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“Il fatto è che quando ci si appassiona davvero a qualcosa, alla fine ci si appassiona a ogni cosa e soprattutto all’irripetibilità che caratterizza la realtà e la vita in tutte le sue forme, in un mistero che ci travalica. Quello che segue dovrebbe rendere l’idea: come un albero, una frase. Un isolato o due a ovest della nuova «Città delle persone» nella Baia delle Tartarughe73 c’è un vecchio salice che presidia un giardino interno. È un albero malconcio; ha sofferto molto e su di esso si sono arrampicati in tanti; è tenuto insieme da corde ma è molto amato da chi lo conosce. In un certo senso simboleggia la città; la vita sotto le difficoltà, la crescita contro ogni ragionevole aspettativa, lo scorrere della linfa in mezzo al cemento e la continua ricerca del sole. Tutte le volte che lo guardo oggi, e sento l’ombra fredda dei muri, penso: «Questo deve essere salvato, proprio questa cosa qui, proprio questo albero». Se se ne dovesse andare, tutto se ne andrebbe –questa città, questo dispettoso e meraviglioso monumento, non curarsi del quale equivarrebbe alla morte.” E.B. White, Here is New York, Harper & Row, New York, 1949.>

citato da ‘Parlo dunque sono: diciassette istantanee sul linguaggio’ – Andrea Moro – Biblioteca Minima Adelphi –

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Con le cose che faccio sovrappongo tempo al tempo che c’è nelle cose che già sono. Nelle cose che penso o penso di fare c’è il tempo psicologico la cui consistenza è quella della realtà del pensiero. Non c’è nel pensiero il tempo del lavoro materiale necesario alla realizzazione del progetto fuori di me.

Il tempo psicologico diventa progetto ed è immagazzinato nei prodotti di legno e di marmo prodotti dal lavoro fisico. Sensibile al tatto se accarezzo le cose, trasparente nelle curve e nella variazioni delle loro forme, è inerte e muto.

Poiché in ogni cosa esso resta nascosto posso ignorarlo. Ma se ne tengo conto esso riprende a scorrere dentro di me senza essere sottratto alle miniere dov’è incantato.

Sono giacimenti una sedia, una casa, l’anello grande e elegante che mi hai messo al dito con le tue mani incerte, le tue dita esili, la finestra nuova di legno opaco e vetro trasparente nella quale ti guardo passare tutti i giorni come la figura che percorre un quadro che sta da secoli dentro un museo che con la grazia suprema della composizione ricrea una finestra che guarda fuori una donna che traversa la strada precisamente adesso.

La finestra ti consegna alla storia dell’arte ma il pensiero ti restituisce alla contingenza di me. Il pensiero vivo sottrae vicende alla storia senza tempo e imprime passione al presente.

Il tempo che è nelle cose dunque va nei pensieri che le cose mi suscitano. Il tempo di quei pensieri posso tenerlo in energia potenziale. Come se non avessi ricavato coscienza delle cose viste e traversate. Poi sempre, pur senza saperlo, lo metto in altre cose. Cose ulteriori nuove che il pensiero mi spinge a realizzare.

Il pensiero, azione estesa o contratta della vita psichica, ha in noi la stessa natura del tempo essendo cioè mobile e sottile. Fuori di noi si incarna in dimensioni spropositate: il sole (o la luna), il mare sotto il cielo. O in costruzioni proporzionate: il prato intorno alla casa, la casa, la staccionata che costeggia la strada, la strada. O in fenomeni naturali radicati o fluttuanti: il fiore con lo stelo arcuato che pare toccare la nuvola, una nuvola.

Il maturo signore guarda il panorama un giorno di festa e si ferma arrestando il proprio tempo e pensa che quello è il mondo sostanzialmente identico al mondo disegnato quando lui era un bambino. E il suo tempo va indietro senza fatica, e si spande su tutto, e si determina nella mente una cosa che non è un pensiero. È uno stato d’animo. Che è un pensiero che perde la figura di cosa e assume la natura di un evento.

Succede infatti che una cosa, che nel mondo tridimensionale è quella cosa, se ci aggiungo la curiosità della conoscenza, puoi vederla che comincia a muoversi bruciando il tempo che c’è voluto a produrla.

Una cosa è un evento: il pensare per eventi invece che per oggetti è prassi di giganti ragazzini.

L’azione ricca di tempo psicologico cavalca la luce e si incanta alla caduta dei gravi: che siano piume dalle torri o mele nel giardino. Guarda dolci declivi lunari. Immagina infiniti mondi sfumare l’uno nell’altro.

Si sospetta che il tempo fisico, fluendo, si dilati: e riempia quanto ancora non era e che dall’espansione viene reificato. E da non essere ad essere suona. E da essere a non essere dimentica.

L’estendersi della proposizione contiene incantata e insistente la perturbazione lieve dell’origine del discorso. Una traccia misurabile, fino ad oggi. Ma per quanto tempo avvenire non sappiamo ancora.

Diversamente dalla prassi, il lavoro è nella filosofia e nell’arte. È connesso alla fatica. Quasi mai diverte. Rinuncia alle piccole gioie quotidiane per voler essere certo una volta per tutte. Ma dopo quel termine, entro il quale si fantastica che la certezza sia ottenuta, il tempo non serve più che scorra. E nell’asfissiante imparzialità le cose si fermano e muoiono. Equidistanti, indifferenti, stelle fisse e ossessionate.

Allora anche il pensiero, che riflette su quelle cose morte senza tempo, perde la natura di ‘realtà’ e diventa spirito.

Non c’è origine materiale. Non esiste più la tela intrecciata coi fili di spazio e tempo. Le cose si succedono una dopo l’altra e non si trasformano più l’una nell’altra. Non è più possibile comprendere che non essere è non essere più ciò che era. Eppure è così che il pensiero tiene assieme il mondo: con la certezza del ricordo della luna nascosta dietro la nuvola che ci tiene ad aspettare il suo splendore che tornerà.

In assenza della propria trama temporale il pensiero pensa che il non essere sia nulla. Ma il nulla non esiste.

Accade in obbedienza al principio che la ragione confonde la coscienza quando il tempo vola via da noi.

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legna da ardere


Posted By on Giu 17, 2014

Poiché la massa è opaca dentro il triangolo delle velocità che noi possiamo costruire con macchine o correndo sotto la spinta dei muscoli, la luce ha il fascino dell’eternità. Le stelle bucano la nuvola del tempo e la distanza non è solo spazio. Al cospetto di te, dopo tutto lo spazio trascorso, so che il tempo si percorre. La fantasia è il getto di fuoco di Bunsen che salda il presente e la nascita. È chiarissimo mattino: tempo non è ‘materia’ e possiede una propria realtà fisica gravida di conseguenze, come un ‘principio di causa’, come un ‘agente’ di legittimazione delle idee simultanee che tu esista e lei anche esista e che io sappia amarvi ugualmente. La moralità non consente la speranza e risulta simile a certe forme della materia che ha tanto più opprimente evidenza, quanto più tempo immobilizzato tiene nelle proprie fibre. Stanotte ho il pensiero del fuoco, che scioglie lentamente il tempo che era rimasto per secoli intrappolato nel legno nodoso dell’olivo. Facciamo l’amore, sconosciuti l’uno all’altra nei sogni, all’ombra del medesimo fuoco. E l’interprete, correttamente, spiega come il fuoco sia la lotta rivoluzionaria. Possiamo dal canto nostro aggiungere che essa, la lotta, sprigiona il principio di causa -che il tempo è- dal legno. Questo è possibile perché l’ombra fresca dell’albero -che non c’è più, dopo che con esso si è ottenuta la legna da ardere- si è trasformata nel flusso invisibile ed incorporeo di aria radiante che porta il calore fino a noi e ci scalda.

“Fui fatto per te. Sono rimasto fisicamente a me somigliante perché ho voluto portare la mia nascita dentro questa notte.”

Ora abbiamo il camino per creare il pensiero. A partire dalla percezione romantica dell’ombra del fuoco sviluppiamo l’idea che si possa fare una natura sola delle differenti nature di volume e durata. Il tempo esercita costantemente una azione su ‘tutto’. Il tempo ha natura fisica e può avere delle conseguenze sulle cose che hanno natura fisica. La fisica vuole infatti indicare tutte le cose: e tutte quelle cose su cui il tempo ha delle conseguenze sono dette anche natura. C’è una eterna ghirlanda brillante che, legando i pensieri di fisica ed esistenza, lega strettamente il tempo alle cose. La scienza indaga i legami esterni.

La psicologia indaga il pensiero cosciente, il pensiero verbale, il pensiero pre-verbale cosciente. Soprattutto essa deve indagare il pensiero in generale: il pensiero sul pensiero, garante dell’unità. Scoprire la natura fisica del pensiero che fa l’organizzazione mentale cosciente del cosmo. E la natura del pensiero che chiamiamo ‘mancanza’ quando misura la lentezza delle funzioni biologiche di sensazione, percezione, e rappresentazione rispetto ad ‘altro’.

Intendo riferirmi agli innamorati, ai loro (nostri) limiti a cogliere di più dei profumi e del vento dei gabbiani avvistati scendendo alla spiaggia mano nella mano, le volte che è possibile. Il mondo che essi possono misurare è diverso e meno reale rispetto al mondo che essi sono ben capaci di immaginare. La natura fisica del pensiero, in relazione ai limiti fisici della biologia cerebrale, è un pianto a dirotto. Un “ti amo” che esprime l’incommensurabile distanza, e dunque è identicamente rassegnato ai limiti delle proprie indagine come quello che provoca le lacrime dello scienziato.

Uno solo dei molti fratelli ha acceso il buio per dormire. Aveva rifiutato le favole della mamma fidando nello stimolo dell’assenza. “Quando ti ho lasciato – dice oggi – tutta quella solitudine è stata comunque un inizio”.

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