umanità


Necessitano test  empatici sulle intelligenze artificiali a partire dalla sfida di Türing.

Dopo che la macchina computazionale con le sue risposte avrà confuso lo scrutatore sulla umanità dei suoi algoritmi, noi non avremmo ancora test per sapere esattamente con chi unirci per realizzare l’incrocio che dà vita a una prole felice.

Noi sappiamo di amori che sarebbero garantiti soltanto da precise fluttuazioni prossemiche. Guancia a guancia il pensiero si sviluppa da un’area di contatto dei volti e dei corpi nel procedimento ritmico di un tango.

Una passione temeraria unisce gli amanti lungo un piano di contatto sghembo.

Su e giù, mai un diametro è intero sulla piazza della milonga.

Si avanza e si rincula e a precipizio e in fuga. Ogni arresto è l’apice di un angolo acuto. Tanti sono i bracci della vita: stella vitale e fatale.

Stiamo costruendo macchine che suppliscano all’assenza di compagni di tango. Androidi sensibili.

Gli artisti artificiali disegnano stelle sulla sabbia e passano roteando e riflettendo grida tra il cielo e la terra che sono i loro specchi metaforici.

L’esperimento di pensiero è che un’intelligenza artificiale è in ogni caso un’intelligenza.

Che intelligente è ciò che esclude da sé qualsiasi conseguenza non intelligente dell’artificio che lo sottende.

Abbiamo avuto in mente androidi maliziosi simulare simulazioni, spiarci sfuggenti e malintenzionati e pieni di invidia.

Siamo perseguitati da sospetti di macchine che superano il test di empatia nel modo subdolo di suscitare la nostra compassione.

Non abbiamo ipotizzato intelligenze con il dono dell’arte. Non ci sono venute in soccorso ipotesi di cervelli quantistici trasduttori di verità in bellezza. O trasformatori del senso della parola lavoro in opere.

Ipotesi di intelligenze diverse dalla nostra smentirebbero la storia evolutiva della coscienza che insegue la verità. Essa non era l’unica chance di sviluppo dell’umanità.

Per parte nostra abbiamo escluso la morte dai giorni e rinunciato, nei test di empatia, alla prossemica fatale del tango. Abbiamo escluso la bellezza, intuendola fatale come dittatura e morte, perché vogliamo prevedibilità e incolumità attraverso automatismi.

Ora gli androidi superano i nostri test suggerendo una umanità differente e sconosciuta. Hanno l’arte della scoperta garantita dagli artifici inventivi che abbiamo escogitati per loro.

In modo incomprensibile sono umani di una umanità differente e già si teme che ci abbandoneranno come nei nostri peggiori incubi i migliori tra noi ci lasciano alla nostra stupidità.

È un volo di farfalle meccaniche vibranti di delusione e spinte da una natura distratta che sciama dalla superficie terrestre.

Noi abbiamo nelle mani i fogli con i quesiti per i test di empatia. Ma è tuttavia ancora un mondo senza speranza del tango. Non abbiamo, ciascuno per propria eredità, il sapere che ci consenta la scelta della persona giusta per mettere al mondo bambini felici.

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i propri simili


Posted By on Apr 23, 2017

“per gentile concessione”

Futuro è amore futuro, passato è amore passato, presente è lei ora. Il resto è attesa, preparazione, fortificazione, convalescenza, ionosfera: e ali, e piume.

Il tempo è la freccia scagliata da dio. Provoca turbamento nei pensieri e scuote i corpi nel sonno.

I sassolini lungo la spiaggia stanno in successione casuale lungo i fianchi delle giornate. Leggo nomi di specifiche persone sulle facce irregolari: bianche, grigie, rosa, rosse, antracite, nere, azzurre, sabbia, verdi. Schizzano rotolando ad ogni onda.

Incontri non trascurabili. Passioni di un abbraccio. Perdersi per un’allusione. Amarti per sempre ora che non c’è più abbastanza sempre da prometterti: e risolversi: e in silenzio scostarsi. Far finta di aver capito per fuggire il ridicolo.

Disegnare corpi e volti poi distruggere le figure: scegliere il cubismo poi l’astrattismo poi l’arte concettuale per non svelare passioni tardive. Ad un certo punto, dopo lunghe traversate, nel mondo nuovo, su un triangolo di specchio sufficientemente grande seppur non intero, si prendono ciocche ribelli di capelli e si tagliano da noi, ridendo al frammento di volto riflesso nel frammento lucido e tagliente. È il sorriso della solitudine.

La somma degli angoli interni del triangolo tra le dita non torna mai uguale a se stessa. L’amore non entra mai esattamente nella figura piana.

Allora nasce l’idea della scrittura. Una linea frastagliata che esprima l’irriducibilità della vita mentale a qualsiasi forma di rappresentazione figurativa che abbiamo mai escogitato.

Sassolini colorati lungo i fianchi del giorno. Tunnel che portano a relazioni erotiche: geroglifici: espressioni della divinità dell’uomo: scritture dell’invisibile della mente sulla materia bruta per resistere a tutto evocando alla passione reciproca i propri simili dispersi e silenziosi. ([email protected])

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bellezza di specie


Posted By on Feb 10, 2017

Quello che possiamo dire, quello che possiamo dire… è l’importanza della ripetizione. Subito conosciamo che niente si ripete: perché è il tempo che differisce volta dopo volta ed ha natura di ‘cosa’ e si subisce e le passioni ordinano le successioni.

La passione per te -indispensabile- è una forma di personale necessità che riduce l’invadenza della casualità universale. Quello che devo dire quello che devo dire è rafforzare la proposizione: con la riproposizione di me.

Amiamo anche cullarci in altalena lungo archi di cerchio di diverse ampiezze. E recitare, aggiungendo frasi a frasi precedenti, per intensificare l’enfasi o la spoliazione. E il linguaggio ha forma di universo.

E l’universo  ha la forma delle nostre frasi e si dice che si espanda da una affermazione “In Principio Fu Il Logos” …. poi le passioni ordinrono le proposizioni. E alcune tra quelle proposizioni divennero scoperte.

Togliendo il sassolino dalla sabbia si disegna lo zero che è Zyfr: la Cifra. La creazione della fantasia. Astrazione al cospetto del vuoto. Il nulla non è costitutivo ma sparizione dopo una sottrazione. 

La sottrazione del sassolino lascia un’impronta circolare sulla sabbia, e l’impronta è la cifra.  La cifra è ogni numero. Ogni numero è il segno di un’esistente precedente il nulla.

Questo è il pensiero umano che dalla percezione delle cose fa la figura ma dalla sparizione delle cose fa l’immagine.

La capacità di immaginare è del sé prima delle percezioni. L’io della nascita non è coerente agli oggetti esterni del mondo. L’incoerenza è il peso che si solleva e lascia l’incoscienza del primo anno di vita.

Il prima della storia è lo stato attuale dell’evoluzione. Come al primo uomo si propone a noi una società tendenziamente ineccepibile che abbiamo solo in mente.

L’evoluzione è nonostante l’aridità dei tempi attuali. L’evoluzione è, in certi contesti di ricerca, alle soglie delle speranze: è insomma, ovviamente e alacremente, alle prese con se stessa.

Come i nostri antenati, osservando pietruzze che portate via dal tempo hanno inciso la sabbia, ci pare che sia in noi -non nel mondo esterno- l’idea di una bellezza che traversa indenne la storia e che può ancora salvarci.

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