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Dicevo ieri, o appena prima, che mi risulta evidente come il ‘soggetto’ abbia necessità di essere libero a causa della sua congenita imprevedibilità. L’io del soggetto ha specialmente la soggettività. Però non mi pare che ci si sia mai pensato abbastanza. Si parla assai ma a capirsi ci vuole che ognuno ascolti intanto quanto lui stesso sta dicendo. Capirsi è capire ognuno se stesso essendosi presente. Non dico conoscersi in termini socratici perché quella è un’illusione per farsi belli dei filosofi. Dico scoprire come è buffo ‘essere’. Che essere può essere causa di allegria per via di quell’io tanto osannato per le sue pretesa coerenza e incorruttibilità anche e soprattutto nel ‘male’. Il quale io invece resta, da altri punti di vista, generalmente e principalmente impreparato a sé.

Vedo galleggiare di luce riflessa sulle onde mosse dal maestrale l’ingenuità del progetto che si scrive sulla carta intestata dell’Impresa Futuro.

Questi giorni mi ripeto che ‘bisogna’ nascere per volere il diritto alla disuguaglianza e rifiutare la costrizione all’equilibrismo egualitario. La psicologia è scienza del soggetto. Non è una morale cui l’io viene consegnato in custodia. A causa del fatto che l’io resta generalmente impreparato a sé esso deve godere dello statuto di libertà e la psicologia -che è scienza dell’io- deve essere necessariamente scienza dei gradi di libertà che al soggetto sono essenziali. La psicologia può parere, detto così, una scienza ‘in forma’ di poesia: invece, una volta escluse pretese etiche o giuridiche, è un nucleo duro di definizioni accurate di singole sfumature che bisogna riconoscere per rendere tollerabile alle donne e agli uomini l’impreparazione costituzionale del soggetto degli uomini e delle donne. Il soggetto dunque resta ‘centrale’ nella riflessione antropologica portando con sé la propria caratteristica di essere evento di ‘frontiera’.

Le parole della psicologia dovranno trovare suono di flussi elettromagnetici, forma di trecce lunghe di capelli di uomini e donne. Saranno, tali beltà, corone di aglio sulla porta contro il vampiro: la morale che essendo una legislazione deve restare esclusa dalla psicologia. L’etica giuridica è indispensabile alla promulgazione delle leggi che devono separare le libertà dagli obblighi per garantire gli ambiti della scienza psicologica. La scienza psicologica, una volta liberata da valutazioni morali, si occuperà  della natura libertaria del soggetto cercando, per le definizioni dei gradi infiniti di gioia e dolore, gli stessi elevati standard di approssimazione che sono necessari per le misure dei fenomeni del mondo esterno all’io e alla relazione.

La psicologia, che danzi o si nasconda tra rocce, è essa per prima una forma di pensiero teso alla libertà.

1972 – IDMEC (*) – mf(**). La vita dopo la nascita è differente dalla vita senza la nascita. I più lamentano una estenuante sensazione di mancanza di libertà. Non si sa attualmente quanta parte della psicologia sia venuta a conoscenza di IDMEC. È possibile, in caso di tale esclusione, che quella parte della psicologia reagisca in termini giuridici e non psicologici all’evento del parto e distrugga o danneggi involontariamente (!!!) con stime di ragioneria, la soggettività sbilanciata dell’io appena nato, la maschera viva del clown-ragazzino che viene al mondo.

È peraltro attualmente assai difficile dire, coi termini usuali, una scoperta e le conseguenze dirette della scoperta: essa stessa, con un linguaggio precedentemente sconosciuto esprime la sua proposizione teorica, e sembra privare di ogni legittimità l’ordito di nessi tra storia cultura e lessico che stavano alla base dei linguaggi precedenti. (***)

Intanto. Tutti si entusiasmano a lodare, gridando sommessamente come schizofrenici manierati, la ‘vita’. Ma l’immagine di che sia la ‘vita’ non va al di là del riferimento certo all’attimo della potenza riproduttiva dello zigote. Servono il prete il farmacista il sindaco il medico condotto e il barbiere a riunirsi ogni sera per prendere una decisione in merito alla comparsa dell’umanità prorompente del neonato pochi attimi dopo la sua venuta. La vita umana non è stata ancora identificata con la emergenza del pensiero umano alla nascita.

Ma scrivono ipotesi o impongono decreti. E non sapere della nascita dell’io alla nascita sottrae al bambino la sua connaturata soggettività e lo espone alla pedagogia che è un corpo di norme capricciose e contraddittorie. La psicologia, dopo questo annullamento di IDMEC, è rimasta essa stessa una pedagogia: non una scienza della libertà ma uno strumento di conformità e legittimazione puramente giuridica di un soggetto privato del sé. Dunque ufficialmente essa psicologia può solo insistere ad esistere. A tentare la vita. A NON esserne tentata.

(*)Istinto Di Morte E Conoscenza (1972, Roma)

(**)massimo fagioli

(***) si vedano le altre opere del medesimo Autore presso ‘L’Asino d’Oro’ Edizioni

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Marx…. E poi filosofi si sarebbero dovuti applicare a cambiare il mondo. Cosa che regolarmente non avvenne. Ma non ci sarebbe stati comunque abbastanza mondo da cambiare. Di fatto ad un certo punto il marxismo è diventato insufficiente: fu nel momento che Einstein ha intuito che il rapporto spazio tempo, relativamente alla natura fisica della luce, si distorceva per lasciare intatto un numero che esprime una relazione la cui natura, ad un esperimento di puro pensiero, parve inalterabile. La cifra che esprimeva la relazione è tanto famosa quanto poco importante. Quello che conta è che la massa degli oggetti in movimento non resta la stessa mentre ci si avvicina a quella cifra. E ad un certo punto diventerebbe imprecisata e non misurabile, infinita. In realtà si tratta di una impensabilità non di una infinità. Il tempo rallenta, la massa si addensa, il pensiero si perde. La realtà fisica cambia e il pensiero fa fatica a seguirne le espressioni. Si fa strada il concetto di orizzonte degli eventi di fronte al collasso gravitazionale dentro le stelle di neutrini, da cui la luce non può sfuggire. L’intrappolamento della luce propone una trasformazione che non è superamento. Un universo che non è prosecuzione di questo. Einstein propose una poesia del modo di essere della realtà del cosmo, che il pensiero filosofico non aveva previsto e che non fu in grado di perseguire coi suoi strumenti. Dio non gioca a dadi e l’uomo si. In questo la non pretesa né invocata superiorità.

Poi. I dadi sfuggirono oltre l’orizzonte degli eventi e la filosofia che non è riuscita a trasformare il mondo diventa sistema di pensiero di un mondo differente. Da accettare. Si tratta di ipotesi di mondi diversi o di differenti relazioni all’interno della realtà cosmica. Si effettuarono esperimenti di pensiero, mettendo in gioco una capacità di immaginare. Il pensiero inconscio, che non è riducibile a linguaggio verbale, perché non è stato mai pensiero verbale, scrive la velocità della luce di trecentomila chilometri al secondo e non ha altre parole corrispondenti. Il pensiero si appassiona a queste sue modalità di raccontare le proprie prese d’atto di un mondo strano alla propria periferia. E le periferie del mondo sono dentro il mondo. I buchi neri sono dentro le galassie. Enormi eventi energetici al centro delle galassie. L’orizzonte non è una linea nello spazio: è scomparsa di notizie relativi ai fenomeni al centro dei fenomeni medesimi. Così noi potremmo pensare la frazione seicentomila chilometri al secondo ma non ci serve per la lettura della realtà fisica, perché in corrispondenza di essa c’è una ‘inevidenza’: un’idea certa che a quella velocità non ci si arriva se si vuole continuare a pensare una massa, insomma una estensione.

La velocità della luce forse è una realtà interna di pensiero. La non concessione al cosmo di una velocità ulteriore, di una frazione di tempo il cui denominatore sia raddoppiato o esponenziale, non ha parole -perché non ha bisogno di giustificarsi- e però diventa, solo dopo, un linguaggio che esclude la possibilità coerente del fenomeno in discussione. Allora allo psicologo, che cerca le leggi della narrabilità e della inenarrabilità, della legittimità e illegittimità dei processi mentali, pare che Einstein abbia espresso, mentre scopriva e rappresentava panorami ricomposti del mondo, non solo una grandezza fisica di riferimento, ma anche un limite ulteriore della filosofia della natura, come un pre-socratico di duemilacinquecento anni fa….. duemilacinquecento anni dopo. Abbiamo adesso, rispetto ad allora, meno vaghe intuizioni: perché si sono collocati meglio i confini e scoperto che noi confiniamo al nostro interno con orizzonti che non sono linee ma eventi. E scoperto che l’oltre neanche in fisica è spaziale, e che semplicemente, come sempre, l’oltre -preteso inaccessibile- anche questa volta è una nuova contrattazione a proposito delle etiche della pensabilità dei mondi. Che Marx sbagliava perché non si trasforma la realtà. O meglio che non ci sarebbe stato il ‘progresso’ come piano inclinato alla provvidenza dello spirito, sul quale esercitarsi a trasformare quote di realtà continuamente emergenti. La legge della sostenibilità è arrivata fino alle falde del discorso filosofico, persino quello anti-idealistico. E allora, a questi confini, è semmai la realtà che trasforma il nostro modo di pensarla.

Ricordi, quando si riuscì a estendere universalmente il suffragio sotto la spinta delle ragazze per le strade.

La comprensione delle leggi nuove è impedita sempre da una morale coattiva insita nei processi mentali. La ricerca in psicoterapia dice che il pre-verbale resta senza parole anche se mai senza effetti, e che molte parole sono per impedire tali effetti. Il pre verbale, che è condizione del primo anno di vita, non verrà poi spiegato negli anni successivi. Verrà dimenticato e protetto. Le interpretazioni sono spesso violente. Einstein non si capirà con successive spiegazioni, ma nel gesto di una trasformazione del modo di pensare precedente. Sempre, appena abbiamo capito qualcosa, si scopre inutile parlarne. Finché parliamo delle cose noi non facciamo che dire le difficoltà e non le conquiste. Liberarci di un dio che non gioca a dadi non sarà facile. Einstein stesso non riuscì ad accettare le conseguenze implicite nella sua proposizione sul mondo. Altri fanno la stessa cosa. Rinnegano il proprio geniale mondo non cosciente che detta formule matematiche per non cadere nella furia divina.

Ma dopo trenta anni di ossequio alle regole viene il pensiero. Dopo il silenzio delle dissertazioni viene un attimo di immoralità. Quanto mediamente dura il tempo che un neonato rimane sveglio dopo il parto? E se c’è una durata media che possa essere pensata come relativa ad una fisiologia della nascita ancora ignota, quell’intervallo ha delle conseguenze nella organizzazione del tempo delle nostre giornate? Nella ripartizione di amore, lavoro, ricerca e accesa solitudine. Perché una seduta dura un’ora un film mediamente due ore e quasi nulla che pretenda una partecipazione attenta e condivisa supera questi limiti? E perché un’ora dura quello che dura? Le ore, in natura, non ci sono. La scelta della durata di quello che è tempo orario, quella precisa frazione del giorno che ci siamo reciprocamente scambiati… da dove ha preso la forza di imporsi come armonica universale condivisione delle durate….?

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seduzione rudimentale


Posted By on Mar 13, 2014

La seduzione rudimentale, ho trovato da qualche parte, e la mia storia non cosciente si è svegliata mentre leggevo le due parole e ascoltavo la loro unione, quello stare insieme. “Seduzione rudimentale”. È stato un accorrere di qualcosa da ogni parte delle circonvoluzioni della corteccia, sulle piazze dell’ideazione che nella struttura cerebrale sono illuminate dagli sciami di termiti che lasciano il termitaio certe notti e irradiano il cielo di nuvole silenziose. E minacciose, come ogni fenomeno di magica ottusità della natura, che ha la ‘natura’ di essere incurante e priva di qualsiasi riguardo. Gli esseri umani definiscono ‘bellezza’ il sentimento del proprio incanto provocato dalle scie di nuvole di champagne nel cielo sopra le case svuotate degli insetti volanti. Esistiamo inconsapevolmente proiettando dovunque attorno cose invisibili, assai più energicamente di quanto non sia potente la nostra capacità di pensarci mentre pensiamo. Così, nell’esperimento mi hanno fatto leggere quella coppia di termini (seduzione rudimentale) e il medico sperimentatore, di là dal vetro termico della stanza delle radiografie in cui mi trovo da trenta anni, sotto osservazione da parte dei miei solo apparentemente premurosi amori lontani ed esigenti, deve aver registrato un grande scintillìo alla Risonanza Magnetica ad Emissione di Positroni. Mi sono acceso come una lampadina. Incandescente ti accarezzo da qua con sottili propaggini, con l’atmosfera fumante di sostanze volatili sviluppate dall’onda emotiva che si origina nella caldaia di fusione delle due parole in questione, le parole: ‘Seduzione’ e ‘Rudimentale’. Sono tutto cellule sul fronte della guerra, truppe mobilitate lungo il confine oltre il quale sorgerai, dovessi mai tornare, nel modo come immagino che accadrà. Guerra non è una parola crudele, come la uso io in questo contesto. L’anima mia -la mia mente inconscia- senza saper spiegare come, la priva di elementi offensivi, se ne serve con la certezza di averle tolto ogni implicita ferocia. Guerra è per dirti che ingaggio duelli oceanici in regate equatoriali per tenerti accanto quando sparisci. Succede da quando non muoio più se te ne vai perché non confondo più la separazione con l’abbandono. Mi ci è voluta la vita intera a riuscire e ad essere certo che dall’acquisito durante una cura non si torna indietro, che l’annullamento -qui- è risolto e dunque ‘qui’ è dove la separazione diventa nascita.

È avvenuto per aver ceduto alla richiesta di esercitare, durante la ricerca, la curiosità verso i sogni apparentemente terribili. La passione per l’annullamento, dicesti secoli fa. Io dissi che era bellissimo. Ora aggiungo: il suono dell’incoscienza di pronunciare la parola ‘annullamento’ lo scioglie per sempre dal gelo della pericolosità e dell’impraticabilità. L’annullamento, sciolto dai legami di terrore di dover essere sempre solo pensato silenziosamente, viene detto adesso e poi viene rintracciato ed indicato dentro i fonemi e si stabilizza nella rete connettiva delle costruzioni adatte a rendere possibile affrontare la morte del pensiero attraverso le creazioni variabili dell’abilità linguistica. Per altro, e al contrario, so con sempre più chiarezza che il destino della pulsione non può essere sempre virtuoso, e non ci si deve mai scherzare. In altri campi della vita, infatti, in differenti situazioni, molte volte non va così come adesso, e la separazione viene vissuta come abbandono e morte.

La scienza del pensiero e i metodi dell’intervento terapeutico della malattia sono ancora approssimati, si tratta davvero di una scienza rudimentale che si è avvalsa, per questi primi millenni, di un unico approccio ruvido e sensuale. Serve un lavoro simbolico per riunire la realtà fisica del pensiero alla natura di realtà materiale della biologia cerebrale. La materia della biologia lascia svolgere la fisica in differenti stati d’azione che fanno il fraseggio del nero, e realizzano differenti e variabili intensità e profondità di inflessioni sentimentali. La fisica degli stati della nostra mente è la nostra ‘anima mortale’. E ci lascia fluttuare come fili al vento su una cascata di mercurio acido, o su una foresta di antenne paraboliche, o su un mare di radiotelescopi…. e allora noi siamo in grado di esercitare il riconoscimento dell’amore e dell’odio. Ma proprio l’espressione di questi stati contrapposti conferma che la materia, ineludibile, ha una inerzia che ogni volta si vince ma che, anche vinta, nel recuperare il suo muto esistere senza senso estetico o comunicativo, 1)regala ai sistemi di realtà materiale solidificata al sole e all’acqua, la stabilità che consente di ipotizzare una tendenza, e 2)sottrae l’illusione di un automatismo di elevazione spingendoci talvolta, per ‘gravità’, sulla china scivolosa dalla quale potremmo precipitare nel mutismo e nella cecità. La pulsione, che è caratteristica della materia da cui origina il pensiero, lascia sfuggire la consolazione dell’attività cosciente, che è fase residua di un intero processo inesauribile, e quell’attività cosciente ha l’incoscienza di ‘scegliere’, di ‘decidere’ il terreno adatto agli incontri fondanti e necessari a portare avanti la vicenda di ciascuno dei molti romanzi di formazione che sono le nostre vite. La ricerca però non può essere confinata alla coscienza, e deve poter toccare la funzione più accosto alla materia, la superficie radiante il pensiero di base, il pensiero che ha la caratteristica continuità della funzione, il pensiero che non sa pensarsi…..

Torneremo a parlarci? mi chiedo e sono certo che succederà. Uso l’idea di un’amore per la ricerca di quel pensiero irriflessivo, quello che il tempo incide in altissima definizione, raggruppando le particelle elementari componenti l’immagine mentale di ‘te’ non più come ‘figura’, ma esclusivamente come ‘misura’ di una serie coesistente di variazioni di densità delle fibre, che serrano il legame tra ‘noi’, innervando di filamenti ogni singolo elemento ammassato (ma forse devo dire sperduto) in ogni punto dello schermo. La genesi dell’immagine dall’assenza è una ricerca difficile, che sta tra la cura della malattia e la formazione artistica: si vince l’opacità del mondo naturale con la ‘violenta’ leggerezza del filo di un disegno e l’accuratezza che separa i lembi dei tessuti da operare e guarire, con la destrezza di un ragionamento affilato nel modo della lama del bisturi. La cura fatta di parole implica di comporre il linguaggio senza pensare, rispettando la torsione della filatura della seta che viene tirata via dai bozzoli del tempo che è stato necessario a forgiare ogni singola parola durante la storia umana. Sarebbe riposante pensare che si possa ricamare il rammendo sullo strappo come si vede alla fine del film di Bunūel “Quell’Oscuro Oggetto Del Desiderio”. Ragazze in vetrina non in vendita, non ostentate ma intimamente fuggevoli, a mostrare -fintamente ottuse- nell’incarnato della pelle chiarissima, intatta, la materia del pensiero nascosto identica alla biologia cerebrale. La biologia preziosa serrata nel buio del cranio, serbata intatta dal primo momento, che è una terrazza sul mondo, una finestra del palazzo sul lato opposto della strada, di fronte alla natura ottusa, la natura non umana, che il pensiero non c’è l’ha.

Ragazze come esempio per dirti quello che amo: il senza pensiero della distanza che tiene il mondo nella memoria, donne cinematografiche tutte tessitura e ricamo e rammendo, ragazze chiare tutte “sai ti pensavo…”. Non temere sono solo e resterò, presumibilmente, in questa condizione assai a lungo. Come una statua nella mia poltrona guardo la stanza e gli occhi trovano le coperte che colorano i divani e l’altra poltrona di fronte alla mia. Più che letteratura romantica si tratta di toccare stoffe accoglienti e colorate, fantasia/ricordo di divani sui quali si sono svolte attività di cura studio e riflessione. Separati. Profondamente simili.

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Sul numero attualmente in edicola di LE SCIENZE  l’articolo “La nostra mente inconscia”. Finalmente una certa chiarezza. Gli studiosi americani hanno definitivamente concluso che le troppe parole di Freud sull’inconscio non hanno nessuna conferma scientifica. Essi gentilmente ma decisamente escludono ogni legittimità alla retorica letteraria di un inconscio che nella notte riproduce incessantemente le angosciose scenografie edipiche. Infine, e qui si sfiora l’ironia, siccome il cervello è ‘uno’ …. pare questo un ‘argomento’ sufficientemente solido per ipotizzare che anche il pensiero possa essere rappresentato come funzione singolare e intera. E dunque il non cosciente, essendo un processo del pensiero, un modo della attività mentale cerebrale, è anche un processo nel pensiero ed ha continuità e identità di fisiologia inesauribile ininterrotta e ‘inseparabile’ dalle azioni della coscienza. Essendo il pensiero funzione coerente della intera attività cerebrale, non si sono trovate vie sinaptiche preferenziali, né strutture anatomo/funzionali dedicata alle funzioni di coscienza e non cosciente. Senza alcuna reale localizzazione il simbolismo topologico freudiano   (ma non solo freudiano….) sul non cosciente, non si regge e decade: da utopia dell’irrazionale (poco importa se buonissimo o cattivissimo oramai) a funzionalismo atopico. Più che una scienza è un vizio riferirsi al non cosciente come a qualcosa di isolato che sarebbe risolubile e poi slegato da forme di pensiero differenti, con azioni di individuazione certa, una volta per tutte. Di per sé, come attività isolata, specifica ed autonoma, esso semplicemente ‘non è’, insomma isolato non è ‘plausibile’. La scienza ‘gli’ sottrae il tempo. Si potrà aiutare una persona a cambiare, ma non basterà risolvere il problema (a livello*) inconscio. Dovrà diventare agente consapevole della propria cura e poi della vita che viene. Sarà felice della certezza di quanto è accaduto negli anni della psicoterapia. Sarà tutta coscienza ridente, se vogliamo. Ma lasciamo adesso il problema ai cultori della disciplina.

Le sperimentazioni psicologiche citate nell’articolo, provano che siamo costantemente sottoposti alla azione di funzioni cerebrali che ci sfuggono, che non possono essere coscienzializzate diciamo così, in tempo ‘utile’, e che esse agiscono indirizzando ogni nostra ‘decisione’. In relazione a questo dato non ci sono dimostrazioni del primato della coscienza sul non cosciente. Non pare che ci siano strutture anatomiche per portare l’uno all’altra. Si tratta di fisiologia e dunque si tratterebbe, inevitabilmente, di differenza di funzioni della medesima struttura anatomo-biologica svolte contemporaneamente e incessantemente. Dunque l’inconscio esiste, ma …. non è freudiano. L’inconscio e la coscienza confluiscono nella azione del pensiero. Quello che possiamo dire è che, su tali funzioni, da tempo si indaga, nel contesto del rapporto indispensabile alla relazione terapeutica di psicologi e psichiatri. E che ‘transfert’ e ‘contro transfert’ sono i parametri clinici  del rapporto medico-paziente in cui si esercita l’osservazione, la diagnosi e la cura della vita mentale.

Questo tipo di terapia implica l’interesse e l’intervento attraverso i mezzi designati genericamente: interpretazione del latente anche attraverso l’analisi dei sogni, frustrazione/rifiuto dei bisogni, soddisfazione delle esigenze, verbalizzazione delle dinamiche in atto nella relazione e degli aspetti cognitivi favorenti e limitanti il benessere dei soggetti… per realizzare il riconoscimento delle realtà più prossima al vero riguardante il rapporto tra paziente e medico e il variare degli affetti in gioco. La metodica psicoterapeutica ha comunque il compito di rendere possibile lo svolgimento del tempo in forma di passione di una cura non infinita, e quello dell’altra definitiva ed irreversibile passione della ricerca che però, attualmente, pare non finire. Perché sembra che alla ricerca sia deputato di rendere irreversibile e stabile il cambiamento realizzato durante la cura.

Al cospetto delle aperture derivate dalle conferme di funzioni mentali meglio individuate nella loro natura, si spalanca un lavoro imponente. I quaderni in questione su questo blog, adesso, mi appaiono prendere la (in)consistenza di libricini in un mercatino di modernariato che si svolge nei paesi della costa adiacente al mio studio certi giorni del mese. Io allora mi metto a scrivere per informare di quanto studiato, sono come uno che lucida librerie, o si agita come un ragazzino adolescente. Di fatto spolvero i volumi, porto via ogni segno di sporcizia sparsa qua è là a terra dall’andirivieni delle persone. Mi pare che nasca una libertà da ortodossie tanto più rigide quanto più furono ‘basate’ su imprecisioni ed equivoci a proposito della materia dalla quale il pensiero origina.

Pulisco la stanza, perché ho la sensazione che si chiarisca l’orizzonte e il tempo volga davvero in primavera come quando capitano cose nuove. Pulisco e profumo con il deodorante. A volte pare di non essere soli, e che non si sa mai.

(*).. ‘a livello inconscio’ è una formula da prestigiatori: essa in genere viene usata per distrarre il pubblico, prima della azione truffaldina del trucco che inganna la percezione.

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bandiere rosse per soprabito


Posted By on Ott 6, 2013

citywash def

 “Bandiere Rosse Per Soprabito”(©claudiobadii) QUADERNI&OPERAPRIMA

Il pensiero del medico indaga la funzione. L’origine materiale della vita mentale viene figurata come ‘residenza’ del pensiero nella materia fino a quando coniare altre parole adatte. Il pensiero implica cambiamenti della forma neuronale. Il pensiero consiste nella crescita o decrescita di spine sinaptiche. Il pensiero è la propria funzione. Il pensiero non è -neppure agli estremi- pensiero di sé. Semmai fulgore fisico di tuoni, rintocchi, campanelli, chiacchiericci, scivolosi angoli, sincretismi, vicinanze, intimità di una folla stipata: un momento prima dell’imbarco. Il pensare ha qualità primariamente fisiche. Ontologicamente privo di finalità origina come estremità in cima all’oblio. Anche la luce è la propria funzione. Rappresenta il punto in cui si ferma la retorica delle scienze figurative. La parola ‘realtà’ non ospita nient’altro che il proprio suono. Ed esso sarebbe difficile da localizzare da qualche parte. Questo appare ovvio se si vede che l’attività neuro-chimica che lo compone confina con interi altri sistemi. A lungo teniamo la bocca chiusa se si hanno immagini. La vitalità è prevalenza di fenomeni di inondazione e bonifica. La parola che la esprime ammanta una notte quieta e iniziative incessanti di silenzio nelle quali la vitalità si esprime. Svelando che ‘riflessione’ ‘comprensibilità’ e ‘morale della ragionevolezza’ sono -clinicamente parlando- irrealtà. Escluse tali espressioni allusive la scienza è centro di una festa nuova.

“Sono io, che sto salendo le tue scale.”

La realtà fisica è concepita in entità intangibili che si sostengono esclusivamente su rivoluzionari concetti di ‘relazione’ e ‘proprietà’. Il pensiero è il segnale di un contatore Geiger che dichiara che non c’è abbastanza coesione nella materia per realizzare davvero dei ‘luoghi’. Per cui se non fosse per la quarta dimensione spazio-tempo definita individuata e tratta dall’assurdo all’inizio del Novecento adesso al parlare di realtà fisica tutto precipiterebbe.

“Figurarsi il disastro di essere una farina di atomi nel corteggiarti mentre ti accarezzo!”

Lo spazio è noi e noi così detto è la vibrazione di richiami in aree. Intanto la coscienza scientifica -che non è la razionalità etica- realizza assai meglio del sogno l’irragionevole in camere di preferenze e aspirazioni. In volumi abitativi sottostanti volte e archi. La veglia fantasiosa senza rompere alcuna sintassi sventola radici. Nel panorama post-atomico abiteremo in un fondo seminterrato o nel retro di una stazione abbandonata. Andremo in giro ammantati di bandiere rosse come soprabiti.

-Il tempo è necessario a certi circuiti neurali per raggiungere un certo assetto: sarebbe in sostanza un tempo circuitale insito nei meccanismi cerebrali. Di questo non si può avere ovviamente coscienza, ma potrebbe anche costituire la trama temporale del nostri vivere.- (Le Scienze – ottobre 2013 – ‘Spazio, tempo e cervello’ pag.19)

Il tempo esprime la resistenza della materia al formarsi dell’idea della attesa indispensabile a dare forma alla scoperta. Il pensiero creativo più di tutto tiene lontana la pazzia poiché le durate necessarie allo sviluppo delle ipotesi sono le trame temporali che costruiscono un muro e un balcone sicuro sulla vista sottostante. La vista è su una realtà di oggetto si realizza al riparo della vitalità di una immagine. La figura si può manipolare con una serie di azioni mentali e poi può venire distrutta causando senso di perdita e depressione. L’immagine sono azioni mentali di fisiologia cui sottende la capacità di ‘intendersi’ su una possibilità di trasformazione.

Sono alla lavanderia a gettone per asciugare i panni appena puliti. C’è un sole che tra poco va via perché deve piovere. Lo si vede esaminando la luminescenza delle nuvole a occidente sopra il mare. E quando piove la biancheria e le lenzuola la maglia scura quasi nuova e i maglioni di lei e miei resterebbero umidi e avrebbero poi un odore stantio. Per questo ho voluto venire. Per avere addosso io e lei un buon odore sempre. Sono piccoli movimenti. Ho dei vantaggi e non sento sacrificio. Intere famiglie del tutto distratte nel bar di fronte a casa seminano ulteriori domeniche di briciole di brioche e cappuccini e latte macchiato grigio/bruno e succhi rosati di pesche e the dorati e trasparenti freddi economici di coloranti. Mai amato il brusio borghese che io ricordi. Oppongo il fruscio delle macchine da biancheria e il profumo delle sostanze chimiche di autopulizia e sterilizzazione indispensabili. Stasera sarò ancora abbracciato da questo aroma che mi tiene vicino un universo extracomunitario. Questi mio comunismo di detersivi iper tecnologici.

Una modesta canzoncina salsa cubana bella come sanno fare solo loro bella di niente rimbalza ‘argentina sulle tegole vecchie‘ di quelle teste cattive di padri impomatati e di quelle ragazze invecchiate di astio nei fianchi sempre un poco troppo stretti che rivelano corpi usati come pugnali. La poesia dell’infanzia scolastica ancora oggi si infrange sulle tegole vecchie di una scorticata coazione di rituali domenicali che si vede anche alla cima delle scarpe di certi ragazzini già corrotti dalle vernici antigraffio che valgono una parte cospicua della rata mensile dei concessionari di automobili.

Non ho mai amato niente di questo odore di mense al granturco. Mai amato niente di queste crociere a secco sulle prue delle pasticcerie amore mio. L’affetto che ci tiene ha in comune trascurare la cattiveria cretina di certe mentalità delle undici di domenica.

Ti porto insieme nelle aree piene. Compongo io la materia come vedo. Non ti faccio promesse per domani e di protezione. Sono io la promessa e tu l’eterno presente.  Le parole che prima non c’erano sono manifestazioni variabili di una certa forza di legame della materia cerebrale che spruzza in aria i nostri capelli dal cranio. Ti amo come dicono i miei capelli in aria. Sottomesso alla passione come al vento all’elettricità del clima da giudizio universale di stamani. Svegliarsi nel calore si oppone alle maledizioni di un inferno in arrivo che sempre qualcuno fa.

Siccome è da un poco che scrivo nell’angolo della lavanderia a gettone sono diventato tutt’uno con lo sguardo stupito di una signora di età e provenienza per me inimmaginabili. Lei misura osservandomi scrivere quanto potrebbe mancare al suo turno di asciugatura della macchina grande da mezz’ora temperatura media….

Quando vado via capisco che ‘questo’ tempo resterà sempre legato a quello sguardo che mi stava addosso come una bandiera rossa perché ho scoperto che la signora non era che una cicogna rivoluzionaria silenziosa che mi ha offerto riparo da questa domenica. Confesso che la mia ricerca si svolge al suo apice dentro le lavanderie a gettone e nei supermercati semideserti delle una di domenica. Per cui il nesso umoristico è che la risposta sicura e quieta all’impaccio di molti che vengono a cercare le elevate nebbie della saggezza riposa -a loro insaputa- sulla densità dell’aroma dei detersivi industriali. Le mie parole si sono affinate carezzando le spine molecolari degli antisettici del citywash.

“Il tempo è necessario a certi circuiti neurali per raggiungere un certo assetto: sarebbe in sostanza un tempo circuitale insito nei meccanismi cerebrali. Di questo non si può avere ovviamente coscienza, ma potrebbe anche costituire la trama temporale del nostri vivere.”(Le Scienze – ottobre 2013 – ‘Spazio, tempo e cervello’ pag.19)

Ho impiegato -mi rendo conto adesso- tutto il mio tempo per il coraggio dell’espressione e questa è la trama temporale del mio vivere cioè tutto insieme la mia vita. Felice domenica cicogna rivoluzionaria. Decollando sulla pista del marciapiede tutto è ancora tempo di meraviglie. Le rivolgo soltanto un ” Arrivederci, buongiorno…” come niente fosse. Ma è assai diverso da ‘niente’ quello che so essere vero in questi tempi.

 

 

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