Posts Tagged "realtà"


voci nel deserto


Posted By on Lug 16, 2017

Dunque l’amore è concretamente esistente. Fondato sulle creste neurali della architettura encefalica, tuttavia irriducibile alla pura rappresentazione chimica ed elettrica della biologia, è realtà sviluppata nella giunzione bio-fisica tra il rumore sordo della materia organica e il canto modulato dell’ideazione.

Non solo dell’amore si dice, ma di tutto l’inafferrabile. Tutto ciò che si genera alle giunzioni. Pensiero di base che definirei la certezza di non morire del pensiero medesimo.

Ma l’io solo disperatamente conosce lo sfrigolio sommesso delle correnti chimiche che lo attraversano. E genera metafore per afferrare un serpente lungo una delle anse che compie per correre chissà dove.

L’amore concretamente si manifesta- dovesse accadere- nel calore tra il palmo della vita anelante e i muscoli di animale che le successioni propongono.

Quando una accorta contrazione di afferramento blocca il serpente noi torniamo all’origine con il dito affusolato di nostra madre finalmente chiuso nella piccola mano stretta attorno.

Da sempre la gioia è un attimo tra di noi. Che non si può fermare.

Compreso questo ho cambiato il setting. Gli ho impresso un movimento legato alla mia persuasione attuale. Nelle due ore ogni volta che ascolto subito prima di rispondere mi alzo piego la mia seggiola leggera per portarmi più vicino a chi parlava. Ogni volta qualche passo poi mi siedo di nuovo accanto ad un altro e ad un altro….

Ascoltando e discorrendo cammino per questo deserto disabitato ma percorso da fili di voci. Come un sogno da sveglio. Loro sono ombre. Solo il serpente del pensiero è realtà.

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l’aria sottile della ricerca


Posted By on Mar 6, 2017

Il pensiero rivolto alle cose del mondo riceve la frustrazione di non saper misurare una volta per tutte nessuna cosa. Un abbraccio non è mai uguale ai precedenti perché nessun abbraccio consente di sapere come si deve replicarlo per averne uno di identica appassionata tenerezza. Da questa tensione -incredula dei propri fallimenti di duplicazione- origina la matematica. Che soffre in eterno di non trovare una prova finale della propria appropriatezza. Lei, nata quasi divina, non è capace di liberarsi per sempre delle cose. Perché le cose hanno natura discreta e continua. E sebbene la realtà sia indiscutibilmente piena di fascino essa rimane intrinsecamente contraddittoria. Il numero e le cose si rispecchiano ma non si corrispondono definitivamente. Così a volte la matematica pare reale e le cose simulacri del numero. Ma poi, se si vuole scomporre ogni forma discreta dividendola progressivamente, si ottengono infiniti tratti componenti: che vuol dire che la scomposizione richiede una durata imprevedibile. Il pensiero si arresta perplesso del suo ininterrotto svolgersi all’interno di sé. Sono incantesimi fiabeschi. Come se l’imperfezione di ogni misurazione dipendesse non dal deficit di uno strumento ma dal non essere mai capaci di disporre a piacimento del tempo necessario ad una corretta nostra applicazione ad ogni cosa. Perché il tempo è ovunque ed è dunque un componente della natura di tutto ciò che è in natura. Essendo noi composti anche di tempo non possiamo distinguere il battito del cuore dal fremito e dalle vibrazioni di fibrille del tempo che vive in ogni cosa di cui cerchiamo di conoscere il valore. Così va che per gemellaggio e partecipazione qualcosa si perde librandosi in aria. La delusione di una mancata corrispondenza definitiva ed esatta tra la domanda e l’oggetto fa l’aria sottile della ricerca.

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A proposito della natura fisica della realtà mentale…

L’universo è casuale? Sono convinto che Egli non giochi a dadi”, scrisse Albert Einstein a un collega nel 1926. Ripetuta negli anni, questa citazione divenne la negazione per antonomasia della meccanica quantistica e della sua ipotesi di casualità. Un esame più attento, tuttavia, ci rivela che Einstein non rifiutava la meccanica quantistica e il suo indeterminismo, anche se riteneva, per fondate ragioni scientifiche, che la casualità non potesse essere una caratteristica intrinseca della natura. Oggi molti filosofi sostengono che la fisica sia indeterministica e deterministica allo stesso tempo, a seconda del livello di realtà considerato. Questo approccio risolve il dibattito tra determinismo e libero arbitrio. Anche se il comportamento delle particelle fosse preordinato, le scelte che facciamo possono essere libere perché le leggi al livello inferiore che governano le particelle non sono le stesse che al livello superiore governano la coscienza umana.

(di George de Musser – ‘Le Scienze’ – 2 novembre 2015)

 

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Faccio pensieri prevalentemente stupidi e dico stupide cose e stupidamente vivo e mi muovo quasi inebetito senza un fine che valga la pena. Per caso ogni anno non più di due o tre volte, senza programmazione né cosciente volere (che forse inconscia sempre resta una attrazione eterna) mi godo una parola e il suono di una seggiola spostata rumorosamente di una che mi si avvicina cambiando di posto al bar per bere il caffè e parlare insieme. Non porta mai a ‘niente’ se è questo che ci si chiede leggendo, ma non è giusto dire che sia esso un avvenimento stupido e senza senso, dato che la relazione di vicinanza e conoscenza con una donna è l’unica cosa che mi fa pensare allegramente e sorridere perché è ‘movimento’ e anzi proprio ‘attività’ umana potentemente simbolica ed è pieno di contenuti di sessualità e sanità.

Sto bene ma in modo assai meno significativo quando osservo il sole e la luna e il mare e la natura dei monti e la neve che mi riportano alla scoperta di certe capacità di scrivere scivolare leggero o accedere al ricordo di certi antichi successi dopo impegni assunti e portati a termine. In quei casi c’è soprattutto il sapore del ricordo, non ci sono l’erotismo e la speranza. Solo l’esattezza di un bilancio che faccio da solo in mezzo alla natura e non so amare pietre e sabbia.

Dunque in genere io penso inutilmente secondo una fisiologia di base, una forza di espressione puramente elettrica. Seguo e sono trasportato e spinto dall’inerzia potente della biologia mentale. Penso come tutti continuamente e non ci sono molte cose che valgono la pena. Il pensiero si serve di sé e anche di me per certi impegni esclusivamente finalizzati al suo essenziale sostentamento. L’amore è un lusso. Le emozioni devo coltivarle e allora dico che studio, però veramente è passeggiare tra i rovi e i frutteti e ferirsi è un vantaggio. Le gocce di sangue si succhiano per ricordare tremare e raccontare la sera contro la noia di sempre.

Il pensiero prevalentemente sono cose che non valgono la pena, ronzii.

È bello la mattina uscire, forzare la serratura del sonno e socchiudere persiane e portone sbucare dalle scale sul giardino. Pensieri abbastanza inutili vengono spazzati via ‘fuori’, in un mondo fisico reale anch’esso insensato tutto venti e musica ‘rave’ composta di fenomeni atmosferici, di umidità e luce e voci, chiacchiericci, turbini e risate incomprensibili: insomma una serie di cose che accadono e non ci riguardano minimamente. Però quel pensare stupidamente si specchia bene sul niente di interessante oltre il giardino e nulla più pare inutile e il mondo prende forma.

La natura fisica della realtà del pensiero sposa le vibrazioni della luce del suono e le pressioni del tatto e le modulazioni chimiche di sapori e odori. Dallo sposalizio nascono movimenti muscolari e silenzio. Il sé o forse addirittura l’io. Non saprei.

Quando studio tutto sparisce e restano solo i movimenti degli occhi che scorrono da sinistra a destra le righe scritte e lo scroscio di sguardi precipitosi sulle illustrazioni i grafici le equazioni e gli algoritmi esplicativi e dimostrativi. Alterno silenzio e movimento. Anche ora. Alcune cose che faccio sono una lotta continua contro l’affermarsi della pulsione. So con certezza che non c’è bisogno che siano cose ‘intelligenti’. Lo stupido muoversi senza senso degli esseri umani, il fare operoso e forse più i superflui attimi di vicinanza tra donne e uomini e tra ragazzini e adulti che si interrogano attorno ai tavoli di cucine o gelaterie o si guardano in strada indecisi ogni volta se prendersi per mano o fuggire a distanze differenti: tutto questo è l’azione della vita che vince la pazzia.

La pulsione risiede in genere tra coloro che doverosamente eseguono impegni illustri e esplicano il potere su altri. Per quanto sappia che stupido è il continuo avanzare del pensiero però serve a che non sia mai inerte chi agli occhi dei potenti stupidamente vive. Chi stupidamente vive e con incertezza alterna silenzio e movimento, in colorati dubbi, sta resistendo ai poteri.

Ondeggiamo come campi di cotone ben noti. Confidando di realizzare un qualche senso con quel nostro andare e venire per tenere la giusta distanza con gli altri, specialmente con quelli che amiamo. Se è vero forse con amorevoli ma incoerenti intenzioni disegneremo tratti di esistenza decifrabili solo a distanza. Che ci sfuggono per ora. Perché siamo sempre troppo vicini a noi stessi per capire bene. Ho intrapreso una attività perché si provi a verificare se va bene, più o meno, quanto accade in una certa relazione collettiva di modesto numero. I momenti di verifica del transfert e del contro transfert, definiti secondo una teoria sistemica delle relazioni, si sono costituiti in un rapporto complesso. È la cosa meno stupida di tutte quelle che mi capita di fare.

Insieme ad altri neanche la biologia elettrica della vita mentale pare più così fatalisticamente aggregata alla materia. L’accordo conferisce una dignità ai propri pensieri come se essi non avessero più niente a che fare con le ‘cose’ fisiche e avessero consistenza solo concettuale di spiriti. Non è vero ma questo dice quale sia il fascino dello sviluppo dei primati in ‘homo sapiens’. Il principio dello stare insieme garantisce la costituzione di uno statuto di realtà per il pensiero di ciascuno.

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