Posts Tagged "materia"


il tempo quadrato (3)


Posted By on Lug 1, 2016

vita sugli alberi (3)

la vita sugli alberi (3)

…vedo le opalescenze sul muro e le travi alte del tetto attraverso i riflessi sulla calce bianca delle pareti che appaiono come fossero di un vetro limpido e la mia stanza è più bella alla luce del giorno e ne ricevo un ritorno benefico una specie di modesta felicità che risolve il mistero della presenza ora che il mondo fisico si mostra sotto l’illusione della luce che prende la forma della composizione delle cose e le alleggerisce penetrando nelle fessure della materia….

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prospettiva dell’aviatore


Posted By on Gen 15, 2016

prospettiva dell'aviatore

prospettiva dell’aviatore

Che noi siamo fatti della materia di cui sono fatti i sogni vuol dire che i sogni sono fatti della materia di cui siamo fatti noi: in sostanza non è che la fisica abbia alla propria periferia occasionali vibrazioni poetiche, semmai che la poesia smette di essere tale ogni volta che smarrisce le tracce della propria origine materiale.

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ogni volta si scava una culla


Posted By on Lug 24, 2015

Non si sa mai che dev’essere. La retorica si solleva nella fessura del non saperlo, il dovere del verso delle cose. L’andamento delle cose. Il comportamento da tenere dopo che non si crede in dio e nella ragione. Ognuno di questi nostri giorni di caldo cosiddetto da tutti un caldo ‘eccessivo’ è una giornata grande, una giornata  come uscita da un’opera letteraria, è il caldo della generazione artistica, il caldo algerino della peste di Camus. Un deserto generoso di accadimenti. Viviamo nella poltiglia di sostanza cerebrale metodologica che diventa condizione nuova, una inaudita occasione per capire di più, cambiare, diventare più intelligenti, fatalisti, meridionali di adozione. Ogni giorno di questi è un giorno premiato per il nuovo record di un grado di temperatura in più del giorno precedente. Il premio non è un alloro ancora verde ma una ulteriore corona di vero sole. La melassa dei sargassi rende costante consapevolezza del camminare. Ascoltiamo i fianchi muoversi: si percepiscono precisamente le oscillazioni dell’asse del bacino, lo snodo della testa del femore dentro la propria capsula articolare. Ora destra, ora sinistra, ora destra…. È il rollìo di barche: grosse di traghetto, lunghe dei corsari, ampie ed eleganti per crociere o commercio. Si arriva ognuno a modo proprio tutti bagnati di sudore da cima a fondo dai piedi ai capelli sotto la casa davanti alla scalinata. La ricerca è una nave di migranti che ha, nel luglio del 2015, il rollìo professionale dei fianchi di tango e l’oscillazione di un bilanciere di precisione simile a quella del bacino dei carpentieri ai solai dell’ultimo piano del grattacielo. Questa ricerca la ballano esuli nomadi, migranti meridionali. Di un sesso unico polivalente diventano maschi senza le loro femmine e donne prive di anello nuziale. Allora, dopo la trasformazione lungo la scala che porta nell’ambulatorio, essi sono fiammiferi scuri bruciati dal fuoco del primo giorno cui il calore eccessivo in aria fa i capelli lucidi impomatati di nero che io so riconoscere come i loro pensieri di poter restare soli e poveri. Pensieri che prima li avrebbero immobilizzati ma che ora, essendo diventati differenti nel gesto di salire, sono pensieri senza alcun potere di dissuasione. Ballano tra uomini. Ballano tra femmine. L’andamento strascicato del linguaggio che abbiamo lentamente e insensibilmente adottato per parlarci acchiappa il corpo nei momenti rari di distrazione. Il caldo asfissiante è un profumo tropicale tra brillantina, pece, marmellata. Tutto si solleva dal caldo e tutto sprofonda nel caldo. La psicoterapia si svolge dentro il fiume infuocato del tempo che tengo riassunto tutte le volte in poco meno di due ore.

Non si sa più precisamente come ci si deve contenere nel passare tra la strada e la casa. Tra la corte del caffè del centro e il salone del padrone. Si cambia al momento salendo le scale. È una trasformazione minima: un fatto fisico concreto che riguarda variazioni nella sostanza pensante. La goccia di schiuma che si versa entrando è la materia dispersa nel consumo energetico di un passaggio tra due disposizioni psicologiche differenti. 

Intera intera sei venuta su. Precisina come volevo. Ora dico che lo volevo avendoti vista proprio così formata. Era un intenzione artistica più che altro. Si nasconde il volere: si spera -piuttosto- nascondendo il timore che non accada la somiglianza auspicata. Ora guardandoti, indipendentemente dalla grande ed esatta compostezza con cui rifletto alla mia vita professionale di trenta anni che sono avanzati piano rispettando il tempo, sono certo che niente di me ho mai lasciato fuori da nessuna soglia. Che non ho potuto far altro che trasformare ogni precedente disposizione ad ogni ingresso e ogni uscita. Ora con l’interpretazione misuro la quantità di materia consumata per realizzare ogni volta  la trasformazione necessaria a passare dall’identità sociale di uomini e donne in strada all’identità differente di psicologo e analizzandi nella stanza medica.

Mentre guardando te mio piccolo amore mentre riordino in pieghe rette la rete di pesca, dico che la vita delle generazioni che mi si sono succedute al fianco ha fiorite le aiuole.

Il miele dentro cui nel luglio del 2015 ci muoviamo tutti insieme ha trentotto gradi di temperatura come se la materia del cielo e della intera città avesse la febbre e dovessimo adeguarci da ora in avanti che non sarà più febbre, invece, ma uno standard differente, una sanità diversa avendo vinto una sfida evolutiva.

Ti vedo passare tra le stanze ormai fatta di seta e futuro coi tuoi due occhi talmente belli. Chissà cosa riesci a vedere, te, delle luci che distribuimmo dal primo momento per vivere tra angoli scavati e angoli rivelati con accuratezza. Non c’è più retorica in te ora perché hai imparato a usare le tue parole per tenerci vicini o lontani con la stessa accuratezza con cui noi avevamo distribuito i volumi virtuali di chiaro e scuro appena entrati ad abitare qua. Ora si può pensare che il sapere di cui non eravamo coscienti era: niente di noi si lascia mai fuori di nessuna soglia.

E entrando qua mentre ogni volta si traversava la linea della porta principale, mutavamo ogni volta la nostra precedente disposizione determinando uno spazio condizionale di debole radioattivo amore che alla fine, grazie all’energia del lavoro di cura proporzionale ad una certa quantità di materia consumata in trent’anni,  ci ha lentamente resi diversi per sempre.

Ora, ogni volta che si torna, invisibile si scava una culla. È un fenomeno come quello che fa la luce delle due lampada che si accendono e illuminano aree differenti delle pareti.

Ora, ogni volta che si torna, si scava davvero una culla per chiunque sarà entrato, nuovamente, dopo noi.

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una ricerca difficile


Posted By on Giu 27, 2015

Che sia la macchia scura dove devo riconoscere il viso dell’amata che però risveglia tutte le ombre attorno alle linee che devo estrarre per trarla alla coscienza e offrirle il linguaggio verbale: la difficoltà. Che ne avrò da raccontare: la difficoltà. Un libro intitolato: la difficoltà.

Si era sempre opposta l’ombra alla luce. Si era sempre giocato con l’opposto che definisce l’opposto, il bene nell’appartamento a schiera accanto al male e l’alto a dirimpetto del basso e l’amore al piano sottostante la morte. Troppo facile a pensare. Millenni di cultura per esporre queste cose stupide e violentissime…

La macchia scura contiene le linee pulite del suo viso le ombre dell’incavo degli occhi e i rilievi carnosi delle labbra di lei la mia amata che è il giardino delle delizie il canto dei canti il cantico dei cantici il suono sacro dei venti afosi il sudore del tempo spremuto dai monti giù dai quali un anno rotolò una valanga di grovigli leggeri che mi parvero lana odorosa delle capre ma non si trattava di quello: la difficoltà.

Troppo facile che fosse lana di capra ma niente che valga la pena è facile la macchia scura contiene i batuffoli di pensiero odoroso e se sembrava lana era perché odorava di latte allora sono deglutizioni del latte tracce nella gola del passaggio di lei in me del suo latte in me del suo respiro cantico dei cantici attraverso la trachea sopra il cuore fin dentro il torace nelle borracce dei polmoni che servono a traversare il deserto.

Il deserto è spendente perché non ha strade secondarie (come il tempo) si può morire di deserto senza accorgersi di morire si muore di tempo per la dolcezza del tempo che però (la difficoltà eccotela quando meno te lo aspetti) non puoi portarti dietro ‘niente’ che quel ‘niente’ che dice il suo essere ‘diverso da niente’ sarebbero uncini che strappano il tessuto delle cose dell’amore e riverberano il canto alterandone la trama mentre essa andava come un pellegrino fieramente alla fonte.

Il caso va alla fonte torna nel tempo la musica torna sempre nella fisica del ‘vuoto’ in aria senza echi la macchia scura d’ombra conteneva prima delle linee di lei il canto e prima del canto l’idea di altezza e di gocce in vortici con odori e suoni senza eco quasi che tutte queste cose di natura così intimamente ‘fisica’ portassero alla mente l’architettura della stanza ostetrica come se tutte queste cose con la loro ricchezza di esistenza fisica priva di una forma opprimente definissero l’idea di ‘traccia mnesica’ che poi Qualcuno avrebbe nominato quasi ‘creato’ tirandola su dalla propria gola o lasciandola franare allegra giù dalle gole dei monti tra pensieri distratti o traverso le guglie delle Basiliche Bizantine di Laguna mentre passeggiava a traverso appena fuori del manicomio veneziano.

Venne l’aria quasi appena dopo la luce cantico dei cantici di due cose senza forma perché uno possa chiamare cantico dei cantici la nenia della ricerca scientifica sull’energia imprigionata nella materia e sprigionata dalla materia.

“C’era una funzione legata alla materia della ‘pulsione’. C’era un’altra funzione legata alla materia della ‘vitalità’. La funzione della vitalità aveva la medesima natura fisica della funzione della pulsione.”

Da anni parlavamo della natura fisica della realtà psichica ma poi ora lo sguardo ha abbracciato la formula dell’energia che si sviluppa da una modesta perdita di materia quando si separano i costituenti del nucleo atomico poi tutto si trasforma in luce poi la luce si diffonde colorando l’aria poi l’aria prende vita di fronte ai miei occhi la notte che calando il buio si illumina il cielo dove era il sole ma una stella è energia/ricordo sul balcone di marmo disomogeneo della materia oscura e per questo lo psichiatra nell’attimo che distoglie lo sguardo d’interesse sul paziente si chiude in se stesso rivolto all’oscurità del proprio tempo attuale e decide l’immagine del sogno ricorrendo per un istante alla concretezza della propria realtà materiale alla aratura tiepida delle aree cerebrali che alimentano la vita fisica del pensiero che immediatamente vola in linguaggio verbale.

“C’era una funzione legata alla materia della ‘pulsione’. C’era un’altra funzione legata alla materia della ‘vitalità’. La funzione della vitalità aveva la medesima natura fisica della funzione della pulsione”.

Qualunque fosse il pensiero inconscio trovi svegliandoti un cammello beige che galleggia leggero sull’orizzonte dei lenzuoli ed ha una natura fisica che ripete l’idea del pensiero che diventa luce.

La ragione da ora non soffrirà la sete mai più.

La natura materiale della massa cerebrale determina la formazione del pensiero che non perde mai il legame con la propria origine ma non si può parlare d’altro che della materia, al pensiero, resta la natura fisica priva di massa ponderale. E a causa della dissennata velocità che caratterizza il suo svolgersi non si può far altro che provare a parlarne rassegnati all’inconcilibile dissidio tra una velocità di quel genere e l’inerzia riflessiva che al pensiero si vuole attribuire.

Comunque stiano le cose, dalla materia dei sogni di cui noi stessi tessiamo la trama tra sonno e giorno, al risveglio la coscienza deve mettere insieme le parole del proprio pensare in maniera che non nascondano la vita materiale della mente. La realtà materiale è la culla della vitalità e della pulsione che, in assenza di luce e coscienza, fulmineo, il pensiero attraversa ogni giorno, più volte in un giorno, ogni ora e più volte in ogni secondo di ogni ora per fare… il pensiero!

Liberato dalla massa ponderale della biologia viene dal buio e dall’indifferenza degli ammassi cellulari tinto e rovente di attriti. Siamo lontani dalle ipotesi semplicistiche del primo momento della ricerca: che attualmente si evidenzia assolutamente difficile.

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Di nuovo, la sera, restiamo silenziosi, con la testa reclinata. Diversamente da prima. Ora è segno di dedizione all’intimità nel buio. Immaginarsi figure di un quadro, simili o uguali a certe meraviglie che si erano viste e sono rimaste importanti. Quelle opere d’arte agiscono inconsciamente trasformandoci in capolavori. Le giornate sono colazioni sull’erba. Basta poco. I papaveri laccati, centinaia di unghie rosse, fioriscono sul ciglio del sentiero. Se mi lascio andare mi rendo conto di non capire la norma. Forse è una natura che mi impedisce di ‘accettare’ le cose come sono.

Avevo letto “realtà non materiale”. E le parole facevano venire alla mente la figura singola di un capolavoro. La serie di suoni, che compongono la locuzione “realtà non materiale”, è rimasta una persistente allusione. Un’icona e anche un fantasma. Adesso è evidente il vuoto che nasconde. Sono passati quarant’anni. La letteratura scientifica, scaturita dalla scoperta della vitalità del feto alla nascita, contiene la definizione di ‘realtà non materiale’ a proposito della natura del pensiero umano. Ma la definizione è confusa e incoerente, sebbene sia opinione di ‘tutti’ che incoerenze, in essa teoria, non vi siano ‘possibili’.

Così siamo rimasti silenziosi per anni. I volti accostati. In segno di riconoscenza della genialità. Senza capire che quella compostezza, uguale alle composizioni della maestà delle figure in un quadro, era solo apparente e copriva un terrore. La “realtà non materiale”, innominabile altrimenti, rimane un muro d’ombra. Agita inconsciamente. L’incoerenza, non criticabile, un’icona o un fantasma ma non più opera d’arte, fa la calma opaca della paura. “Perderai tutto. Rimarrai solo. Non sarai più riconoscibile”.

Ma il corpo ha fatto un movimento. La scoperta della vitalità ha consentito di uscire dalla casa del padre senza pensare. È stato facile affermare che, se la vita mentale ha origine materiale, allora la “realtà non materiale” ha natura fisica. Il pensiero, nato nella realtà fisica della biologia cerebrale, resta nell’ambito della anatomia endocranica, poiché è funzione incessante della attività mentale. È realtà umana che non necessita di alcun attributo ulteriore.

Forse fu la lotta contro il materialismo marxista, che costrinse a pagare un prezzo eccessivo, per il timore che si potesse lasciare in dubbio l’umanità del pensiero: si volle tentare un modo di indicarlo senza alcuna ambiguità. Ma le due parole: REALTÀ e MATERIA, avevano subìto, nella riflessione filosofica e medica, una degenerazione semantica. Nessuno si accorse che “realtà non materiale”, nel tentativo di definire una “qualità di natura” del proprio ‘oggetto’, andava a riproporre il dubbio della “esistenza” dell’ ‘oggetto’ medesimo.

Purtroppo, nella realtà della vita psichica dei ricercatori, una incoerenza terminologica che in poesia sarebbe forse un auspicabile paradosso, non inclina al sublime ma all’inerzia. La scienza implica una chiarezza tanto esasperata da essere criticabile anche dai più pazienti degli artisti.

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