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copyright Doig Peter

Umano è differente da naturale. Un uomo non diventa mai albero o lupo. Può degradare soltanto nel disumano. O rassegnarsi all’inventiva a dare la vita ad artifici, con varie finalità.

Fiori di seta scura con occhi neri al centro delle corolle per la festa horror lanciano sguardi assassini in cima ai gambi di plastica rigida.

Dicono oggi a Google che i loro nuovi algoritmi procedono non oltre (cioè una volta per tutte) ma senza (cioè in modo definitivamente differente) i limiti imposti dalla conoscenza umana.

Le tue dita affusolate conserte tengono lievemente traverso il nostro fiore assassino. La spinta killer serrata nei petali di seta è di estrema audacia: forma evidente della mia intenzione di averti tutta per me.

La natura è invece una collezione di colpe senza amore. Un campo di fiori ciechi. Non fu una caduta, dunque, l’umano: fu semmai una variante: la possibilità di esistenza di figure ignote, di strati architettonici senza il limite della conoscenza. Si può dire: “un suono dal sen fuggito”. La cupola di Santa Maria Del Fiore.

Svegliandoci una mattina da sonni smeraldini, pietre rotolanti lungo scale, cantavamo cori operai a Babele. Umana opposizione ai Regnantipergraziadiddio. Un risveglio alla Rocky Horror Show in un gergo Jiingently misto a dialetti Boogieword.

Eccoti adesso girare i fianchi grandi. Per aggirarmi. Raggirare la pigrizia del pensiero confuso di profumo. Eccoti Apparizione. Corpo di Fontana d’Apollo.

Primi giorni d’amore.

“….. sshhhfffstraffsssfffshhhh ….”

Senza i limiti della conoscenza umana.

L’amore sonnolento sul far dell’aurora ha una sua originalità inventiva su cui riposano gli statuti della civiltà delle post-macchine.

Sapremo tenere insieme la realizzazione del sesso intenzionalmente generoso e difendere questa concessione reciproca dall’applicazione ad essa della giurisdizione del dolo?

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le persone migliori di noi


Posted By on Lug 26, 2017

Forse soltanto io vedo una linea attraversare i tuoi occhi come fosse in te un orizzonte blu-cobalto irraggiungibile. La noia attuale mi deriva di certo dall’assenza di quel blu in natura. Mi sporgo sull’orizzonte perché il rischio della caduta è preferibile alla noia dell’equilibrio al di qua dei divieti.

La civiltà è immaginaria. Un fascio di rette parallele disposte come gradi di giudizio sul mio cammino. Un incontro è una traccia. L’anima visionaria un segmento incidente la civiltà della decenza. Scintille facciamo quando capita che l’anima visionaria traversa i divieti.

Chi cambia in genere si è stancato del proprio non essere precedente e si manifesta, diciamo così, con più vivida figura. Profeti -ad annunciare l’avvento di noi- certi segni disseminati nel tempo, pagliuzze dorate nel grano.

Prima del fenomeno dell’amore ci sono scosse, distrazioni, strazi di passione al rhum alla fine della cena. Un fondersi della tinta degli occhi di donne e uomini che insieme dileguano in cielo in lacrime alcoliche. Guardando te sogno lei e lei sostiene l’amore tra noi e mi pare che solo io so e che lei non sappia ma è solo apparenza forse, e tu forse sai e sa anche lei….

E comunque di certo io vedo che ti sciogli in cielo con me e in cielo come un angelo di Chagall mi prendi la mano per portarmi tra nuvole paradisiache sopra leggende contadine.

E tutti insieme con gli altri, la notte incipiente dei convivii, si arriva stranamente puntuali. E il cielo è pieno di sospiri. La mente di pensieri liberamente ispirati a bellezze tenute segrete nelle grotte del ricordo.

Ognuno di noi, alla cena estiva della maturità sentimentale, ha appreso a sostenere il dolore cosmico dei mille colori di sguardi perduti, che manifestano simulazioni di amori plurimi, tra commensali che si librano verso cupole celestiali.

Il pensiero intelligente (senza limiti) ha la pornografia dell’erotismo che gode, durante i riti sociali, tutta la nostra capacità di allusione. Il gusto specificamente umano di sempre alludere, sempre tendere e farlo fino in fondo, con coraggio. Vivere, insomma, fuggendo la miseria dell’anestesia.

L’allusione mano divina e possente spinge la passione a continuare. Pensieri numerosi non infiniti si protraggono. E nel protrarsi si sporgono oltre il limite di quel filo blu che sembrava un miraggio anomalo in un deserto e che poi si vede delinearsi negli occhi dell’altro o dell’altra.

E allora sono sguardi che chiamano chiunque abbia il coraggio di seguirli mentre arretrano nel blu mettendosi, loro, al riparo nel cuore dell’anima viva dei loro padroni.

Vedendo tutto questo grande schieramento di interi eserciti in campagne di conquista innocenti ma non incruente, già dall’adolescenza pensiero e immagine di donna si sono tenuti in cuor mio sempre assieme.

Le ragazze mi persuasero a distrarmi dall’assoluto perché bellezze ce ne furono sempre tante e scegliere fu sprecare. L’arte dello spreco sotto la frusta delle voglie prendeva tutto il tempo nelle estati come questa. Era, dell’arte, una allusione convincente.

La traccia anomala che attraversa gli sguardi ci invita reciprocamente a raggiungere un culmine e un incantato.

La vita onesta, difficile e soddisfacente, si fonda su tali esagerazioni. Visioni di uno studio e di una ricerca che va verso la bellezza di quelli che sono con evidenza migliori di noi.

Andare per il mondo privi di questa forma di amore intelligente è ingiusto.

Io credevo che sarebbe stato possibile sopportare la mia solitudine conseguente a esigenze scambiate per capricci personali. Ma è un’illusione.

La privazione dell’intelligenza nell’amore è sempre insostenibile…. perché l’amore si riassume nella competenza.

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l’aria sottile della ricerca


Posted By on Mar 6, 2017

Il pensiero rivolto alle cose del mondo riceve la frustrazione di non saper misurare una volta per tutte nessuna cosa. Un abbraccio non è mai uguale ai precedenti perché nessun abbraccio consente di sapere come si deve replicarlo per averne uno di identica appassionata tenerezza. Da questa tensione -incredula dei propri fallimenti di duplicazione- origina la matematica. Che soffre in eterno di non trovare una prova finale della propria appropriatezza. Lei, nata quasi divina, non è capace di liberarsi per sempre delle cose. Perché le cose hanno natura discreta e continua. E sebbene la realtà sia indiscutibilmente piena di fascino essa rimane intrinsecamente contraddittoria. Il numero e le cose si rispecchiano ma non si corrispondono definitivamente. Così a volte la matematica pare reale e le cose simulacri del numero. Ma poi, se si vuole scomporre ogni forma discreta dividendola progressivamente, si ottengono infiniti tratti componenti: che vuol dire che la scomposizione richiede una durata imprevedibile. Il pensiero si arresta perplesso del suo ininterrotto svolgersi all’interno di sé. Sono incantesimi fiabeschi. Come se l’imperfezione di ogni misurazione dipendesse non dal deficit di uno strumento ma dal non essere mai capaci di disporre a piacimento del tempo necessario ad una corretta nostra applicazione ad ogni cosa. Perché il tempo è ovunque ed è dunque un componente della natura di tutto ciò che è in natura. Essendo noi composti anche di tempo non possiamo distinguere il battito del cuore dal fremito e dalle vibrazioni di fibrille del tempo che vive in ogni cosa di cui cerchiamo di conoscere il valore. Così va che per gemellaggio e partecipazione qualcosa si perde librandosi in aria. La delusione di una mancata corrispondenza definitiva ed esatta tra la domanda e l’oggetto fa l’aria sottile della ricerca.

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il 23/06/2015 alle 23:27 Carla risponde a ‘quando si comprese come la scoperta della nascita fondò una scienza per la libertà’ 
“Si può dire e si deve anche dire allora che certi modi di usare ed intendere le parole così come il fare un certo tipo di ricerca in psicologia non hanno a che vedere con la libertà di una ricerca.

Non mi sento in un certo senso libera da tempo, mi viene da dire, e ce n’è finita lì in mezzo di rabbia, di disperazione.

Fare le cose, ‘fare’ addirittura la pigra contadina, l’odio per non riuscire a comprendere. E poi ancora, la ricerca che si opponeva a tutto ma in fondo (alla fine) c’era sempre il medico che parlava di nascita.

“Non ne ho una. Credetemi. Vi dimostro che è importante, che è importante per me! Che mi sento morire, credetemi. Guardate. Leggete, venite con me… Di vita si muore, non lo hanno anche scritto?’’.

L’ultima cosa che mi sono messa a fare è iscrivermi proprio ai due anni di magistrale in psicologia. Lo confesso, ora… per odio mi sono iscritta.

E ora posso confessarlo, perché posso e voglio dire che non è libertà quella di una ricerca che non fa ricerca su nascita, vita e morte. Non è ricerca e non c’è libertà nello scegliere (il libero arbitrio) di non vedere quanto da decenni la scienza psichiatrica è riuscita a raggiungere con la scoperta sulla genesi e fisiologia del pensiero. Non è ricerca, non è libertà oggi fare psicologia come la si fa nelle istituzioni.

Ai limiti… a me interessavano i camici bianchi dei medici. Lo stetoscopio intorno al collo, i capelli arruffati di chi attraversava la corsia dopo il turno di notte. La psichiatria dentro la stanza di psicoterapia. I racconti del medico di come fa il medico. Questa mi sa di ricerca. Ricerca per curare, e il curare per fare ricerca.

Ho un corso da ultimare e ora come ora non sento più il bisogno. Se io mi stia curando pervicacemente dall’odio non lo so, l’ho pensato però.

E penso che la faccenda della libertà sia un’urgenza. Per me. Noi. Per misurare i gradienti di gioia e dolore, quantomeno. Per liberarmi finalmente della richiesta altrui di libertà… che non comprendo.

Non comprendo più.

Non comprendo più che non si comprenda… e si deve essere liberi di dire che certi modi di fare ricerca sono pensieri violenti per quanto stupidi, finalizzati soltanto a rendere schiave le persone dal momento in cui vengono alla luce.

Troppo?

Sì… troppo… esagero sempre quando scrivo, esagero sempre quando amo, e in fondo anch’io posso liberamente ammettere ora che le lettere più belle che io abbia mai scritto avrei voluto che venissero scritte a me.

Posso dire di essermi amata tanto, allora.

Per il resto, mi serviva appena un bagliore di luce sull’acqua marina, un odore di sale e pane, il luglio dei primi giorni in cui sono nata e le passeggiate tra i cori delle cicale che mi hanno raccontato da grande. Un’ora di pineta. Un canto per regalarmi ancora oggi tutto un universo che vado a disegnare sul contorno degli occhi altrui. Mi basta poco.

‘’Anch’io sai che…’’

”Sono io”.

Il riverbero.

La risonanza.

L’immagine diceva: C’era una ragazza seduta al piano. Un concerto. Musicisti ‘veri’, un ragazzo alla tromba alto e sottile come un filo guidava camminando tutti gli altri. E lei così bella, sorridente. Aveva anche un nome. Poi arriva il finale. E lei, che non aveva usato il pedale di risonanza, quasi per rimediare all’imprecisione della propria esecuzione, usa l’effetto del riverbero sulle ultime note. C’era bisogno? mi chiedo.

Ora.

Si può essere storditi dopo una giornata come questa, quando si è deciso di andare per i campi a ripulire i filari degli ulivi sotto al sole, con l’odore pungente del finocchio selvatico nel naso, il falco che vola alto e ramingo sulla testa, il fagiano colorato che attraversa la siepe di rovi. Si può essere storditi in una notte come questa, ma ho lasciato l’odio a casa, con il libro di Pedagogia sperimentale e statistica accanto. Mi serviva per recuperare gli articoli sul terzo pedale dei pianoforti, l’effetto del riverbero, e metterli insieme alla faccenda della libertà che mi toglie il sonno. I primi due anni di vita e di pensiero dalla nascita in poi. Elettromagnetismi e la scoperta della nascita che ha succeduto di 67 anni quella sulla relatività ristretta.

Andare avanti procedendo tra i filari.

Di quei due anni, successivi al momento in cui la luce ha colpito la retina, si misurano, con il linguaggio di cui oggi siamo o non siamo capaci, i gradienti di due vicende prettamente umane: amore e separazione.

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virgolette


Posted By on Apr 12, 2015


Ho visto il trailer de “La Giovinezza” di Sorrentino. Austero. Epico. La giovinezza è letale se declinata (come un verbo) al presente/remoto. Scommetterei su una seconda grande bellezza. Esseri alati -angeli o fenicotteri- sono di nuovo atterrati, stavolta in forma di eternauti. Una specie ‘giovane’ che durante il volo, penso io, ha alternato veglia a sogno. Una evoluzione di esseri senza sonno. Per i quali la coscienza è la funzione che unisce ininterrottamente, con cinica noncuranza sulla sorte della propria singolarità, la nascita alla morte. Con l’estetica rigorosa del tempo la ricerca si prende cura di ‘tutto’. Vuol conferire alle figure l’eleganza della carne e la potenza dei marmi. Pigmalione inverso il regista/scienziato ha intenzioni di ‘liberazione’ reale delle ‘cose’.

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