Posts Tagged "mare"


il mare violetto d’agosto


Posted By on Ago 17, 2017

Mi sei stata tramandata come un impero da comandare un po’ per grazia di dio, che sarebbe come dire una parte di genetica, e per il resto per volontà di una nazione cioè, esaurendo l’analogia, in accordo con la cultura dei nostri tempi irruenti. Si tramandano le relazioni? Gli accordi d’amore? Si tramandano come una tradizione alle successioni nei mestieri e nel comando i legami tra donne uomini e mondo? Non so, forse, dicono i tuoi occhi violetti inquieti quasi sempre obliqui e mai, però, se mi chiami ché in quei casi mi inseguono insieme alla voce che pronuncia il mio nome finché mi giro verso di loro e, fermo, ascolto il nuovo comando e la lista dei desideri. L’impero dei sensi miei si concentra in quei rari momenti e per il resto lo scrivere è pienare il tempo e il vivere tacere esule libertà mesta spavalderia sottoproletaria. Il viola conosco impero e cultura: così l’iride decide la spartizione del tempo e dei poteri. Oggi che sul mare viola urla il vento occhieggia il riflesso dentro me di te che chiami. Il giorno tramanda di noi frammenti di suono. Nella regressione alla nascita il mare spadroneggia.

Read More

aspettare


Posted By on Ago 8, 2017

Scafi filanti di catamarani a remi inaffondabili mezzi di gioia e di soccorso quando la gioia rischiava di naufragare. Marzo sono nuvole di vernice dell’anno precedente spolverata in aria con la carta vetrata. Quando la mano filava sul legno senza ferirsi si colorava con la vernice nuova. Maggio è un varo solitario: scafi in acqua senza attrito.

Questa sinestesia lega per sempre in me vernici e profumo di aria salmastra e la sensazione tattile del legno e la luce nell’insenatura della costa. Quella falce lucente di mare ad ogni risveglio miete ancora adesso l’oscurità del sonno e dopo l’ambra del pensiero si diffonde sul giorno.

Il barchino di salvataggio di vernice rossa deposto sulla sabbia -tre anni di un ragazzino che guarda il filo dell’orizzonte- mi consente di non negare quanto ho soltanto intuito della scoperta della nascita umana.(*)

Essa è un’ermeneutica che cuce i lembi della vita vigile, l’alba col tramonto, perché permette la comprensione dei sogni che sono tutti diversi ogni giorno per ogni bambino e donna e uomo sulla terra.

La giornata del ragazzino passava furtiva tra le maglie di luce. A sera lo scafo rosso vivo -ultima traccia di coscienza- restava a fare la guardia mentre scivolava nel buio del sonno. Ora mentre scrivo mi immagino come ci fossero frontiere e sentinelle sul confine.

La teoria della nascita è anche scienza medica: consente la sparizione della coscienza nel sonno senza temere il nulla nella scomparsa delle figure. Tra sonno e sogno resta il filo rosso della vitalità. Coscienza vigile e coscienza nel sogno vengono trasformati da puri accidenti biologici in precise facoltà psichiche.

La ricamatrice cuce lo strappo delle separazioni impossibili con il mutismo che tiene ferma la morte ribelle. In silenzio, ora che non ci sei, spingo via le precoci conclusioni. È questo, aspettare.

(*) “Istinto di Morte e Conoscenza” -M. Fagioli – L’Asino d’Oro Edizioni – ultima edizione 2017.

Read More

liberamente


Posted By on Apr 13, 2017

Sai che vuol dire “non dimenticarsi in una donna”? Si capisce. Dovremmo intuire almeno. Vuol dire non darle carico di gravidanze per una nostra distrazione troppo grave. Una dimenticanza che non è amore. Non cedere al peso borghese del piacere sessuale: il vizio ottuso di aggravare distrattamente una ragazza di una procreazione che punirà il gusto di cui s’era appropriata coi suoi fianchi capaci. Oh!

L’importante ottusità antropologica, ingombrante e opaca, a proposito della complessità degli affetti, sempre più si nota quanto ci instupidisca. Bionica animalesca l’uomo esclusivamente razionale non coglie il punto cieco: voler ridurre il proprio pensiero a meccanismi elettro-aritmetici. Bearsi di bestia pitagorica.

Disante da là, insopprimibile resta in alcuni l’idea di relazione. Frasi come: “ad ogni costo” che la pronuncia succhia in caramelle ai frutti. Cediamo a cose che si dicono, prima e poi si proclama: “per sempre mio..”

Si sa: la vita non comincia con un atto di coscienza. Dunque ogni frase può avere tutte lettere minuscole fin da subito. L’inatteso sarà spiegato assai più tardi.

Nell’acqua del mare semi in sospensione. Piccole code natanti a brillare. In un momento di allegria sentimentale si insinueranno in profondità. Uscendo grondanti si sente il perturbante uncino ben saldo alle reni.

Sorridendomi mormoravi al tuo bambino: è fatta, amor mio. Corrisponde a quei casi in cui, guardando una donna svagata, si capisce la sua natura differente. Chiacchierare leggendario alle proprie viscere.

Quella confidenza per cui poi scrivendo una donna le lettere svolazzano di fronte ai miei occhi sul foglio parole-aquile.

In picchiata arrivasti. Già piena di sorprese. Io sono sempre stato un mare aperto ai tuoi sensi.

[email protected]

Read More

l’odore blu del mare


Posted By on Apr 11, 2017

Riamarsi una volta sui sassi rotondi di isole meridionali pietre rotolanti al timpano: Pietruzze: Parole: Tu avevi la competenza di ogni passione precoce: Avevi la passione per la vita.

Il mare calmo dello stretto è blu davvero: Profumi nella brezza da sud: Si fissa il profumo dell’aria al blu dell’acqua: Sinestesia è il fenomeno facile da verificare: Tracce della memoria e fantasia del ricordo.

Scienza indispensabile all’esercizio della professione di psicologo: La fantasia ricrea quanto la memoria tiene stipato nella densità dei tessuti: Ma non è, questo, il rimosso: Il rimosso non esiste: Esistono tracce di memoria diffuse: È fisiologia biochimica dei parenchimi: La malattia non è nel dimenticato: È nella lesione della fantasia.

Fantasia fa il ricordo: Il ricordo è una funzione differente dal tenere a mente: Il ricordo ha il tempo della trasformazione: Non ha la nostalgia: Perché ricrea le cose passate secondo ciò che siamo.

[email protected]

Read More

È troppo, è stato detto. Così il freddo vuota la spiaggia. La veranda del ristorante sul mare è impraticabile. Il vino bianco è sconsigliato dal cameriere, con questa temperatura. L’uomo ne ordina comunque uno di gran pregio. Il soggetto di storie bisogna che abbia coraggio.

Che uno sia umano, vuol dire, in questa visione di autunno inoltrato, che lui, o lei, bisogna che si espongano in modo non metaforico al vino e al vento.

Ordinare inaspettatamente, insistere, eccedere appena, o il molto lavorare, l’industriarsi, mai in un travaglio ma sempre nell’insistenza di riproporre un’intuizione come fosse certezza, volere con il sorriso sono attitudini del soggetto del coraggio.

Lui/lei, cioè, sulla spiaggia del romanzo, chiunque ogni volta ‘andando’ allo svolgimento delle proprie frasi s’affretta e s’adopra a definire e scandire l’operazione di precedere il compimento delle proprie stesse procedure linguistiche con parole o inflessioni della voce o rappresentazioni in manufatti operosi, è: -sia il giovane visionario riparato dalla sua miseria all’angolo di strada -sia il fante di trincea che sperimenta, a causa di una giovinezza impulsiva, la fatalità fino a dove essa diventa sanguinaria.

C’è un ansito, nello slancio dell’assalto delle mani sulle opere, della stessa potenza dell’immobilità di un cantante cieco all’ombra di un portico.

A volte, il giovane o la ragazzina che siano scampati alla guerra dell’obbligo della propria adolescenza, sono mendicanti con occhi finalmente guariti.

Essi si gettano in un lampo all’assalto dei fianchi l’uno dell’altro che si intravede oltre un lembo di stoffa e il bagliore lunare di un sorriso. Nella Città del Tempo, Via della Capitolazione Nuova.

È, quel coraggio inconsapevole, un caso del soggetto grammaticale: eroe (o eroina) della sintassi essi soggetti esplicano l’eterna esplorazione di sé del sé. E portano avanti il progetto di un mondo invisibile che serbano in mente.

Scrivere è scrivere la Storia del Futuro. Fornire una definizione di essere umano progressiva e mai definitiva. Chi scrive deve avere il coraggio di costituirsi come conseguenza di gesti di iniziazione ripetuti. Sapere di essere esito ed esperienza di atti intuitivi ricorsivi. 

Il soggetto ha il movimento della crisi determinata da un desiderio e -all’opposto- l’imprevedibile gesto di guarigione dal desiderio nella cessazione della scrittura. Questi atti sono due tenui fessure traslucide sulla buccia scura dei semi narrativi.

Non è plausibile la scuola di scrittura creativa che è un inganno se il soggetto non si fonda sulla buona volontà cosciente ma sulla capacità di svolgere il tema dettato al soggetto da un precedente motivo.

Semmai dovremmo studiare alla scuola di guerra e di canto per tirare a campare le frasi come figlie di eventi involontari.

L’iniziativa verbale di un gesto dichiarativo (“yo te quiero“) e la flessuosa muta distensione del rifiuto di chi va via (“yo no te quiero màs“) sono l’accettazione e il rifiuto: i punti su cui si addensa tutto il coraggio delle proposizioni che disegnano le svolte decisive delle narrazioni e gli archi di portici ombrosi.

Tangente a quelle curve il cipiglio dell’attore impavido al vento della veranda interamente aperta sul mare autunnale risponde alla domanda di un dispotico sommelier : “Chi assaggia il vino d’inverno alle porte?”

Il regista dietro la macchina ronzante è preso da un dubbio. Se il soggetto sono la donna e l’uomo che agiscono pieni di impulso nello spargere sguardi lampeggianti davanti a loro e se ne vede bene l’impeto esplorativo, però non si vede il seme che genera l’intraprendenza.

La natura fisica della vita biologica che tiene e esprime la potenza del pensiero necessita di un nuovo attore: “Deve essere Omero all’angolo della strada”, ordina alla segretaria di produzione. E comanda una pausa.

Nella pausa ricordo. Venni verso di te spinto dal calore estivo e specialmente a causa di un raggio di sole che mi batteva i fianchi. Fu un gesto di guerra che non generò morte seppure fummo vittime di qualcosa che però era buona perchè entrambi ci teneva assieme.

Una parte di quel qualcosa era la storia: come eravamo arrivati là. Una parte era la temperatura: l’erotismo umido della pelle accaldata.

E certo per questo ciò che poi è stato di noi e fra di noi fu anche evaporazione, al soffio dei tempi, che ha ridotto il divario tra dentro e fuori ed ha ricreato un equilibrio intorno al movimento storico dei nostro corpo politico, e addensato e conservato il calore in fondo alle fibre più intime dei nostri antiquati corpi biologici.

Oggi, a proposito del coraggio, prerogativa degli agenti di ogni storia, mi chiedo se la ricerca potrà mai chiarire in quale proporzione il calore estivo che sferzava i corpi fu causa (e ‘soggetto‘ …!) della nostra promessa d’amore.

Se fui io o quell’estate particolarmente afosa a vincere le opposizioni che sempre frapponiamo al nostro e all’altrui desiderio.

Read More