nessuno ha di più


terra, ombra e calce.


Posted By on Ago 1, 2014

Le piccole verruche sulle sue mani erano sparite. Lo stress che aveva menzionato il dermatologo dunque non c’era più. Ma come era successo? Un mistero. Forse i nostri abbracci. Un successo. Per distrazione. Nessuno sa quale via prende il pensiero per tornare a te? Le grida al sole, può essere. Ma anche, certamente, la distrazione obbligatoria perché dovevamo sorvegliare i bambini sulla sabbia della spiaggia grande. Può essere stato il clima secco del deserto intorno alle città di calce.

Non ci avevo fatto caso. C’erano, è vero, ora che ricordo meglio, quelle formazioni di epitelio bruno inutile sulle palme e il dorso delle sue mani, ammassate in colonne cellulari evidentemente senza progetto. Si trattava di anatomia patologica in complessi disfunzionali. Appartiene a certe malattie non fatali, a forme di male senza le punte della cattiveria. Mali noiosi, pensieri accantonati gli uni sopra gli altri nella stiva delle guance nei pozzi delle iridi e tra le foglie dei girasoli in agosto covati dall’ombra torrida.

Nel frattempo ho tenuto in mente da diversi mesi la parola navigazione che cura il pensiero attraverso riferimenti evocativi. E anche deserto ho in mente, e polpastrelli e sangue. Sono parole che affascinano, raccolgono idee variabili in mazzi di fiori, mazzi di milioni di steli e i petali nelle corolle sono un multiplo innumerabile. Si naviga un deserto come il tempo e le idee fendono le onde e la prua ha una faccia beffarda una personalità di lama di acciaio e l’acqua traversata fa il verso dei cristalli accarezzati.

Il navigatore in questo mare desertico deve vegliare ma anche dormire. Si capisce che abbia, come si dice, qualità da vendere. Dovrà averle acquistate con il tempo. E lungo i fianchi spumosi del tempo deve aver imparato il peso della probabilità. Il navigatore come il cammelliere nomade è un letterato fine. Cura la malattia psicosomatica con impacchi di sabbia e acqua marina. È quasi sempre solo sulla terra.

Da tanto, dal 1988, avevo accennato all’arte della navigazione, alla perizia. Da sempre una ossessione personale l’assito del ponte delle navi contiene la rappresentazione implicita di un comando non rigido. Le onde di sabbia: infinità percorribile. Le rotte: dominanza dei fenomeni di deviazione degli atomi. Comunque pare di arrivare in qualche luogo agognato. Forse sono solo gli occhi, stanchi di controllare il terreno, vittime di un bagliore prima del sonno. “Terra, terra!!!”

Oggi un volo di uccelli. Un giorno come un altro. Quando vai lontano il tempo che stai via è comunque un singolo giorno nella mia testa. Il segnalibro non ha che una modesta differenza di spessore rispetto alle pagine tra le quali si nasconde. A volte contiene disegni, citazioni, aforismi, inviti, suggerimenti. Altre volte è un rettangolo di carta da una pagina tagliata di giornale. Voglio dire che tutto il tempo che non ci sei è la réclame di luoghi lontani. Io mi siedo di fronte al muro e aspetto. “Nessuno ha di più”- penso -“sulla terra.”

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