universale


Le parole diventano volti e tutto quello che dicevi è una fisionomia e quelli che hanno fantasia e cambiano le loro proposizioni hanno ricordo di volti mobili ed espressivi. E si congiungono in me il tuo viso e i loro e non ne sono distratto o infastidito poiché senza paragoni è il cielo intero e gli astri così connessi sono una beltà tanto che non puoi neanche dire che uno in particolare emerga perché se non ci fossero tutti gli altri senza paragone morirebbe solo. Sotto le stelle il tuo viso materializzato nelle parole del ricordo. È questa, immagino, una mia cosmogonia intima, la storia privata del mondo. Attorno al caos indefinito, nascenti fiori di materia oscura arricchiscono e circondano la fonte traboccante dell’universo. I vapori della bollitura fumano dalla bocca del grande pentolone divino e raffreddandosi lente compongono ulteriori formazioni atte al riempimento dell’intenzione creatrice.

Si domani potrebbe essere come ieri e oggi, assai probabilmente lo sarà senza sorprese. A meno che non ci si svegli dicendo no, non oggi. Oggi non più, non come è sempre stato. E svegliati manderemo tutti via e si sboccerà dalle coperte azzurre e rosse. Braccia e gambe infreddolite e nude e nudo tutto il resto come uomini primitivi andremo in luoghi non abituali.

l'universale

l’universale

Per servirmene in caso di simili ipotesi di cambiamento e rifiuto dovevo aver messo via queste foto d’un autore mediorientale: perché ritraggono un contesto di una quotidianità non bislacca o ribelle però non comune. Perché foto così ispirano a pensare diversamente dal solito, una esistenza non estrema ma migliore. Ritraggono una cultura lontana dalla nostra, come resta evidente nella coloritura e nella distribuzione delle partiture murali, che però sembra dire che un mondo diverso è plausibile, condivisibile a partire da qui.

Sono esseri umani di etnie diverse, di diverse discendenze, che furono divergenti da noi lungo l’albero originario e che hanno abitato grotte differenti dalle grotte dei nostri progenitori e che ora io faccio avvicinare per utilità e comodo per confermare un’idea di felicità.

La cornice ci avvicina tutti, avvicina gli uni agli altri perché è espressione universale di un attesa più o meno paziente, più o meno dignitosa, più o meno austera. Così per ignote storie che nascondono i buoni motivi dell’inquadratura la bella cornice è per adesso un arredo, un finto irrazionale: la bugia del vuoto, la falsa proposizione di niente. È lo stimolo che fa star bene. La fisiologia di essere in grado di abitare uno spazio modesto che forse è soprattutto una allusione di cielo e oceano. È l’arte di sognare quasi immobili nello stesso nostro letto di quando eravamo ragazzi mentre ancora come allora l’universo fuori continua a espandersi senza sosta indefinitamente. È una di quelle cose che sempre sono: che non smettono di essere all’interno delle quali si vive come nella cornice al muro di una casa di gente lontana. È una cosa che è bello pensare che non finisca mai: come camminare lungo la riva tenendosi per mano in religioso silenzio.

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