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anatomia

Riconosco Mia Questa Oscurita’
claudiobadii diritti riservati
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QUADERNI

La mente anatomica. Gli strati. La foto scivola e degrada dall’alto in basso da destra a sinistra seguendo la collina. L’azione costruttiva ha migliora quello che c’è. Una bellezza facile e ‘buona’. La creazione mette al mondo quanto prima non c’era e allora altera e distrugge per fare lo spazio necessario. O inverte e sposta dislocando. Per determinare una visione un significato di scoperta di rivelazione o di manifestazione del pensiero. La negazione si insinua sempre. Il nuovo viene sempre definito un ‘mostro’. Le cose dislocate cioè la creatività per movimenti e variazioni e ricomposizione in modi del tutto imprevedibili viene definita sovversione cattiveria immoralità. Sul nuovo che si fa scatta l’annullamento. Su ciò che si ottiene per trasformazione dell’esistente scatta il giudizio. La bontà propone sempre la morale convenzionale del fatalismo. Del lasciar perdere e del non osare. La scrittura costante si è associata al disegno per la gioia della formazione del pensiero maturo. Non è una creatività la resistenza. È un fondamento. La sabbia nella clessidra. Le incessanti letture. La traccia dell’allattamento, delle numerose poppate e delle singole deglutizioni di ogni poppata. In questo l’idea della nascita della attività mentale umana. La variazione di uno stato fisico della materia che realizza la funzione umana del pensiero. Trasformare in un attimo solo la pulsione in conoscenza.

Un attimo vuol dire che anche il tempo non è continuo. Che si può disegnare una linea perpendicolare al tempo e interromperne la continuità fluente. 1900: il corpo nero emette energia secondo dei pacchetti. Eppure poiché ‘noi’ -per avere la sensazione- misuriamo la variazione in un intervallo ( di nuovo una parte, un pacchetto) poi percepiamo una natura continua: lo scorrere delle cose. Il realizzarsi ‘progressivo’ provvidenziale della ‘storia’. Si crea l’idea dello ‘spirito’. Si inventa la parola con l’aria della gola come fiato emesso nel fiume del respiro: psiche e vento sono la stessa cosa. Anima che fluisce fino ad esalare. La discontinuità dell’emissione di energia riguarda anche la luce. Ma non si vede. La scoperta quantistica non è un gesto ribelle. È il piegarsi superbo del ferro incandescente per le martellate di un fabbro. La discontinuità porta alla percezione la natura incostante del pensiero creativo. La morte biologica interrompe quanto era apparentemente saldo e prevedibile. Essa distrugge l’illusione. Si continua a proporre per il pensiero una identità di coerenza fino all’irrealtà di pensarlo non solo coeso ma intimamente fuso: neanche fosse una singola entità senza sbalzi al proprio interno. Una creazione divina fuori dal tempo della propria formazione e costruzione cioè dentro il cellophane dell’eternità. Le interruzioni, le discontinuità, i tagli perpendicolari, gli spigoli acuti affilati dalla ricerca paziente. Tutti mostrano cose differenti dalla ribellione. Nella serie di gesti ripetuti girano tempi ciclici per una idea strana.

Ho appoggiato per un attimo la mani sulla tua fronte per misurare la febbre. Il divario tra il ricordo del tuo calore di ieri e la temperatura tua (semmai sia differente) di stamani. L’intervallo di tempo contiene forse una differenza sensibile. E dunque! Se sobbalzo dovremo restare in casa essere tu ed io favole di pazienza gli occhi al vetro e la febbre alla finestra verso il mare di domani. Cinquantaquattr’anni fa la mola su cui il mastro arrotìno scorticava con ritmo proporzionale alla loro forma i coltelli che gli erano affidati scagliava avanti consumando materia e calore schegge infocate. Non proprio la radiazione del corpo nero ma almeno “La Danza Delle Spade”. O “L’uccello Di Fuoco”.

Uno scandalo musicale se non proprio una rivoluzione. La materia è composta di particelle. 1900: anche l’energia lo è. Anche le forze lo sono. Meglio: si poteva aver pensato che la materia fosse una cosa diversa dall’energia. Le scintille sono Strawinsky. L’energia della luce del calore emesso dal tuo corpo è il mare fluttuante di Debussy. Ecco mio amore. Invece no. L’energia non fluisce. Scatta con minuscoli tic cosmici. È come fosse ‘fatta’ di frammenti. Le forze che mettono in relazione l’universo e le nostre esitazioni hanno comportamenti paradossali. La materia non è di natura diversa dalle forze che la tengono insieme. La materia è energia a patto che una certa relazione tra spazio e tempo divenga concepibile come densa colla del loro legame. La nostra medesima capacità di immaginare il destino della materia fisica in prossimità di velocità impressionanti era l’idea di un legame. Forze che tengono la materia e la materia medesima hanno la capacità di influenzare l’una l’altra. Questo fu posto nel tempo tra il 1905 e il 1925. In un intervallo decisivo. Non è propriamente un tempo storico quello delle rivoluzioni. Per la storia occorre il tempo per esprimere scrivere e diffondersi in riflessioni sul sentimento umano. La rivoluzione è velocità della luce. Diritti delitti restituzioni sottrazioni marce cannoni stragi messe celebrazioni cori menzogne musica e poesia di regime sono musiche che si potranno pur sempre ballare. La scienza ha intervalli muti. Tempi decisivi ma non scenografie di danza classica. La storia è priva di storia e si ripete.

La scienza che muta ha la storia e si mostra come statua di pietà perché le irreversibili movenza delle scoperte scientifiche hanno l’umanità vera del tempo di chi aveva intenzione di sciogliersi dai marmi. L’entropia della tua bellezza fu decisiva. Mi fu offerto di riassumere irreversibilmente il tempo della mia vita al primo sguardo e dunque di cominciare da capo a capire che la nascita già esaudisce la necessità di un pensiero umano e non ne è la promettente premessa. Seppure!! Essendo una funzione della biologia può ammalarsi. Ma essendo il pensiero una pratica di natura non ha fondo nella storia come continuità di una manifestazione progressiva dello spirito umano. Poiché semmai il più disumano dei pensieri è proprio di attribuire a noi anche modeste frazioni del ‘divino’ la storia NON può curare la malattia del pensiero. Lo spirito, che di certo muove in noi l’illusione di un disegno mentale tra gli eventi, non cura il pensiero poiché spirito e pensiero hanno differente natura. L’azione pratica si prende cura della lesione e possiede il gesto ordinario e l’ordinaria duttile composizione floreale di un mazzo di rose di invito. Esse lasciano impunemente vedere la discontinuità pungente della foresta. Tagliate trasportate via affollate in tre quattromila esemplari poi di nuovo dipanate nei vasi lunghi del negozio escono fuori una ad una prese su con lievi strappi decisi. Come offerte al cielo nel districare il gambo spinoso ricadono nella carta densa dei colori adatti. Il processo di offerta e ricordo e esultanza ( secondo il colore scelto ) è un convoglio stellare di gesti creativi, una serie di piccoli atti chirurgici di taglio e sutura. Atti frammentati uguali ed opposti alla la discontinuità di una frattura che l’offerta dovrà riparare.

La rivoluzione rivela la natura della tradizione: essa non è lineare costituzione di successive placide migliorie. È una serie di imposizioni screanzate. È per restarti accanto che scrivo. Siamo corpi diversi. La vicinanza vuole annullare la discrezione con indiscreti abbracci. Le risate in penombra fanno le linee della febbre. Segmenti perpendicolari all’asse longitudinale dei termometri. Scrivo. Mi illudo di annullare distanza e differenze. La penna scivola sul foglio amorevolmente. Ma ciò che ottengo è una pagina nuova. Una serie di segni. Come accarezzando la tua fronte per misurare il grado della tua temperatura. E mentre sembra quasi che stia per entrare in te e fondermi con l’anima mia alla tua nella ‘tragedia’ nobile di una carezzevole cascata di parole …. tu ridi potente. “Smettila di sognare” sgridi scrosciando. Una mattina, svegliato con agitazione ridente da una notte di sogni e lenzuola strusciate, un uomo smise di pensare che i destini dell’impiegato Gregorio Samsa e del presidente Schreber fossero i limiti del proprio pensiero a proposito della materia di cui sogni e uomini si ritenevano fatti. Sono sveglio accanto alla finestra che confina con i rami d’un albero. Il benessere del corpo è fusione con l’aria fresca di queste ore disimpegnate. Leggo i miei appunti.

“Nella ‘Tempesta’ c’è l’espressione verbale ‘A Sea Change‘ per dire ‘mutazione‘. Si tratterebbe, in Shakespeare, di una trasformazione per annegamento con il concetto di restituzione dei corpi da parte del mare e dunque di rinascita. Dunque, una vera e propria rivoluzione. Trasformazione per via di una azione del volume e della densita’ del mare. La scoperta della nascita, un mazzo di rose rosse avvolte in carta rossa, pensieri di sangue ostetrico. Forse non proprio. Non tutto venne lavato via nella prosa cinquecentesca. Sarebbe una nascita la restituzione dei corpi dal mare: la riflessione letteraria usa il condizionale. Nell’amore il pensiero a volte è imbronciato, ma fa una felicità anche la macchia bruna del bacio che costringe a rispondere al desiderio con salmoni guizzanti tutti apparentemente uguali ignoranti e analfabeti come vengono gettati nella mischia delle risalite. Però comunque, fosse pure solo commedia, in Shakespeare non c’è più oramai solo la logica contabile puritana. In commedia alcuni (non tutti dunque, rivelando che non è solo commedia a causa di tale esclusione dovuta ad una scriteriata giustizia) rinascono. Altri rimangono nel loro ‘peccaminoso’ destino letterario. Anche noi, se fidiamo nella stranezza, usciremo trasformati, dice dunque il testo. La pratica di confidare nella distribuzione asimmetrica dei capi d’accusa esclude che siamo mostri culturali. Vedeteci ridenti eroi di disinteresse e innocenza. Andremo a tradurre le seguenti parole che forse chiariranno l’intera faccenda e comunque opporranno il lato buono del cuore alla torpida conclusione dei “Giganti della montagna” pirandelliani”.

Prospero:

” This Thing of Darkness I /acknowledge mine”.

Ti lascio alle sorgenti del cielo mio amore. Alla vera e proprie sua origine. Alle nostre radici. Dovremmo leggere : “Tempeste: narrazioni di esilio in Shakespeare e Karen Blixen”…

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Rose4

“Amore Per La Pratica Dei Fiori”
©claudiobadii
per
OPERAPRIMA

In casa. Facile entrarci dal giardino. Il soggiorno prospiciente ai fiori. L’erba non cresce. Crescono le rose invece. Le loro corolle galleggiano in alto. Evidente che in cima agli steli c’è un punto in cui si annulla la gravità ed è consentito stare. Guardando fuori intitolo tutti gli anni di vita “Amore Per La Pratica Dei Fiori”. In polemica col pensiero astratto. In polemica con chiunque in verità. Casa è per me solitudine felice del disaccordo. Casa è in me il disaccordo che imposto addirittura in anticipo. Per non cadere. Per non offrire appigli. Una rosa, dove si unisce allo stelo, vola via. Il punto estremo della leggerezza è quel punto di distacco. Un ‘luogo’ geometrico. Il punto di una scienza che dispone i filosofi della natura verso l’arte necessaria della misurazione. E come nelle scoperte della scienza non ci si accorda che alla propria meraviglia nell’intuire -pur senza averla ancora completata la formalità della scoperta- sulla natura dell’oggetto fino ad ora misterioso: così non cerco consenso sui nomi da dare alle cose che avverto reali all’apice delle traiettorie convergenti qui, sulle rose, della massa densa e velocissima degli anni. Nella mente la funzione si esercita dentro campi di gravità diffusa. Essa -che chiamavo ‘vitalità’ per non perdere che dovesse avere una limitata estensione e dunque per evitare di cadere in una confusione invadente-  tiene uniti gli eventi funzionali. Guardo fuori in totale disaccordo con chiunque dovesse suonare alla porta. Guardo fuori godendomi di non aprire. Felice di non aspettare. Di non desiderare di aspettare nessuno. “La Pratica Dell’Amore Per Gli Steli Delle Rose” oggi è il dato oggettivo in cui si risolve la gravità come se essa potesse essere nulla in un punto. Cosa che forse non può essere accettata verosimile nella mentalità fisica che manda avanti il mondo del pensiero scientifico sulle cose. Nel giardino tuttavia devo descrivere l’avvento della comparsa del punto immaginario. La manifestazione del luogo di una inestensione. La fisica delle cose materiali si fonde all’estetica dello svanire. Si vede bene questo vizio anoressico della materia. L’anoressia che impedisce alla materia, certa materia, di inglobare e nutrirsi di altra materia realizzando, in questa qualità della rinuncia, il limite, la pelle, smagliante e splendente delle cose belle. Penso consolandomi all’estensione tattile di certa scultura. Il punto dove Michelangelo vecchio e sapiente scrive la pietra per la ‘Pietà Rondanini’ che non pare più lui. Dove è lui più che mai. Dove comincia ad essere lui in fine. E forse nessuno può esserlo prima. Il punto dove svanisce, per un attimo, in un punto la gravità ha la leggerezza per riprendere la forza utile alla ricerca. Guardando fuori della finestra di casa  elettivamente studio la vita psichica. Grazie alla forma della bellezza delle rose nel giardino di questa mia definitiva casa alla conclusione provvisoria dell’Amore Per La Pratica Dei Fiori che sono io.  Studio i punti infinitesimali nei quali le forze che regolano la materia fisica del mondo si annullano. Dove l’estetica compone superfici così sottili e imprecise nelle quali la fisica come perfetta discrezionalità degli oggetti pare annullarsi. Studio dio che cede alla bellezza. Studio il genio che rinuncia a tutto per scolpire interamente un’opera provvisoria. Vedo all’apice dello stelo la testimonianza di una ricerca e il fallimento nel non riuscire a trovare geni simili che sanno rischiare per trovare i pochissimi punti nei quali le cose risultano facili. A te lascio di dire, poi, dopo che finisce il giorno, che piango alla finestra e non si vede la pietà oltre i vetri tra le rose. “La Pietà Tra Le Rose Come Pratico Amore”: la mia vita intera mi sorride. Tra le lacrime.

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l’amore viene ultimo


Posted By on Giu 17, 2013

mage

L’Amore Viene Ultimo
by.claudiobadii
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OPERAPRIMA

Non saprei esprimere la differenza tra vita psichica e vita mentale. Psichica sembra più profondo. Mentale è il tavoliere con le sue illusioni ottiche, le coperte di calore ondeggianti, la campagna che bolle o si accuccia. L’altro, lo psichico, è montuoso, con fiumi e valli, è personale, individuale, meno generico: ma poi chi sa se deve esserci una differenza! Questa terminologia specialistica è difficile da applicare alle cose. Perché la teoria sulla clinica della attività mentale subisce colorazioni e timbri impropri, aggiunte soggettive dei cercatori. Perché è sempre così quando pensiamo alla mente: finiamo per comportarci come se riflettessimo sullo spirito divino o sull’anima poetica. Mentale è più ‘neurologico’ e psichico è più ‘biologico’?

Di fatto il pensiero è antico e tanto più lo è in quanto la sua antichità è essere rimasto uguale sin dall’inizio. Ha mantenuto l’inalterabilità propria delle funzioni molto evolute. Di esse ha la delicata complessione.

Vedo: il tempo estendersi fino al proprio inizio a perdita d’occhio, come si perde in aria un numero innumerevole di spilli quando mi addormento e scompongo i tratti della tua figura. Al mattino con questi spilli di addio fermo sul foglio cose differenti per togliere loro il realismo. Nel dare forma con una certa facilità a quello che non c’è mai stato e che non si era mai visto, sta la divinità della specie, la superbia che fa immaginare la realtà come non è: aggiungere i fiori sul tavolo accanto al bicchiere di latte.

Scrivo: la civiltà si muove contro le posizioni culturali dei reazionari, e alcuni dunque pensano che non vogliono più le guerre di religione. Gli spilli formano la coda di spilli della cometa. Il latte fa un muro bianco verticale, non è più una linea. La funzione dell’annullamento ha più spesso successo contro la figura, meno di frequente ha successo contro il suono e così accadde che ci fu la teoria ed essa possiede una intera generazione di parole ma non si è mai riusciti a identificarla in una figura. Essa è sempre stata quattro ‘testi scientifici’: tale rimane.

Leggendoli venne subito una eccitazione ed un tremore: che sarebbe stato possibile dirti “Non so FIGURARMI la vita senza te eppure, nonostante la paura, IMMAGINO che sia possibile.” Sono passati quasi trenta anni, forse non ho annullato niente che conti davvero, riuscendo a costruirmi le ali PRIMA di salire fin quassù. Ora posso dirti che in ogni caso, tutti, si comincia dalle piccole cose: l’amore viene ultimo.

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le cose come vanno


Posted By on Mag 20, 2012

Dal nulla alla musica. Meglio dire dal silenzio. Ma la parola ‘nulla’ ha maggiore potenza evocativa. Il tragitto crea nella stanza un corpo temporale voluminoso. Una certezza di esistenza fisica. Il punto in cui il suono irrompe è una porta mondana. Si entra da qualche parte che vibra e scavalcando la luce porta al buio attraversato da filamenti armonici lungo linee musicali diverse. È la generazione del sonno come una collezione di foto di mare pendenti dal soffitto immediatamente colte appena alzato lo sguardo. Il ricordo del bar dove realmente sono esposte fa defluire all’indietro il tempo della musica nell’oscurità che si spande dal portale socchiuso che porta affitte le tesi di uno scisma post moderno. È la natura impulsiva del sonno quella bomba di improvvisa densità che si apre la strada secondo un ampliamento esponenziale. Chiarisce e illustra la fisica del sonno (suono…anche?) secondo una espansione di voci da una cattedra: parole alla volta e alla conquista di un anfiteatro infinito antico di fronte. Il modo di addormentarsi è privo di coreografie ma si può affermare che -seppure galleggi apparentemente immobile  sospeso nell’aria buia allo spegnersi della lampadina accanto al viso nostro- pure è, quella condizione impalpabile, un’onda intraprendente alla ventura, alla ricerca di noi. Essa si porta con sé, nella gelatina buia e profumata, il giorno passato e l’illusoria fiducia nelle conclusioni ragionevoli, generando un respiro calmo e onde cerebrali differenti: una sincronizzazione del tracciato elettroencefalografico che è biologia in modo di mongolfiere colorate, o dirigibili, o fiori gassosi in cielo, o camelie dai petali di albumina rossa e dorata.

Il buio per un tempo impensabile consente il nulla. Il nulla è termine rubato alla drammaturgia per dire l’impotenza della percezione cosciente degli eventi materiali. Il nulla farà domani letteratura del sonno. Farà, del sonno, scempio letterario, voglio dire. Il pensiero racconterà alla persona accanto a noi il vocabolario di termini che suoneranno parole seducenti, risultanti e residui di una catastrofe. Narreremo, scrivendo e gridando, del pensiero nella voragine, il corpo sprofondato nel burrone al fondo della biologia del pensiero notturno. Le labbra risvegliando la paura saranno fantasmi splendenti del terrore e insieme del coraggio impavido necessario a non cedere nel momento della scomparsa improvvisa del tono muscolare. L’inermità in cui ci siamo venuti a trovare ogni volta nel lasciare la vita cosciente insieme alla forza attiva delle intenzioni e delle previsioni è un implosione possibile, ma soprattutto un’onda di luce che urta contro il vetro caldo che si spegne nella stanza e rientra in noi. Il pensiero resta affidato alle tesi dello scisma inchiodate alle ali grandi e nere del portone socchiuso sull’oscurità dentro la cattedrale.  

Mentre il volume elettronico del pensiero monta furioso prendendosi il giorno col sonno, di noi non resta che lo sguardo altrui ipotetico richiamato da fuori. Lo sguardo del padre e della madre nel teatro dell’infanzia. Il tanto nominato non cosciente del troppo trascurato primo anno di vita. Quel primo anno non è storia, è fisiologia. Nella ricerca sulle variabili modalità e capacita di addormentarsi c’è molta medicina, quasi tutta la psichiatrica, il loro prossimo indissolubile destino. I loro successi avvenire. Non saranno più celebrazioni letterarie le interpretazioni. La conoscenza della fisiologia del pensiero si disincaglierà dalle metafore psudoreligiose della genesi. Il pensiero sarà la concezione sorridente del fiorire di successi contro il tempo inutile. L’impegno una fisionomia. 

I medici psichiatri o fanno scienza pur nello scrivere le loro dichiarazioni d’amore e di intenti, o, al peggio, certo assai frequentemente, pessima letteratura. Anche (soprattutto) in forma di affermazioni scientifiche. Perché è assolutamente difficile la ricerca del pensiero che va dal nulla alla musica, che sarebbe meglio definire come dal silenzio al suono e però si lascia la parola ‘nulla’ che è ‘sbagliata’ ma ha maggiore potenza evocativa.

Nel cadere nel sonno si intercetta il trascorrere limpido del fenomeno che genera l’immobilità perfetta che a sua volta fa del corpo vivo e voluminoso una realtà secolare che ha perduto la divinazione della coscienza previdente. Mentre aboliamo finalmente tutti i rumori esterni la poetica scientifica del sogno viene narrata come certezza fisica: è il punto in cui durante la veglia, in genere, il suono affascinante della musica irrompe attraverso una porta mondana tattile o acustica. Entra vibra e scavalcando la luce arriva al corpo scuro accaldato che sviluppa energia nella camera che abbiamo a pigione, attraversata da filamenti armonici lungo linee musicali diverse. Come fossimo, giorno e notte, pur secondo modalità differenti di fisiologie esistenziali, l’esausta madame Curie all’opera, con l’uranio sul comodino e i capelli nostri e suoi che si inanellano di azzurro.

Domani mattina per via dei sogni saremo intrattabili e pericolosamente radianti. Appassionati e innamorati di ‘niente’. Una fortuna. 

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Da quando ci sono queste dita appoggiate sul quaderno chiaro con la copertina nera il pensiero si è calmato. Le dita fanno un tetto e non piove più. Anche se mi pregassi di lasciar perdere è un moto di calma che si sviluppa. Dunque non prendertela. La massa cerebrale è materia senza un ordine esatto. Senza procedura. Può funzionare a patto che non si pretenda la predicibilità. Faccio il mestiere di dover stare sotto gli occhi di chi nel frattempo vuol capire. Mi mettono davanti a sé e raccontano. Il timore e l’imbarazzo durano poco. L’amore è una pretesa. Il transfert non fa eccezione. Se pensi che si impara non è vero te lo assicuro perché non si impara. E’ più complicato: bisogna cambiare. Distrarsi con sovrana affezione alla prassi e pretendere. Per anni vivi avvolto da una coperta di attenzioni. Non è male. Però finisce. Il declino dell’attenzione per gli anni che dura offre possibilità insperate di curarsi la vanità. Quando arrivano le mani e i fogli e le parole scritte è quasi tardi. E’ sera in ogni modo. Una sera dorata. Un rigo di letteratura. Gli eventi restano tutti perché non mi sono mai preoccupato di fissarne nessuno con la penna sui taccuini. Restano come la forma irriproducibile della sostanza cerebrale. Sono fatti solo appena sfiorati. Mai preteso di illuminare le cose che sostengono tutte le altre cose. Ciò che ha realtà di non coscienza resterà per sempre di quella natura. Sono le dita appoggiate sulle ali dei fogli del quaderno aperto. Un filo di letteratura quando l’odore della carta supera di gran lunga la qualità di quanto si riesce a comprendere.

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