“Monologo sulle stelle” Ruggero Pierantoni


“Monologo sulle stelle” Ruggero Pierantoni

“Volo di notte
A volte si diradano. Ma quando tornano assieme  lo fanno secondo certe loro strategie e non a caso. Si allineano, allora, in file che possono intersecare l’orizzonte e che, se ne incontrano altre,tramano infine una rete regolare. Sotto di te. Altre volte il loro tessuto diviene sinuoso e accerchia rotonde isole di buio. Ma è al momento in cui, disseminandosi sempre più lontane fra loro, resta un solo punto di luce, che la tua emozione vi si concentra dentro. E vi incontra tutto lo spazio che vuoi. Sopra di te, certo, le stelle. Ma è quel punto solo nel buio che ti parla. Di una casa, di una porta, di un tavolo, di un letto. E di una finestra. La sua purezza assoluta si accompagna alla sua laconica solitudine. Attorno non emette raggi, non ha altra forma che quella di punto, non illumina altro da sé: esiste nel minimo assoluto. Non invade lo spazio con protesi, segni, stemmi. Come è totalmente solo laggiù, così lo è dentro di te. La sua semplicità e unità sono alla fine talmente sorprendenti che tu finisci per ignorare la tenebra che gli permette di esistere. Quella  strana materia che forse è nera e che ti appare tutta eguale. Perfettamente vuota, come il punto ti appare perfettamente pieno. Se la compari alle sfumature del cielo notturno, al suo svanire in alto e lungo l’orizzonte, a quei bianchi e quasi viola, ti si mostra ancora più enigmatica. E anche quel punto terrestre, se lo paragoni alle stelle, non dice la loro instabilità, il loro continuo svariare di colore. Quello svuotarsi cauto di luce lungo le loro circonferenze. E’ come se, invertendo un gioco antico, sulla terra si fosse trasferita una geometria essenziale e perfetta, lasciandosi di sopra un cielo empirico, corruttibile, contraddittorio.
(….)
E poi, molto in fretta, quei punti assoluti non esistono più ma vedi forme luminose. E appaiono subito oggetti che intuisci non emettono luce ma la ricevono. Oggetti illuminati che divengono presto volumi mentre le luci che li illuminano tendono a mantenere una forma semplice, a punto, a stella, a globo, a sottile segmento. Un attimo prima di toccar terra ci accorgiamo che tutti quei raggi, quegli arcobaleni tessuti stavano in realtà dentro il vetro del finestrino. Bastava muovere la testa e differenti ti apparivano le geometrie e le aureole che le avvolgono. Da sotto l’ala sgorga un fumo di luce, un vapore opaco e bianchissimo che prima non esisteva e che attraversiamo senza danno e senza suono. Guardi allora fuori con stupore le cose e i loro nomi: muri, vetrate illuminate, macchine che si muovono, gente. Non dimenticare gli effetti personali, alzati e lascia il tuo posto.”

(nota personale: dovrei ricordarmi di provare a disegnare le cose in corsivo; oppure a prenderle come frasi il cui ritmo sia l’inizio di una frase e di un discorso più ampio.)