vitalità e coscienza


a tribordo e a babordo


Posted By on Ott 8, 2014

"IMMAGINE TRATTA DA UN FOTOGRAMMA DEL FILM "L'ULTIMA TEMPESTA" DI PETER GREENEWAY

IMMAGINE TRATTA DA UN FOTOGRAMMA DEL FILM “L’ULTIMA TEMPESTA” DI PETER GREENEWAY

Le possibili espressioni di noi -se collocate idealmente ciascuna in un singolo secondo- appaiono subito più numerose dei secondi che abbiamo a disposizione nella vita: non è plausibile o verosimile che possiamo farcela. Diciamo in romanzi e testi di riflessione: esistono realtà infinite. Esistono impossibilità. Dalla natura costitutiva del sé, dove ci troviamo, capita cioè di immaginare realtà di cui è contemporaneamente pensato insperabile l’espletamento. Il pensiero fecondo sboccia e fiorisce così vorticosamente che quasi tutto ciò che ci viene in mente esaurisce, nel suo stesso sbucar di terra, le nostre minime speranze enunciative. Il tempo, implicita natura fisica sottile della materia riflessiva dell’io, è da allora -poi sempre- ristrettezza e impulso irrefrenabile. Implicita natura fisica della materia cerebrale riflessiva, dunque proprio ‘tempo’, il pensiero ha consistente natura di inadempienza costante. Immagine che non deriva da uno stimolo visivo è propriocezione di stati muscolo/tendinei di impazienza. Si sa della necessità di concomitanza e tempestività. Vale nei consigli di amministrazione, nella pedagogia dell’infanzia e nel mantenimento della tensione e(ro)tica. Nella economia libidica la ‘natura riflessiva dell’io’ -che è il sé- ha estensione di un alimento e consistenza proteica. Realtà di un nutrimento che traversandoci entra a far parte di noi per andarsene, poi, nostro malgrado. I migliori sanno di rischi di abuso e mancanza di tempo e tentano di realizzarsi consumatori morigerati e cerimoniosi amanti. Spasimare d’amore attorno ad un infuso di foglie aromatiche è il pensiero di tutti quelli che, messi sull’avviso da una ricerca di conoscenza, confluiscono alla cerimonia del the. La magnificenza organizzativa della massa cerebrale è un fiore munifico. Il chiocciare dei fasci di scintille massicce galoppa: il pensiero si sopravanza continuamente producendo ipotesi di durate come strade di un continente o angoli necessari a concludere le architetture di grappoli di abitazioni popolari nei filari di città periferiche. Il pensiero esplica la propria potenza generando sogni di perplessità e consapevole disagio a proposito della propria condotta poco responsabile. L’irresponsabilità preterintenzionale è una azione di scia e un evento di spunti e spume, che si realizza lungo il taglio che la vita mentale traccia sulla superficie della terra dei fatti.
Ho sognato la grande nave che separa in due la superficie dell’oceano con la prua tagliente. Ho pensato allora che deve essere perché certe volte accadono insieme più gioie. Più felicità corrono a cavalcioni alle onde di tribordo e di babordo: e allora la superficie cede per diversi minuti al trasporto della chiglia. Poi il mare si ricompone e non resta traccia del nostro passaggio, del fardello di felicità che portiamo. Così sempre dopo ogni gioia abbiamo dormito. È il riposo durante la ricerca.

note: – babórdo s. m. [dal fr. bâbord, che è dall’oland. bakboord, propr. «bordo della schiena», così chiamato perché, quando la parola fu formata in olandese, il pilota, governando la nave con un remo fissato a dritta, volgeva la schiena al lato sinistro]. – Lato sinistro della nave, guardando verso prora; la parola, diffusa attraverso traduzioni dal francese e accolta nei romanzi d’avventure, è ignota al linguaggio della marina italiana, che adopera invece sinistra.
– tribórdo tribórdo s. m. [dal fr. tribord, che è dall’oland. stierboord, propr. «lato (boord) del timone (stier)», da cui una prec. forma fr. (e)stribord e ital. stribordo]. – Lato della nave che si trova a destra di chi guarda verso prora; il termine, diffuso attraverso traduzioni dal francese e accolto in romanzi d’avventura, è ignoto al linguaggio della marina italiana, che adopera invece dritta.

 

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first kiss


Posted By on Mar 12, 2014


Un video virale, ha milioni di visualizzazioni in poche ore e come dar torto ai visitatori ? Un dato decisivo, durante la ricerca nel cespuglio cerebrale che chiamiamo ricerca in psicoterapia, per fermarsi un momento durante la corsa e sedersi su un gradino della via del paese a guardare l’antico borgo e il cielo intagliato tra i tetti e lentamente, dopo tutto quello che potremo pensare per non fare i conti con noi stessi… valutare la confidenza che ognuno ha intrattenuto con il proprio tempo amoroso… che altro? ah già…. la colonna sonora è “We might be dead tomorrow” di SOKO…

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Una fama che arriva sulla sponda della fine porta una nascita conclusiva senza trionfi e festeggiamenti. È simmetrica all’altra che a venti anni rende certi ragazzi anziani. O miseri. Poi ci sono i regnanti. Non è che sia noto ogni angolo dei loro privilegi. Per l’odio del disinteresse a conoscere il cuore del tetto dei regni e degli imperi la potenza dei dominanti resta scontata e cioè inesplorata. Vanno e vengono in mezzo ai sussurri. Sono assediati dall’ignoranza a proposito di quello che si pensa di loro. Se ti metti nella posizione di decidere per altri dovresti sapere che non ci sarà nessuna comprensione. Una cronaca di me è il mio argomento. Il mio regno è di color rosso. Di molti rossi. Tutti variano al loro interno e ognuno varia nella percezione dei singoli osservatori. Estimatori. I re sono utili per le sere invernali. Scaldano offrendo gli aneddoti all’atto della distribuzione della frutta e delle torte. Un uomo invisibile in una stanza. L’essere ricercatore nelle grotte. Non c’è l’evoluzione dell’uomo. Solo teorie in proposito. Manca una scoperta in antropologia. Manca una scoperta in psichiatria.(*) Solo teorie. Tra chiesa e cattedrale e moschea, tra guerre e ragioni di stato, nella scienza della comprensione della vita psichica non c’è stata evoluzione. Si dice di una transizione dall’animale all’uomo. Una transizione costantemente in atto. Chiedere al lupo e alla cicogna come siamo. Il lupo non è poi cattivo. E la cicogna non porta i bambini: sono i bambini che portano le cicogne sui camini accesi per scaldare il neonato giù nel cuore della casa. Si chiede alla etologia di spiegare la curiosità degli esseri umani a proposito di loro stessi che non è lo spulciarsi a vicenda sul ramo alto. Non è proprio come annusare odori nel bosco il nostro scorrere insieme il dizionario a cercare la parola che manca e poi fondare sul canto l’attesa. Il linguaggio non segue soltanto. Propone. Un uomo solo dentro una stanza. Una cicogna sul vertice del camino. Una idea di eleganza come un riflesso lucente sull’ultimo mattone. Sulla tegola più rossa. Un filo di fumo ancorato alle dita della luna al corno di luna al ventre di una ragazza accorsa ai pianti. I re si sono sempre tenuti nel letto delle cortigiane per il freddo. I re si tutelano. Perché non sanno niente di quanto li circonda e perché re vuol dire che ama troppo e troppo male e non sa regolarsi. Vale per le regine più ancora contro ogni critica femminista. E smettere di essere regnanti restando vivi non pare possibile. Qui si tratta di una regalità. Di un’aria. Fumo cielo cicogne e vento di latte che fuma su ogni sera. Corpi scaldati che scendono e vapori. Una atmosfera difficile. La scientificità viene espressa come una sospensione sulla scogliera. Una transitoria deviazione in venti anni di riposo familiare. Una lavastoviglie all’apice della costa rocciosa. Un canyon accidentato nelle frange del proprio perimetro prospettico ma diritto come un colpo al cuore. Gli avvoltoi diventano cicogne qua nella stanza. Regàle il lavoro di trasformazione. Per forza non posso più sperare nella pace. Una ragazza accanto potrà ancora accadere ma non è come pensi amore mio. Nel pensiero questa mia sicurezza di quanto è da ora ormai sempre possibile è assai più grave del tepore delle docili sere al caldo dell’illusione che la conoscenza non sarebbe mai più arrivata a cambiarci le abitudini.

(*)…ovviamente questa affermazione nasce da un ironico disprezzo per la cultura ufficiale, la scoperta c’è e spazza via le teorie che scoperte non sono e che delle scoperte sono nemiche.

 

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la forma di quello che resta


Posted By on Apr 6, 2013

foto-3

“La Voce (dei maestri)”
©claudiobadii
per
OPERAPRIMA

Ciò che va bruciato è più del resto. Il resto prende una forma. Una linea sottile nel mondo bidimensionale di “Flatlandia”. Il reverendo Abbott e i pinguini, penso: dato che si è scoperto, con gli infrarossi, che questi animaletti diventano più blu del blu. Il freddo non attraversa la loro pelle perché essa ha una temperatura inferiore della temperatura esterna. La soluzione è all’opposto di dove si cerca. Bisognava dunque opporre al freddo un freddo ulteriore. È questa la vera natura della linea che separa dal bianco la figura sul foglio. Nella fisiologia della visione, la stimolazione del nero non è neutrale: eccita i circostanti recettori per il bianco. Il nero si serve del bianco per vantarsi di sé, per restare nero com’è. È una corazza e una mimesi. L’amore, turbinando, si veste di algida eleganza per rafforzare la propria linea di condotta. Il nero è il calore, il bianco è la neve e il gelo. Il candore, anch’esso, si ammanta di entusiasmo di facciata, nella placida sfilata degli abiti bianchi alla comunione. Le conversioni scavano solchi di temperatura. Ognuno sosterrà che la vita stia dalla propria parte. La lezione dei maestri risuona nell’aria. I volti sono scolpiti  in una mimica immobile, statuaria. Ci resta di sapere, tuttavia, che il trucco dei pinguini non può riguardare i piedi e il becco.

Ciò certifica che, dove si ha freddo, restiamo in rapporto a rischiare il viaggio e la voce. 

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dal pensiero primitivo  al pensiero scientifico


dal pensiero primitivo
al pensiero scientifico

La coscienza crea cose magistrali. Capolavori da non perdere. Ne siamo fieri e felici, perché la coscienza sa rifletterci, mostrarci quello che siamo, e se siamo somiglianti all’ideale di noi. O se siamo scontenti e allora dobbiamo prendere atto dello scontento. La coscienza sta in poltrona e in vacanza, è una spettatrice passiva. Riguardo a quello che conta non può intervenire perché non sa mai come cambiare la vita. Proprio non sa come fare. È quanto chiamiamo io che trae il sentimento di sé da azioni di una natura cui non ha accesso. È natura umana diversa dalla coscienza che ha molti nomi. Sappiamo che non riusciremo più a definirla semplicemente inconscio.
Così ho colorato di rosso le quattro gocce del disegno precedente. Ho colorato il pensiero primitivo, e migliorato in un vero e proprio cucchiaio riconoscibile il mestolo preistorico. Il mestolo che era una traccia ha adesso il sangue, il colore della scienza e della guerra. Le gocce vengono versate durante un temporale di scintille, anch’esse rossastre. Devo aver immaginato le sere davanti al camino. Neanche questo so: da dove arrivano quei trattini rossi pressoché invisibili, ma non ininfluenti sulla percezione del disegno, non indifferenti al giudizio estetico, e non insensibili nella valutazione emotiva dell’osservazione.
La mano ha eseguito le tracce e poi adesso la coscienza fa la riflessione sul disegno. In questo passaggio alla riflessione la coscienza, grazie all’autoconsapevolezza, manifesta la sua importanza per assicurarci la felicità. La scelta del termine felicità appartiene alle capacita di intendimento e volizione del soggetto, ma non so fino in fondo se questa iniziativa sia tutta nel territorio del mondo cosciente. L’essere umano è all’incrocio di differenti ambiti giurisdizionali. La responsabilità è una ricaduta anche della vitalità, è conseguenza anche di un mondo di tracce e segni che non sono definiti esaurientemente dalla terminologia del non cosciente.
Abbiamo segni, tratti d’animo potenti e emergenti che non sono stati mai pensati e non sono pensabili in futuro. Il non cosciente è pensiero, la vitalità è traccia. Per questo da adesso dovremo legare anche l’inconscio alla vitalità, come le si era legata l’attività coscienza. Per la ricerca medica sulla vita mentale si deve evitare la confusione che l’inconscio sia primario, con uno statuto differente dal resto della vita mentale. Esso non l’origine. L’origine del pensiero, cosciente ed inconscio, è origine materiale. Il pensiero non origina dal pensiero. 
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