Posts Tagged "sonno"


violenza della verità


Posted By on Nov 8, 2017

Il corpo nel sonno è espressione massima di noi. E il non aver nulla da dire e ciò che va scritto.

Va dichiarata l’identità insignificante del soggetto. Chiarito che i segni della scrittura sono i riflessi grafici di una funzione mentale che sostiene il pensiero ma non è pensiero.

Per cui il testo è un’ombra irrilevante di architetture viscerali.

In luci sottratte, nell’invisibile patina degli schermi cinematografici, si muovono gli attori scompigliando in continuazione i vuoti scenici, le ombre che attraggono la malizia e il pudore di tutti quelli che accorrono alle rappresentazioni.

Tutta la cultura è pensiero umano che ha un’unica preoccupazione: abolire le gli indizi della propria natura esclusivamente fisica.

Ogni benedizione è tuttavia esclusivamente nella modulazione della voce che pronuncia un nome. Proprio come il pensiero ha il compito essenziale di rivelare il suono bello o brutto delle cose che si muovono.

Diciamo parole d’amore all’orecchio dell’amato che declinano in un brusio che poi diventa solo respiro ed è così che ci addormentiamo: vicini irresponsabili e ingrati.

Nel sonno restiamo affidati all’addizione di frammenti di coscienza sparsi per l’occasione in una memoria di miliardi di singole cellule.

A partire da questa certezza, che ogni mattina si determina una ricostituzione di noi a partire da quei da frammenti senza senso, cerco cose insignificanti e frammentarie, simili ai frammenti costituenti la terra del sonno profondo.

In più so che, se sarà abbastanza insignificante una cosa potrà essere una buona ultima cosa perché priva di ogni verità e non avrà, della pretesa del vero, la natura violenta.

Mi aspetto che tu possa vedermi, tra l’erba, rosso di vergogna e di spudorata curiosità di te.

Read More

quanto ogni sera accade


Posted By on Ott 21, 2017

dissenso rosso

La morte presente sempre nella natura si scontra con il lavoro di riordinamento di conoscenza che si tenta nella relazione interumana. Che non spinge alla fine ma vuole, prima, crescere.

Come la cultura voglia che la morte sia già prima non si sa. Non si hanno i segni del perché l’idea umana abbia assunto tale inclinazione.

Io non so. Forse è una posizione di opposizione, questa che ti suggerisco. Mi serve un futuro come sfondo non vuoto, differente da una parete di sabbia di petrolii.

So che per amarti dovrei servirmi di ciò che conosco adesso, e anche so che non basta: perché non t’amerei come si deve. Mi immagino ciò che saprò fare di più e con quello mi avvicino svolazzando e hai notato che sto costruendo adesso quanto scrivo.

“Un colibrì dal davanzale ha bussato e già beve vibrando goccioline verdi umide dal grande fiore in soggiorno.”

Se immagino ciò che posso sapere -da quanto ora è, ciò che ora non c’è- non dico che prevedo. È un idea critica a proposito del fascino incompleto di pensieri che si attardano in figure. Il fastidio inevitabile di una pretesa a non voler solo portare avanti la sera in forma di volute di calore.

Amore è quando lasciato l’amore comincia la vita soggettiva che il tempo lento del sesso ravviva.

“È un colibrì ma si basa sulla densità dell’io che è l’aria che sostiene ali che battono tra due esili archi di cerchio: tra l’idea di una possibilità e l’attualità di una chiarezza.”

Ciò che è in questo immaginare è un futuro attuato. Quando essere ciò che sarò è un di già adesso essere ancora.

Ci sono cose che si sanno volere senza avere consapevolezza che sono ormai fuori dalla brughiera di un nostro giudizioso impaccio. Il tempo -senza la morte che è in natura- è un’ ala elettrica, sospesa grazie ai flussi supersonici che la attraversano, sull’ombra di quanto sto sempre di già per fare.

Intendevo con questo accennarti cosa succede quando mi addormento precipitando morbidamente al cospetto di te. Che cadere nel sonno non è morire. È il contrario. È come ribadire una decisione d’essere, presa tanto tempo fa, a testimonianza e traccia sicura della mia propria nascita.

Read More

addormentarsi


Posted By on Set 28, 2017

Poetica del mattino è il secondo tempo. Il primo tempo era: coscienza e biologia, il cadere nel sonno. Se il risveglio può essere poetico è perché è un ritornare. Ma addormentarsi è svanire che toglie il fiato. È ‘precipitare’ del pensiero nella materia: e la materia in questione è biologia del sonno. Il sonno senza sogni è vita mentale senza memoria (senza figura) ma non è l’irrazionale. Sta dopo… o prima di quella non più adeguata frontiera.

È una condizione di esistenza esposta a tutti i rischi che nella sua opacità di funzione prefigurativa ha una densità che è il contrario del ‘nulla’. Quando la coscienza svanisce resta l’uomo che dormendo prima di sognare è rimasto senza qualità di narrazioni oniriche: è uno strano tipo anti-filosofico, un dormiente di cui nulla si può dire poiché ha un pensiero che non lascia tracce di figura e si sottrae ad ogni speculazione.

Quando la coscienza riflessiva svanisce nel sonno spetta alla attività encefalica di base mantenere intatta l’identità di ciascuno. C’è una implicita ribollente fiducia in noi nell’atto smemorato di addormentarci lasciando andare il cielo. Una certezza (che siano ben abitate le nostre case e dignitosamente popolate le nostre città e armoniosi i canti degli uccelli che ci traversano la mente) in un bagliore ci perde e noi cediamo lo scettro sul mondo e dormiamo già improvvisamente senza poterci neanche pentire, o stupire.

In quelle implicite certezze, nella luminosità di un lampo di spossatezza sta la gloria prima del pensare umano. È che ogni sera la natura del pensiero ci consente di abbandonare l’illusione di una spiritualità della coscienza riflessiva: e ogni notte si torna alla costituzione fisica della funzione mentale. Il pensiero nel sonno senza sogni è l’uomo e la donna senza altre attribuzioni.

L’addio alla realtà della veglia non conserva memoria e figura del proprio accadere. Così ogni notte è inizio del giorno dell’io neonatale.

La coscienza che prometteva il futuro non ebbe alcuna forza senza la natura del sonno che conserva l’integrità del soggetto per tutta la notte.

Le cose del giorno lanciano velenosi aculei che trapassano la corazza di un’autoconsapevolezza presuntuosa e inefficace. È il sonno senza sogni il luogo della massima vitalità dell’uomo. Dove gli strali invidiosi non possono provocare i danni ad una corazza che, con la coscienza, si è dissolta.

Sarà per questo che il nostro amore -alterato è perduto nella smorfia del giorno a causa dei disaccordi sulle cose percepire- nel sonno recupera le fattezze perdute: l’immagine che abbiamo di lui.

Read More

spiagge e relitti


Posted By on Lug 19, 2017

C’è una spiaggia bianca tra due lame verticali di pietra calcarea. La forza del tempo -espresso in onde e vento- ha grattato, durante cento anni, le pietre. La polvere splendente che diventava solo fondo marino diffondendosi inutilmente in acqua, dopo che una nave si incagliò per sempre parallelamente alla rupe di nord ovest cambiando la dinamica delle correnti locali, si è depositata in una mezza luna di spiaggia che abbraccia il relitto.

Faccio attenzione alla nave arrugginita. La fine delle cose mi affascina. Le correnti mi attraggono, attorno alle chiglie mute. Lo sciabordio del mare che lava le strutture affondate e inutili, mi attrae. La parte ferma delle cose. Mi attrae la natura delle forze che cambiano ogni cosa intorno a me ma insensibilmente, inavvertitamente, giorno per giorno come niente fosse.

Questa passione per la conoscenza era cominciata con ambizione di psichiatra ma solo adesso, attorno al relitto dell’ambizione, mi entusiasma come essere umano. Le onde d’amore solo oggi.

Come posso aver chiamato amore certi svaghi? È ora, nel candore del tempo che evapora, la grande occasione dell’uomo di dare nomi alle persone care. Pronunciarli al loro cospetto. Mani tese a fluttuare in aria verso di ‘te’. Quanto tempo è stato indispensabile!

Magari ci arriverò da sola, dice oggi una donna che cerca in sé oltre un muro bruno prepotente e caldo come un ventre. Certamente, penso io. Ma penso subito ad una frase differente, opposta, Posso aspettare, che pronunciò un’altra ragazza, tantissimi anni fa.

Non so, adesso, se quella ce l’ha poi fatta ad aspettare qualche me migliore di quello che ero.

Io, fedele al privilegio, mi sono lasciato attendere. Ho confidato che la promessa fatta allora sarebbe stata ripresa ed esaudita. Nel futuro che è oggi quella promessa viene portata a termine da una donna diversa. Lascia che ci arrivi da sola. E l’una, che cerca il proprio tempo come chiedendolo a me, guarda l’altra, che mi lasciava il tempo di capire.

L’umanità sostiene la civiltà. Intorno al relitto delle promesse si deposita il tempo di sabbia.

C’è una spiaggia, ora, improvvisamente sorta da un mare di distrazioni. Sei tu?!

Io scopro che avevo annullato la fatica. Che si è fatta viva oggi, tutto d’un tratto. Ed ho dovuto distendermi perché -come si era accumulato il tempo in grani di silice creando la spiaggia- così i muscoli si erano calcinati per l’eccesso di presunzione: il lavoro non è bastato più a andare avanti, quando è sorto il ricordo di te.

Sotto il sole l’energia luminosa, prodotto finale di una trasformazione tra forme differenti di dispersione della materia, mi ristora dal freddo e mi invita al sonno.

La rotazione della terra sposta intera la scenografia: e la prua del relitto, che punta immobile la parete di sud-est, venendo vòltàta sotto al sole, fa un cono d’ombra che consentirà il sonno per un primo sogno.

Read More
  • Un importante risultato mattutino il dilagare della luce sul pavimento. Il semicerchio dell’onda luminosa entra sotto la porta chiusa e sfiora il lato lungo del letto.

Il mattino, da che si costruiscono stanze con porte e finestre, è un fenomeno duplice: massa voluminosa di luce nelle sale aperte, e onda piana che sotto le porte chiuse curva sfumando nelle camere buie.

La civiltà è in questa penombra misurata e composta dall’arte e dalla tecnica delle costruzioni.

Ma altrove resta inalterata l’umanità. Mi pare di vederla nell’azione inarrestabile della nostra specie che indirizza la vita mentale all’iniziativa di proteggere e rilanciare i fondamenti della salute del pensiero.

Noi costruiamo modulando l’ingresso della luce negli interni delle nostre case, raddoppiando o sfumando i movimenti del sole.

E l’umanità ricrea le aperture grandi delle grotte e le fessure tra i massi di protezione degli ingressi.

Lo specifico umano che si esprime prima del sonno e prima del sesso -essenziali per la vita del pensiero-difende l’architetto che disegna la pianta delle case.

Poi dal disegno sul foglio esse si innalzano come un grido sotto la spinta del lavoro sapiente dei muratori e dei falegnami.

E su di noi ricade l’ombra protettiva: la grazia inattesa che modera il potere distruttivo della natura divina.

Read More