vacuum tube


chirurgia e giustizia


Posted By on Apr 13, 2013

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“Le Parole Di Tanti Anni Fa”
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L’effetto termoionico, detto anche effetto termoelettronico, consiste nell’emissione indotta termicamente di particelle cariche (elettroni o ioni, a cui a volte ci si riferiva nella antica letteratura scientifica come a “termoioni”), da parte di un materiale, tipicamente un metallo riscaldato ad alta temperatura, per esempio a seguito del passaggio di una corrente elettrica. L’emissione degli elettroni avviene come conseguenza dell’aumento della loro energia cinetica, rivelato come aumento della temperatura, che permette loro di vincere la forza che li trattiene vincolati agli atomi del materiale. Un esempio classico di emissione termoionica è quella che si verifica nei tubi a vuoto (vacuum tube), dove degli elettroni sono emessi da un catodo metallico ad alta temperatura in un tubo in cui è stato realizzato il vuoto (effetto Edison). La valvola termoionica (o tubo a vuoto) è stato il primo componente  elettronico “attivo” realizzato dall’uomo. Per “attivo” si intende un componente che, grazie ad una fonte esterna di energia, fornisce in uscita un segnale di potenza amplificato. Il funzionamento di massima è semplice: la corrente passa fra due elettrodi: l’anodo ed il catodo. A seconda della tensione a cui sono poste alcune parti metalliche (griglie) frapposte tra i due elettrodi, il catodo emette elettroni per effetto termoionico cioè per riscaldamento.

L’idea del disegno di una fonte di luminescenza e suono ha determinato una serie di conseguenze nella mia vita di questi giorni di aprile, non prima dei dieci giorni di questo mese in progressivo riscaldamento. Tutta la terra, posata sul pavimento della nostra immaginazione, si scalda e suona, secondo una legge di proporzionalità diretta tra il riscaldamento e l’emissione di particelle cariche, nei pressi di noi. Sarà, come la chiamano molti, una specie di aura che ci avvolge e influenza la percezione del mondo. Sarà la comprensione meno stupida delle cose.

Ma di certo è questa età non ancora tarda che mi risulta inaugurale, e fa splendere gli occhi delle persone che amo. E’ aver voluto e saputo desiderare (e aver saputo sostenere con caparbietà il desiderio) di ritrovare gli occhi, la loro capacità di spingersi all’orizzonte. E’ stato aver messo gli occhi nella cattedrale costruita dai movimenti agili e rigorosi delle dita dell’altro, aver consegnato gli occhi nella conca della conoscenza medica e della perizia chirurgica di un uomo giovane e allampanato. Il calore di aprile rende più proficui i pensieri e fa svanire l’irritabilità, che tenderebbe a portare a zero l’emissione delle propaggini dell’amore.

Il calore della forza della precisione ha fatto due incisioni curve nella cornea, ha sottratto il cristallino invecchiato, e ha posto, in quella culla svuotata, una nuova creatura. La scienza ha sottratto la trasparenza incorruttibile alla materia inanimata, per lasciar passare verso la retina i raggi luminosi, i quali, fino a che non saranno percepiti nella corteccia occipitale, non saranno che stimoli neutri. E poi improvvisamente sarai tu, che potrò scorgere assai prima di quanto avvenisse fino a ieri.

I due pezzettini di silicone, puro della verginità chimica dei laboratori di precisione, mi regaleranno anni limpidi e la chirurgia ha ristabilito la giustizia, rimettendomi in pari con la fantasia che aveva capito che il legame tra vitalità e coscienza è la funzione corrispondente alla sanità del pensiero. Vitalità e coscienza -che descrivono il fenomeno dell’origine materiale del pensiero- sono l’espressione verbale corrispondente all’equazione matematica di una legge della natura.

Poi si è generato altro.

Ho pensato di disegnare una cosa d’amore sul pavimento di un tempo lontano. Ho pensato di poter essere capace di disegnare l’amore di mai sul pavimento di sempre. Ho pensato con una grande potenza affettiva il figlio che mi aveva detto, ragazzino, che avrebbe scelto il suo amato amore, la donna necessaria per vivere, ponendo al centro di una stanza vuota la cosa che più avesse amato, e cercando negli occhi di lei il riflesso dell’amore, in lei, per quella stessa cosa. Noi non abbiamo che il pavimento di una stanza vuota, mi dicevo.

Intanto le mani del chirurgo avevano preso in consegna la mia vita, avevano preso in prestito la luce dei miei occhi, avevano tra le mani la luce dei miei occhi che sono i miei figli, come io sempre avevo tra le mani i miei figli quando parlavo alle persone durante il mio lavoro. La voce nel mio lavoro è l’amore esposto come i bastardi sulle porte dei conventi, o un figlio trascurato messo per incosciente disattenzione sul pavimento sconsacrato di una casa di persone anaffettive. La voce, nel mio lavoro, si muove come la corrente di elettroni nell’ambiente fisico di un tubo a vuoto, essa è l’amore di mai sul pavimento di sempre, è anche, qualche volta, l’amore di domani, quello che torna. La voce degli esseri umani negli incontri che contano è un figlio esposto per motivi vari.

L’operazione terminava, la materia trasparente inanimata lasciava subito trasparire l’idea inseguita: per sempre, da oggi. Scintillavano i segnali luminosi che non volevano dire niente. Io intanto ricordavo le parole per la ricerca dell’amore che vuole farsi bello promettendo la felicità. E amavo la scienza che regala la salute, perché è normale che chi ne è capace restituisca agli altri le cose perdute. La prima cosa che ho visto erano le dita agili del medico. Era come nascere.

Ho da dire, della scienza che pratico da tempo, che in essa si è presentata l’idea che sia la vitalità -funzione della materia fisica cerebrale precedente la nascita- che sostiene per tutta la vita la coscienza nella decisone di restarsi fedele nella permanenza del soggetto, per garantirsi la continuità dell’esperienza. La vitalità è una funzione della biologia umana, come la trasparenza è una qualità della materia del cristallino sintetico: che il chirurgo aveva estratto dalla cattedrale dell’involucro asettico proveniente dalla fabbrica, per deporlo nella cavità svuotata dei miei occhi, affinché una regalata integrità fisica tornasse ad essere in ordine con la chiarezza di una convinzione scientifica.

Deve essere stato quel ricordare -durante l’operazione agli occhi- la locuzione antica di una stanza vuota, che ha permesso la libera associazione con il suono caldo delle parole VACUUM TUBE. Essa contiene fenomeni naturali ed artificiali. Il film di esseri umani che sono fabbri e scaldano i metalli per le armi, e sono musicisti e eccitano metalli per l’amplificazione del suono. Gli esseri umani cambiano il patto con gli dei, e ricontrattano la fatica del vivere con il lusso dell’intelligenza. Poi l’intelligenza, che scalda i metalli per cambiarne la forma delle cose materiali, dopo scalda i metalli per liberare gli elettroni sulla loro superficie, e comporre correnti cha ampliano la gioia dell’ascolto.

Zeta la formica canta sotto terra diversamente dal latrare dei cani alla catena. I cani alla catena sono senza amore, latrano a farci perdere la primavera. La valvola amplifica, e riduce le distorsioni conseguenti alla pretesa di fare molto con poco. Noi, d’altra parte, vogliamo sentire il ticchettio delle scariche sinaptiche oltre la barriera ossea del cranio, e il terremoto nel mondo delle formiche. Vogliamo ascoltare con precisione i pensieri ingenui e caparbi di Zeta che combatte i dittatori, cioè combatte la paura.

Ho pensato che non avevo paura nel consegnare la luce dei miei anni futuri ad un chirurgo allampanato sottile come le cose essenziali. Che non ebbi paura alle parole dei figli, che tutti dicono abbiano pretese di radicalità. Non avevo più paura. Il blog si arricchisce di commenti e disegni dei lettori che disegnano il profilo mio attraverso una analisi del controtransfert.

Sarà questo il tempo umano, penso. Il tempo che non si è perso.

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