letteratura


indisponenza della scrittura


Posted By on Feb 16, 2011

indisponenza della scrittura

Bisognerebbe scrivere sempre di ciò che non si conosce affatto. Ciò di cui al massimo si ha una idea assai vaga. Per essere certi di dire qualcosa di sensato a proposito dell’ oggetto della scrittura è necessario non averne una idea precedente, cioè meglio averne nessuna idea. Esempio:

Storia degli incontri mancati tra la Corteccia Cerebrale ed il Tango.

Non si deve scrivere nulla se una cosa è ormai definita. Le cose completate sono morte alla scrittura perché sono indisponibili al pensiero. Si può aver qualcosa da dire, a proposito di quello che ancora si svolge e che non sembra finire: il nuotare inarrestabile dei delfini, l’evidente antipatia di Beatrice per l’Alighieri, la fama di Shakespeare.

Scrivere di metamorfosi, sebbene sia già più volte accaduto.

Il che significa scrivere i-nin-ter-rot-ta-men-te ! Realizzare onestamente l’incompiutezza. Il pensiero non si arresta, non ha necessità degli oggetti per esercitarsi e gode di una sostanziale immunità dagli stimoli esterni. Si racconta di una rete di sottili iridescenze che  si originano, via via nel tempo, dalla notte oltre la retina.

La scrittura è disperatamente soggettiva e dunque gloriosamente indisponente.

La scrittura contiene i segreti del pensiero. Anzi: è il pensiero segreto che non sa dire. A causa della picchiata della rondine si può ferirsi le ginocchia cadendo nel prato. Si camminava, infatti, con il naso all’insù. Un inciampo non racconta la pietra di traverso al sentiero perché non l’ha potuta vedere.

Scriviamo: gocce di sangue sui sassi e la distrazione fatale tra le nuvole.

Ci siamo immaginati l’universo più o meno sferico. Un’arancia o una pesca – popolato di perle luminose e opache. Contenente la pazienza: il vuoto non inutile. Il progetto urbanistico universale è sferico per via che ci servono due poli dove sistemare l’assoluto: amore e scienza.

Ma, ai poli, la ricerca raggela su bandierine di varie nazionalità, per la follia degli aghi magnetici!

Lo scrittore, la scrittrice sempre più spesso, hanno l’aggettivo qualificativo di ‘instancabili’. La scrittrice o lo scrittore, ma gli scrittori maschi sono di meno ultimamente, non si spaventano. Loro ‘trascorrono’- se li si mette nella condizione. Cercano aggettivi, cappelli a cilindro, a punta, sghembi, elmetti, da fata, da zar, da cuoco, panettiere…

I suddetti aggettivi si susseguiranno fino ad un ronzio d’alveare.

Farti caldo. Farsi addosso reciprocamente. Suscitare diluvi su metafore simboli e giudizi universali. Starti vicino. Ascoltare. La realtà fisica del suono stimola i timpani, muove gli ossicini, dilaga per le vie dei neuroni, bolle mediatori, scioglie grovigli, fonde le ultime notizie dei telegiornali. Il brodo biochimico cerebrale sfrigola.

La scienza della conduzione dell’impulso nervoso è qualcosa di sfarzoso.

Nella playstation di ultima generazione gli anemoni di mare -invidiosi- esprimono una cauta irritazione. Si narra infatti l’ultima edizione della favola di un pensiero nuovo. Gioia del rinascimento e fisica della diversità. Telepatia da delfini è dormire nuotando. Metà dello scibile, la coscienza, dilegua, nel sonno, nella più totale interezza.

Read More

babyC.


Posted By on Feb 15, 2011

babyC

La tenerezza della testardaggine. Le contusioni, il maglione azzurro, il risveglio precoce che piove ancora e c’è tempo per riaddormentarsi… Girare il cuscino dal lato più fresco, stendere il braccio fuori dal letto, fregarsene come ad aver ragione, sfiorare l’arco dolente del torace.

Il dolore che ricompone il conflitto e porta diritto al campo delle bisce, alle fionde, alle rane, alla vita dolce delle api e dei fichi. E dunque il tesoro di avere un corpo improvvisamente generoso di tutto, che diventa fotografia e pensiero, compattezza della febbre leggera.

Ripercorro lo svolgersi della capriola sull’asfalto, che nel sogno era la prateria, i cavalieri feriti, ma vivi e gloriosi al fiume. Il ciclo carolingio. Hanno incoronato il ragazzo non vedente, di bellezza mai vista, che non teme il buio oltre i margini del taglio e guarda sempre diritto in viso agli altri.

Sognare -cioè essere certi- del diritto all’abbraccio d’amore di damigelle accaldate, arrivate sbucando dalla camera della regina, mani alle guance. L’eccitazione del sesso si accende proprio sul gonfiore dolorante: una infrazione colpevole alle regole della castità della convalescenza.

Nel museo della notte sapere della grotta fresca delle ninfe per rievocare l’innocenza e le mani buone ma non caritatevoli. Farsi il caffè zoppicando: allegramente. Non importa se ‘poteva andar meglio’. Tanto tornano le immagini che fanno la costruzione del paese d’acqua e cioccolata.

Si mette in gioco il linguaggio per fare la lotta al rischio di diventare peggiori, a partire dalla tenue traccia notturna del proprio nome. E domani, zoppicando, vado a cercare un sorriso da fotografare, un talismano di semplicità, che e’ sempre così difficile da accontentare.

Il giorno e’ tra non molto, tendo trappole facili, trappole da aurora. Lascio cadere analgesici a terra per ritrovare la strada di domani. Poi Gulda suona Mozart: e non si dorme più per adesso. Il tono maggiore accoglie come un mantello di fortuna la mia pigra immaginazione.

I momenti della forma sonata sono una delle più sfrontate creazioni della storia del genere umano: così racconta la costola contusa: io l’amo! Al suono la parte più recente della corteccia e’ scorza d’albero: realizza non tanto il rigido controllo ma la modulazione: liquirizia e miele.

La corteccia, la notte, fa scienza nell’insonnia, evitando l’irrequietezza. Domani ritraccia la competenza del sogno. Nel sonno culla, ad onde, il bianco. Mi lascia scrivere e soprattutto se non c’è niente da dire e specialmente se non ha senso: perché la scrittura e’ una scandalosa offesa.

Cioè e’ comunque una scandalosa offesa, una irridente risata contro tramonti e dolci colline, e’ la fatica nera di amare scorrettamente. Scrittura e’ una città e puoi camminarci dentro e qualcuno apre la porta e l’amore si consuma nell’ora del te’ ed e’ una liturgia profumata.

Letteratura è l’interno parigino pubblicato da BabycC. come esempio avvolgente di scrittura: passi di sconosciuti risuonano piovendo le scale. Oh scrivere un libro delle foto di BabyC. Ma si sciuperebbe la chiarezza del fondo dal quale lei ‘agisce’. Scrivere e’ non farlo, talvolta!!

Quello che si può accennare è che lei scardina restando alla macchina, alla testa del treno, al carbone. Lieve quanto si vuole e’ forza ciò che getta in aria tra N.Y e Parigi. Si sperimenterà qualcosa di simile in corsa sull’argine, bicicletta ai polsi, digiuni, pronti a evitare rami bassi, e deve esserci vento.

Si ottiene un impronta del suo profilo componendo le rotte: le scie di voli transoceanici, che tagliano ad angolo acuto la costa tirrenica. La notte ha incrociato un giro di scale, la musica e una costola dolorante. Dall’inciampo: uva pane aspirina allegria e la passione. Invadente.

Se serviva dormire avremmo dormito: non letto pensato amato le cose che nascevano – nel buio della realtà biologica – alla luce della lampada sul comodino alla sinistra.

Read More

dolcevita


Posted By on Feb 12, 2011

dolcevita

Oscar Wilde – “La decadenza della menzogna” – 1989

‘La mia esperienza è che, più studiamo l’arte, meno ci interessa la natura. Quello che l’arte davvero ci rivela è l’assenza di un disegno nella natura, la sua curiosa mancanza di raffinatezza, la sua straordinaria monotonia, la sua assoluta condizione di cosa non finita.’

Read More

radio londra


Posted By on Feb 9, 2011

radio londra

L’albero e la terrazza sono luoghi di avvistamenti -non per vedere lontano- semmai per scegliere chi mangiarsi con gli occhi. Ci sono fili tesi tra i rami e il ferro torto della balaustra. Sui fili: lenzuola ! Al vento il bianco è la resistenza. Messaggi in codice.

L’amore è Radio Londra. Le donne e gli uomini fatti di coraggio. Le menti scrupolose – appassionate – a trovare le rondini – il messaggio – il codice – la bandiera del tempo – la scritta -la formula della resistenza. La frase attesa.

La letteratura – il chiarimento del sapere scientifico – l’arte del libro ? Radio Londra. Tutti. Terrazze – seni in codice – comandi al desiderio – segni univoci. Arrivano agognati – colpiscono chi sapeva, di già, d’essere scelto. Che arrossisce prima dello sguardo. Al pensiero !

Terrazze e melograni, se deve essere festa. Ultimo ‘primoamore’ sul passo carrabile. Davanti casa mia, in pendenza leggera. Posso stare sospeso – non cadere. Il sogno mi ha messo in grado d’un volo verticale. Padronanza dell’aria.

Dunque, difficile, oggi, niente! Neanche dire in tre parole la leggerezza. Non ho mai avuto meglio di ‘oggi’. Oggi -dunque- mi servirò di te per sapere. Finché resti vicina – farò sfoggio d’un pronome plurale. Noi.

Ai sorrisi ‘svelati’ una ‘finta’ sorpresa. Sapevo già ! Sono capace e, dunque, metto in scena ! Anche il sospetto della tua contrarietà. Non ti offende il gesto della trascuratezza indolente – in fondo si tratta di arrivare. La bianca nuvola della resistenza è al vento.

Radio Londra trasmette un filo inarrestabile di frasi. E’ l’Ulisse di Joyce – macchè è poesia di guerra. Manda gente a gridare. Autorizza il conseguimento. Si sono sprecate pagine inutili. Tutto, quasi, avveniva in silenzio. Anche i passi sotto le bombe.

Mi servo di questo per resistere, lo ammetto. Per resistere bene. La scrittura è un balcone solido. Ha i ferri torti che tengono: – me, da questo lato – e – dal lato di fronte, l’albero: un melograno. Le corde  -per il bucato- sono tiranti di un paracadute.

Radio Londra è pensare e leggere e scrivere in questi tempi difficili. Le frasi da rilegare insieme -per ricostruire la mente, confusa e spaventata, di tutti. Tutti noi. Si poteva ‘immaginare’? Non pareva evidente. Scrivo “Questi tempi difficili parlano di noi”

L’amore di Pirandello cominciò, e finì, tra un ramo e un balcone. Poi lui divenne pazzo -pare. Io, al contrario, oggi, ho visto due cuori nella neve. Tra me e me- mi son detto: la premessa al pensiero. E lei l’ha già pensato. Per questo vado dicendo di amarla.

Read More

retorica del paradiso


Posted By on Feb 6, 2011

retorica del paradiso

Veniva su una figurina di luce tutta da immaginare. Era ciò di cui non eravamo mai riusciti a parlare. Sebbene fosse proprio ciò di cui volevamo parlare. Fu ad un certo punto dell’amore ma non è una cosa retorica.

La probabilità è un foglio disegnato che avevo fissato alla trave del soffitto. In assenza di uno sciamano mi ero improvvisato, da me, d’essere me. Il rito è una prassi. L’arte è la rivoluzione elegante di rendersi incomprensibili.

Tanto il disegno dei due corpi abbracciati poteva non cadermi in testa -così fissato al soffitto- quanto era probabile che potessi farcela. Nel calcolo di quella probabilità c’era una certa retorica. Oltre alla sicurezza di una rivoluzione culturale.

La bellezza è i conti che tornano prima della fine. Il misticismo sono cinismo e disincanto. Vedessero te ! La bellezza dittatoriale – la figurina di luce tutta da immaginare! Avrebbero pudore della retorica dell’invenzione del paradiso.

La reazione della mente -che crea l’idea di dio, per il terrore della natura- è un riflesso. Il paradiso dantesco è letteratura di una negazione colossale. L’atto mentale di creazione di dio, non è propriamente ‘pensiero’.

Una figurina di luce tutta da immaginare, non è riflesso di niente. Non segue al terrore. Misura la dignità della difficoltà di pensare. Realizzare che la prassi deve essere distinta dalla prassi retorica. La distinzione sarà una rivoluzione culturale.

Bisogna fare il rito -la prassi- delle parole insieme. Restare ad un punto del meridiano di Greenwich. Nel passo che si ferma a ‘cantare’ la latitudine. Anche se c’è una retorica reazionaria del pensiero come riflesso al ‘nulla’,

Quando ti sei addormentata, all’altro capo del mondo, per me era già domani. Stanotte mi sono svegliato prima dell’alba. Ti ho pensata che stavi attraversando l’area scura del mondo. Ho deciso di dormire di nuovo, prima che fosse troppo presto.

Volevo evitare, sai, la retorica del paradiso.

Read More

cellulosa


Posted By on Gen 13, 2011

cellulosa

E’ di cellulosa anche lui l’uomo che scrive. I suoi occhi sono nero di seppia e le sue dita sono l’opera lirica. La scrittura è pensiero e il tempo è inchiostro. I fogli bianchi sullo scrittoio sono la creazione. Resta sconosciuto il procedimento globale.

La successione dei segni comincia come una linea che si frammenta subito: per cancellare le tracce. Implicitamente elusiva per la natura della propria espressione, tuttavia la scrittura è tendenzialmente ed ossessivamente fondativa e non si arresta più.

Alla fine – per tale irriducibile duplicità – forse si dovrà trascurarla. Ora non si riesce a pensarla così. Poco dopo la nascita, sui fogli regalati, diventiamo creature delicate di pasta d’albero. La corte dei parenti è la corte del re. Noi già Velasquez. Poi non dura.

Il linguaggio è architettura. Parlare la costruzione dei grattacieli. La fisiologia cerebrale le fondamenta. All’apice, come un re, il suono del tamburo. Il contratto sociale è l’aria che si respira. La trepidazione del progetto è l’amore per te.

Le donne e gli uomini di cellulosa sono sulle nostre tracce. Prima a lungo innamorati, adesso non smettiamo più di amarli. La letteratura è una piramide umana.  L’emozione il mantice di un organo. La comprensione è l’orologio. La calligrafia il fronte della battaglia.

Il disegno è amore senza un riparo, come un grattacielo all’equatore. Viene prima del pensiero verbale. Ha sede nella fisica degli astri. Si arrampica. Non sarà mai scrittura. E’ composto di tratti niente affatto sentimentali. Critica implacabilmente e attrae.

Si vede bene l’inclinazione dei fiori. La prescrizione del cambiamento. La potenza del tratto verticale arresta la caduta dei corpi. L’angolo è la misura del desiderio. La libertà è disuguale. Pensiero e disegno si spartiscono il foglio.

L’idea è di portare la ricerca sulle transizioni. Quando la bellezza delle linee determina il declino della coscienza. E il pensiero verbale si riduce al movimento della scrittura. Fino a che anche il movimento si arresta sul foglio bianco.

E ‘lei’ è il nero vincente delle linee.

Read More