un minuto di silenzio


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“LA GIOVINEZZA ALLE ORTICHE”
copyright:claudiobadii

Dopo la crisi restano i bastoncini di legno a terra. Gli shanghai. Il reticolo anatomico dei neuroni della biologia cerebrale ha implicito che pensare non potrà essere comprendere, dipanando uno dopo l’altro gli elementi dell’intreccio, in un percorso lineare privo di eventi collaterali.

C’era la certezza di -non-so-dove- una ‘crisi’. Ho accettato di cedere alla ‘necessità’ di porre alla base delle foto le notazioni degli anni, (nascita/morte), che facevano risaltare la troppo breve vita di Francesca Woodman.

La sera di ricerca non si è riusciti a risolvere la crisi. Il modo non cosciente, che precede la coscienza, aveva colto qualcosa. Ma durante la seduta di psicoterapia di mercoledì scorso, la crisi, indicata, si era dimostrata generale: l’uno non coglieva la ‘cosa’ degli altri.

Le ore della seduta: le dita delle ‘loro’ mani passavano forti, tuttavia indecise, sulle corolle di fioriture immaginate, tirando via semi tinti di blu scuro elettrico, che erano nascosti nelle pieghe degli stami vegetali.

Erano i secondi, che fanno i minuti e le ore. E, quando ‘loro’ sono andati via, i semi sono restati a terra. E i semi erano di nuovo i bastoncini dello shangai che si gioca da ragazzini.

I punti e i segmenti, sparsi sui riquadri di cotto, componevano le durate su un’area: non più lungo una successione lineare. Il tempo appariva seminato sul pavimento, dopo lo stimolo improvviso e massiccio dell’assenza di persone che se ne erano andate via in pochi secondi che aveva attivato certi flussi sinaptici nel reticolo della biologia cerebrale.

Per quanto essa sia anatomicamente segreta e protetta, la fisiologia è quella di essere attraversata da onde bio-elettriche. In quel caso si trattava dello stimolo di una stanza improvvisamente vuota che in me ha determinato la ‘coscienza’ del dolore: percezione illusoriamente riferita (diffusa) su un corpo ‘fantasma’: la stimolazione centrale delle aree sensitive epidermiche può causare la ‘ricreazione’ di ustioni periferiche.

Una cosa della mente, inaccessibile ad ogni invasione di oggetti, diventava una serie di spine diffuse sul corpo. L’onda di eccitazione, percorrendo le strutture cerebrali, ha diffuso il dolore in un attimo. Ero insignito di un mantello nero di ortica, e il corpo si è sentito ammalato.

Dura nel tempo, e la durata e l’intensità, in modo opposto, sono proporzionali alla vitalità. Fino a che il nero diventa blu radiante e il dolore guarisce la mente: insomma in quel caso non era malattia biologica, ma azione della fisica del pensiero sullo schema corporeo.

Per cui, diciamo che il pensiero dava fuoco all’homunculus sensitivo come a una strega del seicento. In questo attualissimo caso dico che il dolore, così evocato e provocato dalle azioni mentali, era indispensabile ad evitare il suicidio della disperazione.

Sono ventiquattro ore, poi trentasei ore, circa, da mercoledì sera. Il dolore ha focalizzato la percezione di una imbarazzante inabilità che si accentua fino a sembrare fatale. Poi ha lasciato, poco a poco, che la mente realizzasse l’idea di una gravidanza a termine, e un parto.

Rapidamente è scivolato, sollevandomi dalle ambasce, il pensiero per cui, se ricordo bene, doveva essere maggio del 1982, quando scrissi la lettera di addio al mio incarico universitario. Poteva forse essere fine marzo o metà aprile quando l’invasione della luce, per la strada del mare, mi aveva inclinato a prendere la decisione? Non lo saprò mai.

Saranno stati i rami dei cespugli selvatici fioriti lungo la strada, coi loro intrecci bizzarri, che forse mi ricordarono il gioco degli shangai, e il tempo di catrame sotto le ruote che vibravano impercettibilmente ad evocare le autostrade sinaptiche dell’anatomia cerebrale?

Non sapremo mai neanche questo. Può comunque essere stato così nella mente di un giovane medico alle prese con la anatomia, la fisiologia, gli amori, le intemperanze dell’ignoranza. Tutto alle soglie dell’estate.

C’erano:

-potenza e incoscienza.

-la giacca azzurra della giovinezza.

-la neutralità impossibile.

-uscire dal gruppo dei clochard aristocratici.

-buttare la giovinezza alle ortiche.

Butto alle ortiche questi anni di ricerca. Cambio ancora. L’intreccio bello del cespuglio come un nido di cicogna sui cammini accesi per scaldare la nascita dei bambini. L’intreccio della fisiologia del pensiero porta con se il profumo dei fiori lungo la strada.

La vita mentale ha origine materiale. La frase “realtà non materiale” è una locuzione scientificamente fuorviante a proposito della natura fisica della mente. Quelle parole hanno un indubbio fascino letterario, per il resto rappresentano un’idea ed hanno l’esistenza di un fremito sfrigolante.

La scintilla dei treni su e giù per la penisola. Freccia rossa del risveglio e, precisamente, una scintilla. Le scintille ogni istante sono più numerose delle stelle visibili e dello stesso numero delle invisibili. Miliardi di miliardi di eventi elettromagnetici. L’unità di tempo è mente cardiologica e meccanica.

L’azione permanente del pensiero sa, in genere, comporre cuori e cronometri. e si può scrivere che la fisiologia umana delle attività cerebrali ha un’esistenza poetica, dunque solida e per niente letteraria. Una poetica esclusiva delle scienze esatte. La sua bellezza è non avere alcuna necessità di validazioni filosofica d’essere ‘realtà’.

La modalità relazionale della psicoterapia, grazie alla consistenza fisica dei processi ideativi, può operare sugli stati funzionali corrispondenti agli affetti di rapporto. Essi furono nominati, durante gli anni di sviluppo della scienza psichiatrica, transfert e contro/transfert.

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first kiss


Posted By on Mar 12, 2014


Un video virale, ha milioni di visualizzazioni in poche ore e come dar torto ai visitatori ? Un dato decisivo, durante la ricerca nel cespuglio cerebrale che chiamiamo ricerca in psicoterapia, per fermarsi un momento durante la corsa e sedersi su un gradino della via del paese a guardare l’antico borgo e il cielo intagliato tra i tetti e lentamente, dopo tutto quello che potremo pensare per non fare i conti con noi stessi… valutare la confidenza che ognuno ha intrattenuto con il proprio tempo amoroso… che altro? ah già…. la colonna sonora è “We might be dead tomorrow” di SOKO…

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(commento di Michela all’articolo “la forma di quello che resta”)

“Negli anni ‘70, l’artista serba Marina Abramovic visse un’intensa storia d’amore con l’artista tedesco Ulay. Per cinque anni i due vissero in un furgone, realizzando insieme moltissime opere e performance. Quando il rapporto di coppia inizio’ ad incrinarsi, rischiando di distruggere la parte più creativa dei due, capirono che non valeva più la pena di continuare assieme. Si lasciarono con un ultimo grande abbraccio, per non vedersi mai più. Ventitré anni più tardi, nel 2010, quando Marina era ormai un’artista consacrata, il MoMa di New York dedicò una retrospettiva al suo lavoro. In questa retrospettiva, Marina condivideva un minuto di silenzio con qualsiasi sconosciuto si sedesse di fronte a lei. Ulay è arrivato senza che lei ne fosse a conoscenza. La forma di quello che resta è tutta in questo minuto di silenzio.”


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