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il 23/06/2015 alle 23:27 Carla risponde a ‘quando si comprese come la scoperta della nascita fondò una scienza per la libertà’ 
“Si può dire e si deve anche dire allora che certi modi di usare ed intendere le parole così come il fare un certo tipo di ricerca in psicologia non hanno a che vedere con la libertà di una ricerca.

Non mi sento in un certo senso libera da tempo, mi viene da dire, e ce n’è finita lì in mezzo di rabbia, di disperazione.

Fare le cose, ‘fare’ addirittura la pigra contadina, l’odio per non riuscire a comprendere. E poi ancora, la ricerca che si opponeva a tutto ma in fondo (alla fine) c’era sempre il medico che parlava di nascita.

“Non ne ho una. Credetemi. Vi dimostro che è importante, che è importante per me! Che mi sento morire, credetemi. Guardate. Leggete, venite con me… Di vita si muore, non lo hanno anche scritto?’’.

L’ultima cosa che mi sono messa a fare è iscrivermi proprio ai due anni di magistrale in psicologia. Lo confesso, ora… per odio mi sono iscritta.

E ora posso confessarlo, perché posso e voglio dire che non è libertà quella di una ricerca che non fa ricerca su nascita, vita e morte. Non è ricerca e non c’è libertà nello scegliere (il libero arbitrio) di non vedere quanto da decenni la scienza psichiatrica è riuscita a raggiungere con la scoperta sulla genesi e fisiologia del pensiero. Non è ricerca, non è libertà oggi fare psicologia come la si fa nelle istituzioni.

Ai limiti… a me interessavano i camici bianchi dei medici. Lo stetoscopio intorno al collo, i capelli arruffati di chi attraversava la corsia dopo il turno di notte. La psichiatria dentro la stanza di psicoterapia. I racconti del medico di come fa il medico. Questa mi sa di ricerca. Ricerca per curare, e il curare per fare ricerca.

Ho un corso da ultimare e ora come ora non sento più il bisogno. Se io mi stia curando pervicacemente dall’odio non lo so, l’ho pensato però.

E penso che la faccenda della libertà sia un’urgenza. Per me. Noi. Per misurare i gradienti di gioia e dolore, quantomeno. Per liberarmi finalmente della richiesta altrui di libertà… che non comprendo.

Non comprendo più.

Non comprendo più che non si comprenda… e si deve essere liberi di dire che certi modi di fare ricerca sono pensieri violenti per quanto stupidi, finalizzati soltanto a rendere schiave le persone dal momento in cui vengono alla luce.

Troppo?

Sì… troppo… esagero sempre quando scrivo, esagero sempre quando amo, e in fondo anch’io posso liberamente ammettere ora che le lettere più belle che io abbia mai scritto avrei voluto che venissero scritte a me.

Posso dire di essermi amata tanto, allora.

Per il resto, mi serviva appena un bagliore di luce sull’acqua marina, un odore di sale e pane, il luglio dei primi giorni in cui sono nata e le passeggiate tra i cori delle cicale che mi hanno raccontato da grande. Un’ora di pineta. Un canto per regalarmi ancora oggi tutto un universo che vado a disegnare sul contorno degli occhi altrui. Mi basta poco.

‘’Anch’io sai che…’’

”Sono io”.

Il riverbero.

La risonanza.

L’immagine diceva: C’era una ragazza seduta al piano. Un concerto. Musicisti ‘veri’, un ragazzo alla tromba alto e sottile come un filo guidava camminando tutti gli altri. E lei così bella, sorridente. Aveva anche un nome. Poi arriva il finale. E lei, che non aveva usato il pedale di risonanza, quasi per rimediare all’imprecisione della propria esecuzione, usa l’effetto del riverbero sulle ultime note. C’era bisogno? mi chiedo.

Ora.

Si può essere storditi dopo una giornata come questa, quando si è deciso di andare per i campi a ripulire i filari degli ulivi sotto al sole, con l’odore pungente del finocchio selvatico nel naso, il falco che vola alto e ramingo sulla testa, il fagiano colorato che attraversa la siepe di rovi. Si può essere storditi in una notte come questa, ma ho lasciato l’odio a casa, con il libro di Pedagogia sperimentale e statistica accanto. Mi serviva per recuperare gli articoli sul terzo pedale dei pianoforti, l’effetto del riverbero, e metterli insieme alla faccenda della libertà che mi toglie il sonno. I primi due anni di vita e di pensiero dalla nascita in poi. Elettromagnetismi e la scoperta della nascita che ha succeduto di 67 anni quella sulla relatività ristretta.

Andare avanti procedendo tra i filari.

Di quei due anni, successivi al momento in cui la luce ha colpito la retina, si misurano, con il linguaggio di cui oggi siamo o non siamo capaci, i gradienti di due vicende prettamente umane: amore e separazione.

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Dicevo ieri, o appena prima, che mi risulta evidente come il ‘soggetto’ abbia necessità di essere libero a causa della sua congenita imprevedibilità. L’io del soggetto ha specialmente la soggettività. Però non mi pare che ci si sia mai pensato abbastanza. Si parla assai ma a capirsi ci vuole che ognuno ascolti intanto quanto lui stesso sta dicendo. Capirsi è capire ognuno se stesso essendosi presente. Non dico conoscersi in termini socratici perché quella è un’illusione per farsi belli dei filosofi. Dico scoprire come è buffo ‘essere’. Che essere può essere causa di allegria per via di quell’io tanto osannato per le sue pretesa coerenza e incorruttibilità anche e soprattutto nel ‘male’. Il quale io invece resta, da altri punti di vista, generalmente e principalmente impreparato a sé.

Vedo galleggiare di luce riflessa sulle onde mosse dal maestrale l’ingenuità del progetto che si scrive sulla carta intestata dell’Impresa Futuro.

Questi giorni mi ripeto che ‘bisogna’ nascere per volere il diritto alla disuguaglianza e rifiutare la costrizione all’equilibrismo egualitario. La psicologia è scienza del soggetto. Non è una morale cui l’io viene consegnato in custodia. A causa del fatto che l’io resta generalmente impreparato a sé esso deve godere dello statuto di libertà e la psicologia -che è scienza dell’io- deve essere necessariamente scienza dei gradi di libertà che al soggetto sono essenziali. La psicologia può parere, detto così, una scienza ‘in forma’ di poesia: invece, una volta escluse pretese etiche o giuridiche, è un nucleo duro di definizioni accurate di singole sfumature che bisogna riconoscere per rendere tollerabile alle donne e agli uomini l’impreparazione costituzionale del soggetto degli uomini e delle donne. Il soggetto dunque resta ‘centrale’ nella riflessione antropologica portando con sé la propria caratteristica di essere evento di ‘frontiera’.

Le parole della psicologia dovranno trovare suono di flussi elettromagnetici, forma di trecce lunghe di capelli di uomini e donne. Saranno, tali beltà, corone di aglio sulla porta contro il vampiro: la morale che essendo una legislazione deve restare esclusa dalla psicologia. L’etica giuridica è indispensabile alla promulgazione delle leggi che devono separare le libertà dagli obblighi per garantire gli ambiti della scienza psicologica. La scienza psicologica, una volta liberata da valutazioni morali, si occuperà  della natura libertaria del soggetto cercando, per le definizioni dei gradi infiniti di gioia e dolore, gli stessi elevati standard di approssimazione che sono necessari per le misure dei fenomeni del mondo esterno all’io e alla relazione.

La psicologia, che danzi o si nasconda tra rocce, è essa per prima una forma di pensiero teso alla libertà.

1972 – IDMEC (*) – mf(**). La vita dopo la nascita è differente dalla vita senza la nascita. I più lamentano una estenuante sensazione di mancanza di libertà. Non si sa attualmente quanta parte della psicologia sia venuta a conoscenza di IDMEC. È possibile, in caso di tale esclusione, che quella parte della psicologia reagisca in termini giuridici e non psicologici all’evento del parto e distrugga o danneggi involontariamente (!!!) con stime di ragioneria, la soggettività sbilanciata dell’io appena nato, la maschera viva del clown-ragazzino che viene al mondo.

È peraltro attualmente assai difficile dire, coi termini usuali, una scoperta e le conseguenze dirette della scoperta: essa stessa, con un linguaggio precedentemente sconosciuto esprime la sua proposizione teorica, e sembra privare di ogni legittimità l’ordito di nessi tra storia cultura e lessico che stavano alla base dei linguaggi precedenti. (***)

Intanto. Tutti si entusiasmano a lodare, gridando sommessamente come schizofrenici manierati, la ‘vita’. Ma l’immagine di che sia la ‘vita’ non va al di là del riferimento certo all’attimo della potenza riproduttiva dello zigote. Servono il prete il farmacista il sindaco il medico condotto e il barbiere a riunirsi ogni sera per prendere una decisione in merito alla comparsa dell’umanità prorompente del neonato pochi attimi dopo la sua venuta. La vita umana non è stata ancora identificata con la emergenza del pensiero umano alla nascita.

Ma scrivono ipotesi o impongono decreti. E non sapere della nascita dell’io alla nascita sottrae al bambino la sua connaturata soggettività e lo espone alla pedagogia che è un corpo di norme capricciose e contraddittorie. La psicologia, dopo questo annullamento di IDMEC, è rimasta essa stessa una pedagogia: non una scienza della libertà ma uno strumento di conformità e legittimazione puramente giuridica di un soggetto privato del sé. Dunque ufficialmente essa psicologia può solo insistere ad esistere. A tentare la vita. A NON esserne tentata.

(*)Istinto Di Morte E Conoscenza (1972, Roma)

(**)massimo fagioli

(***) si vedano le altre opere del medesimo Autore presso ‘L’Asino d’Oro’ Edizioni

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il testo de la ‘Sensibile’


Posted By on Mar 26, 2015

la conoscenza che rende tollerabile la distanza

la conoscenza che rende tollerabile la distanza

Il testo di una ‘sensibile’. ‘Una’ …. o ‘uno’. Un testo di tanto tempo fa che ho ancora -se non tra le mani- nella mente e non va più via. Non che non abbia fatto altro. Però resta sempre accanto in un contatto strettissimo. Deve essere un’attrazione della pelle per la copertina del testo liscia come fosse ogni volta appena uscita dall’estetista/tipografo.

“Se mi ami devi fare questo e quest’altro. Devi studiare. Conoscere. Sapere. Ogni respiro delle corse nella pineta pensarmi. Se hai conservato le mie parole allora mi ami e se mi ami hai dei doveri verso te stesso”.

Come dicevo: il testo di uno sensibile. O di una sensibile. Chi è sensibile è testardo: uguale uguale ad un’innamorata un po’ troppo coerente che non riesce ad essere un po’ più realista. Un testo sensibile rompe il silenzio della lettura e così mi sono strappato diversi bellissimi maglioni nuovi in questi anni. Leggendo mi sono strappato in diverse occasioni certi piccoli muscoli dei polpacci e delle braccia.

Per questo ai quattro angoli della terra sono andati i miei ragazzi. “E ti sposerai probabilmente in un bordello americano/ e avrai dei figli da una donna strana/e che non parlano l’italiano”.(F.De Gregori. “L’abbigliamento di un fuochista”)

Ai quattro capi del mondo perché? Avevano capito che si doveva andare? Sono stati costretti non hanno avuto scelta? Dico con un po’ di tristezza e nostalgia -perché molto mi mancano- che hanno disegnato sulla superficie terrestre la mappa dei nostri sogni: i loro e i miei che facemmo insieme nei letti piccoli dal loro primo giorno tra le mie braccia fino a molti anni dopo. Ho forse raccontato troppe storie. Ma quando dovevo fermarmi? Quando sono state ‘troppe’ le storie se era solo una la stessa da quarant’anni.

E ci sono cresciuti dentro al testo della ‘sensibile’. Ma il testo era di già, per noi grandi, parecchio precoce. Una teoria anzitempo risulta ‘eccessiva’. Insomma poi sono andati ai quattro capi della terra. Guasconi uguali uguali a moschettieri. Al fine della licenza toccare: i loro messaggi “mi manchi” sono la punta fatale del fioretto. Ma certo non erano ‘troppo’ le storie: la vita uguale uguale si fa sentire nei malefici e nei benefici. Addormentarli con la musica pop. I disegni di due volti piegati uno sull’altro vengono dalle sere dei balli della buonanotte. Che potevamo sapere? L’amore è certezza di far bene. Di non poter fare il male. Non religione di fede. Legame del crepuscolo. Il buio che scioglie il fiocco e via: “C’era una volta….”

Ora aspetto i giorni buoni dei loro radi ritorni. Mi fa compagnia il testo de la ‘Sensibile’. Per stare lontani senza odio disperazione dimenticanza e distruzione è indispensabile infatti aver familiarità con una scienza e una scoperta che dica ciò che muove il pensiero negli addii che precedono le dolorose separazioni; e che consenta di non impazzire a causa delle grandi assenze nella distanza e nel silenzio che le geografie ci impongono.

Ho dunque disegnato (per nostalgia, e per tener vivo il dolore che significa non indifferenza) le parole corrispondenti al suono del pensiero che oggidì indica il contenuto del testo intero de la ‘Sensibile’. Perché in quel lavoro scientifico/letterario ho cresciuto i miei ragazzi. Ricordo che accompagnavo il pudore di quella giovanissima paternità con le parole e i suoni di certa musica pop del tempo che fu.

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Dunque questo mio dichiararmi esterno a te ti offende. Uno nato, uno non ancora nato: a causa della ‘negazione’ della nascita, a causa di una ignoranza di uno di noi che non sa le cose che toglierebbero la confusione teorica di fondo (che adesso affligge definitivamente la nostra cultura). Nell’utero si stabilisce rapidamente l’ambiente più stabile possibile. L’acqua è una carezza continua. Molti mesi. Poi. L’azione muscolare delle contrazioni: le mani carezzevoli dell’utero, che fino ad ora proteggevano la sfera liquida, adesso invece spingono. Spingono per quanto è indispensabile il feto decisamente verso fuori.

Eh che momenti! E il tempo che non si conta.

Dopo: la luce è accecante tanto che gli impedisce di cogliere la sfida amorosa delle braccia che si sono via via spalancate durante l’attesa del parto. Le vele delle navi le ali degli uccelli gli sbuffi di vento i refoli di vapore di certe nuvole le scie degli aerei e i fremiti sull’acqua e i quarti di tono gli renderanno durante la vita quella condizione. Sono innumerevoli i processi intra/psichici che si ripeteranno evocando il ricordo somatico della nascita. Nelle distrazioni della coscienza ci saranno altre possibilità di benessere sorprendente e non prevedibile. L’atto di addormentarsi è tuttavia il gesto estremo ripetuto di igiene psichica fondato sulla traccia mnesica della nascita: l’approdo sempre ripetuto che fa la realizzazione mentale della propria ‘legittimità somatica’ definita ‘pensiero irrazionale umano’. È la discesa nel sonno, l’addormentarsi: riproposizione  della capacità congenita del neonato di immaginarsi soggetto senza (prima della) conferma di sé attraverso il contatto fisico con l’altro essere umano.

Il nesso non cosciente realizza un benessere: il volo aereo conduce specificamente ai bordi delle cornici dei capolavori. Fin dentro al campo della pittura. I fiamminghi ritraggono bene la luce dalle finestre e le quiete presenze umane in stanze lunghe. Essi disegnarono benissimo la potenza del pensiero umano. L’estetica cromatica di quello che ora si può esprimere come: il rifiuto della gratificazione di cui siamo capaci dopo la nascita. La luce nei campi di pittura dei nordici dice bene perché convenga essere nati.

A noi spetta adesso di circoscrivere la vita alle nostre spalle. Senza di che il rifiuto sarebbe percepito come invito ad una identità impossibile ed evocazione di una integrità mai esistita. Questo il disastro teorico implicito nel freudismo. Se la nascita non esiste e non esiste un io alla nascita rimane lecito aspirare a ricreare la calma prenatale.  Tale tendenza è invece la fantasticheria della pulsione di annullamento.

Guardo le figure che evocano un nord antico attualmente sparito. Sono immagini di stanze purificate dall’ostetricia affettuosa. Volumi d’aria risonanti le onde del travaglio che, figurando gli scomparsi amori di donne e uomini di una borghesia commerciale, pure nell’animo attualmente turbato lambiscono la composizione scultorea di madre e bambino una di fronte all’altro.

La domanda senza tempo resta: quando è stata l’irreversibilità, insomma la cesura definitiva, il punto senza ritorno della nascita? ‘Lei’ cerca ancora smarrita (dentro di sé, poi attorno a sé, poi scrutando intensamente ‘lui’ che è appena nato) le tracce del punto incorruttibile dal quale tracciare dietro ‘lui’ un limite sicuro. Un fiume a traverso invalicabile. Perché è là (oltre quel segno) -che corrisponde alla nascita- che il parto ha deposto il neonato. ‘Lui’ peraltro mostra di saper assai bene come restare con ‘lei’ mentre respira fuori dal mondo di prima. Un mondo cui dovrà essergli impedito tornare perché riattraversare il fiume, da questa nuova riva all’altra -perduta nel buio della biologia muta/ sarebbe un guaio rovinoso per ‘lui’ com’è  adesso ad esplorare quieto.

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