Cassandra – Christa Wolf


Christa Wolf – Cassandra

(pagine 38 – 39): “Perché non voglio consentirmi questa ricaduta nella condizione di creatura? Che cosa mi trattiene. Chi mi vede. Io, l’incredula, continuo ad essere al centro degli sguardi di un dio, come da bambina, da fanciulla, da sacerdotessa? E questo non accenna mai a finire? Dovunque io fissi lo sguardo o concentri il pensiero, non un dio, non un giudizio, me stessa soltanto. Chi rende così severo, perfino dentro la morte, perfino al di là di essa, il giudizio che pronuncio su di me? Potrebbe essere prefissato anche questo. Potrebbe essere anche questo su fili che non stanno nelle mie mani, come i movimenti della fanciulla che ero, immagine desiderante e struggente, figura giovane e radiosa dentro una zona di luce, serena, schietta, ricca di speranze, fiduciosa in se stessa e negli altri, degna di quanto le veniva riconosciuto, libera, ah, libera. In realtà: incatenata. Pilotata, guidata e spinta verso mete che ponevano altri.”

(pagina 134) : “Achille restò esterefatto quando incontrò in battaglia Pentesilea. Cominciò a prendersi gioco di lei, ella allungò un colpo. Achille dev’essere stato scosso, credette di aver perso la ragione. Andargli contro con la spada -una donna! Averlo costretto a prenderla sul serio fu il suo ultimo trionfo. Combatterono a lungo. Pentesilea allontanò tutte le amazzoni. Lui la atterò, volle farla prigioniera, lei allora lo graffiò col pugnale e lo costrinse a ucciderla. Non foss’altro che per questo, siano ringraziati gli dei. Quel che avvenne dopo lo vedo davanti a me, come se ci fossi stata.. Achille, l’eroe greco, oltraggia la donna morta. Il maschio incapace di amare la vita, si getta sulla vittima uccidendola per la seconda volta. E io gemo. Perché. Lei non l’ha sentito. Noi lo sentiamo, noi donne tutte. Che cosa accadrà se ciò si propaga. I maschi, deboli ma con il prepotente bisogno di vincere, si servono di noi come vittime per conservare il sentimento di sé.”