volere e non volere


mi vorrai ancora?


Posted By on Mar 10, 2015


La consapevolezza (rivoluzionaria), che tutto possa cambiare imprevedibilmente, libera la passione: i cuori restano a galleggiare appesi al ramo di un’aorta celeste e figurano radicati alle nuvole. I giorni mirabili del disimparare hanno la leggerezza di appunti sui taccuini. Si avverte un incremento costante di ‘pensiero’ causato dal pensare. La coscienza, mentre camminiamo lungo riva, produce inconsce motivazioni a vivere. Più grande è il volume di quanto la camminata genera a nostra insaputa, più il futuro ha un seguito. Il vento e la luce sono parole necessarie a colorare d’oro la polvere stradale. La volontà ferrea di compiere azioni di studio e ginnastica accentua la profondità e la serietà di motivazioni e spinte sentimentali. L’idea di sanità, sfida all’accidia e alla gola, restituisce alla vita quotidiana il mistero fisico dell’aria e del profumo. Lo sforzo della disciplina del singolo fonda la medicina e richiede successive correzioni alla legislazione del diritto della persona. L’inconscio fiorisce tumultuosamente al suono delle interpretazioni e ad un certo punto il suo volume è tale che la coscienza prende decisioni dalla quale è poi presa essa stessa. E consapevole del paradosso inizia a retrocedere ridendo. Non è più, da quel punto, la paura a sospingerla nel dedalo delle ramificazioni frattali: è la bellezza innegabile che deriva da quelle stesse ramificazioni. Vivere è dunque, qui, incrementare l’indicibile e non è colonizzare aree ulteriori. Ogni acquisizione produce oramai tali cambiamenti del nostro modo di essere più ricchi che cediamo la partita e ci lasciamo descrivere. La fertilità del procedimento terapeutico di espressione dei dati sviluppati nella relazione ha impoverito la smania di potere.

Retrocedendo, di fronte alla figura di questa acquisizione che si fa ‘persona’, scelgo a mio piacere le ‘sue’ fattezze. Illuso, in un sogno di amore per l’arte, che la bellezza possa essere anche una forma di valutazione della realtà, pratico in lungo e in largo la spiaggia che ho fondato. Avanzando ho ridotto il mio regno a una striscia di pochi metri tra me e la banchina del molo. Non so se mi ‘vorrai’ ancora, vedendomi camminare all’indietro (le spalle al giorno) per non perdermi il tramonto che si infrange in mare.

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