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miraggi


Posted By on Mar 12, 2014

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“MIRAGGI”
copyright: claudiobadii

Nel deserto o nella tundra devi avere un punto di riferimento. Ma sono quasi tutti punti immaginari. È quello che sembra di vedere, e devi avvicinarti, per essere certo che era qualcosa di reale che avevi percepito. Il fascio dei fotoni, in viaggio da quell’area minima di orizzonte, collassa parzialmente sulla superficie irregolare della seta di sabbia portando con sé la polvere d’oro che la sabbia diventa sulla poetica degli strati di cellule retiniche. Per quei riflessi, forse miraggi, qualcuno decide di risalire fin là.

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entropia della prigione


Posted By on Mar 12, 2012

Rispetto al blog devo scrivere la parola ‘ricchezza’. Per affermare la densità di quello che resta dopo le annotazioni che tolgono spazio e tempo. Questo dislocarsi costantemente da una pagina all’altra. Proverò a togliere ancora. Tutto quello che verrà tolto avrà importanza.

Come nelle pagine il linguaggio si è spinto addosso alla porta della ricerca fisica sulla natura del mondo, così tra poco i mobili saranno ammucchiati sulla porta della stanza in attesa del trasloco. I libri e le cianfrusaglie ritroveranno un ordine differente. Molte cose non entreranno più nella stanza di fronte.

Saranno andate via. Sugli alberi che entrano dalla finestra nella stanza si nascondono rincorrendosi una infinità di clamori differenti: gole canore di uccelli, piccoli e molto piccoli. Non è un cielo di rapaci. Così piccoli sembrano  fattezze di innocenza che si possa pensarli sottratti alla vita ottusa della natura animale.

Il canto bellissimo è sempre bello nello stesso modo. Non è mai ‘poesia’. Solo le voci delle persone che traversano la piazza e la strada riscaldano i pomeriggi per il loro tono pieno di umanità. Noi andremo nella stanza di fronte a questa. Piccola a confronto. I mobili saranno ammassati per un giorno alla porta prima di dilagare oltre.

Inventario: due librerie, quattro seggiole di legno, due divani di stoffa, una scrivania, una poltrona. Due quadri nuovi. Scrivo la parola ‘ricchezza’ per contare quello che resta dopo questa pulizia. Ci sono due finestre allineate, nella nuova stanza, che danno sulla strada, parallela alla casa di cui occupo trenta metri quadri del secondo piano, per lavorare e studiare.

Le cose che non importano a nessuno diventano parole che dicono il fatto privato di un passare armi e bagagli da un luogo ad un altro. Raccontano questa mansarda che era, credo, il seccatoio di una antica fattoria che è monumento storico, ora adibito alla cura e alla ricerca. Il privato non resta isolato e protetto.

Quando le persone entreranno la prima volta, ancora una volta tutta le vite verranno travolte da molte cose come curiosità, voglie, desideri, aspettative, necessità e pensieri silenziosi. Ci vorrà tempo per venirne tutti a conoscenza. Il pensiero per ora fa capriole di ignoranza, rallegrandosi del canto di uccelli non rapaci.

Fuori ho la strada con le voci umane, e le chiome alte del giardino con l’agitarsi canoro degli uccelli. Sorrido come fosse per me quel niente di umano della loro voce. Penso i mobili dilagare domani e che di oggi saprò solo più in là il senso e l’immagine. Questa vicenda, questo pensiero, mi rallegra dei canti. Non i canti rallegrano il pensiero.

Di certo, l’usignolo che si sveglia a maggio, ora tra i rami ha l’istinto di fare ciò che serve alla sua crescita. A maggio il suono dovrà compiere il giro della casa per entrare dalle finestre nuove. La strada più lunga dei gorgheggi misura poca entropia. Pari alla tristezza di una trasformazione necessaria.

nota: provenienza della foto qui

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ossessione (2)


Posted By on Gen 3, 2012

al risveglio c’è il sogno da interpretare di una sconosciuta. il sogno è da interpretare solo se non è un ricordo. se è ricordo che si fa tornare alla coscienza vuol dire che non c’è stato nessun rapporto con il dormiente al risveglio. che noi ‘non siamo’ medici. il medico dice: “- l’idea di una donna sconosciuta è la creazione del pensiero. per il pensiero non cosciente la sconosciuta allude a qualcosa che ‘prima non c’era’-“.

quanto definiamo ricordo del sogno è una attività volontaria di pronunciare parole corrispondenti alle cose della mente: disegni e figura. il suono delle parole del disegno e della figura lascia intatta l’immagine. la coscienza che pronuncia i suoni delle parole non altera la vita non cosciente che è attività primaria del pensiero. la coscienza è spinta a definire esattamente gli affetti del ‘ricordo’ del sogno.

“- …baciavo una sconosciuta.-”

“- il sogno del bacio racconta l’atto di addormentarsi-“. il bacio è la capacità di immaginare l’esistenza dell’altro. genera una idea insieme ad un’altra idea differente che appare talvolta del tutto incoerente con la prima. addormentarsi e perdere il controllo cosciente sulla realtà, implica una trasformazione interna. il sogno del bacio è la certezza che rompe l’incantesimo della confusione a proposito dell’interpretazione del sogno e della cura della realtà psichica.

il bacio nella vita cosciente propone due possibilità differenti di ‘essere’ o ‘non essere’: la ribellione alla propria impotenza o il cedimento al desiderio. si dovrà attendere la certezza di aver cambiata la propria realtà interna da rabbia a desiderio, o si ‘deve’ comunque franare sulle sue labbra per lasciarsi poi sedurre? si deve essere già subito differenti da prima, o sarà quel bacio che induce poi la trasformazione?

il bacio ricordato al risveglio è la forma del racconto di essersi addormentati senza il terrore di non trovare più il mondo al risveglio. al risveglio il sogno dice che l’essere umano ha ri-creato ancora una volta le condizioni del proprio sonno. le pecore bianche allo steccatoo fanno il verso a dio. gli esseri umani sognano le giostre dei bambini per opporsi al tempo della natura che gira ossessivamente e fa la ruota del pavone esibizionista.

noi ci addormentiamo e poi ci svegliamo sognando baci e giostre e donne sconosciute. poi per questi eventi inenarrabili scriviamo che il tempo si pavoneggia in un ventaglio di periodi storici. e che noi uomini e donne restiamo alla catena delle parole. e che il mulino va avanti col lavoro della ripetizione. mentre invece -scriviamo- noi godiamo il sapere che l’evento ripetitivo della macina che gira intorno porta la farina.

ed altre cose incomprensibili: qualche volta sono stato con persone così belle da farmi vergognare della mia normalità. ne sono uscito quando trovai l’interpretazione sull’invidia come negazione e la specificazione che: la bugia è una cosa poco pericolosa ed è della coscienza, mentre la negazione è una attività inconscia pericolosa.

“- dunque-” pensai “- parlare non è per spiegare le cose ma per lasciarle vivere. altre volte per non lasciarle morire.-“

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sui muri


Posted By on Nov 17, 2011

sera

sui muri

sui muri disegni di china riscaldata sparata a laser raffigurano l’amore di una coppia la porta di casa spalancata le grida di piacere avanti e indietro la soglia sullo sfondo il napalm, una voce che urla suggerimenti da un altoparlante e in primo piano quieti struggenti i volti dei figli

un occhio inciso delicatamente sulla pelle bene augurante è arrivato lesto: è entrato a cercare scintillante -dalla strada che guarda la casa- girando un angolo acuto fino al gomito di specchio dove mi osservo appena sveglio

le fattucchiere si fanno il caffè di fronte all’obbiettivo bellissime ridenti io lucido il vetro: lucido e pulisco col vetril di lacrime: si paga con briciole di conoscenza la colpa delle cornacchie che rubano guanti e castagne

sono uscito portando con me la sicurezza del freddo riflettendo “si sa quasi tutto di certe persone, tutto di altre, di certe si sanno segreti loro ignoti e per questo si fa silenzio al burro e marmellata si fa silenzio al caffè la mattina tacendo assieme a loro”

dalla pianta dei piedi è l’ascesa vittoriosa e negli occhi la ricomposizione del pensiero e sulle dita la potenza per ciò che deve accadere e così dico alla prima che incontro “per te ho varcato l’aria” come un annuncio matrimoniale o una dichiarazione di guerra o uno sbuffo di vapore

nei regali ci si intende sulla natura dell’allegria e della riconoscenza, nella miseria si sciala fino al fondo lungo le linee vibranti dell’alta tensione deposte sul pavimento dell’oceano: il pensiero si ricompone nelle moschee allacciando i passi felici ad una foto di figure di donne

un mondo salato e delicato il lago degli occhi incisi ai tuoi gomiti che si diffonde poi -dalla finestra- sulla strada, sui cartoni dei senza casa, sul bianco e nero di carta e parole “hai messo tu l’astronauta sul ripiano del caffè?”

“l’ho messo per significare che la nostra storia di mutismo è stata un’autostrada” – “e io solo scrivendo facevo rumore perché mi avevi convinto che gli strepiti sono la bontà” – “e io ho temuto che l’amore fosse una macchia lunare ” – “non smettere più”

la foresta di ragnatele in teflon nasconde capanne, io cerco i pochi eroi scampati al sacrificio, quelli con l’incisivo d’oro imbarcati sui galeoni in fibra di carbonio perché la strada di libertà tra la mia casa e la stanza caldo arancio del lavoro è piena di storia….

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Posted By on Lug 25, 2011

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Si dovrebbe dire qualcosa di tutte le cose. Evidenziare l’effetto di risalto che fa nella mente l’arresto del moto della caduta dell’albicocca staccatasi dal ramo più alto conficcato nell’ellisse dell’orbita di Giove prima che si schiacciasse sulle pietre bianche del pavimento del giardino privato dietro casa oggi alle tre. Si deve parlare tentare di scrivere qualcosa a proposito della calura impressionante dei giardini d’estate per cui si è cessato di uscire a giocare fino a che la sera non si porta via le caldaie bollenti delle nuvole di afa. Il caldo è una passione. Una forma violenta. Un ordine costituito. Bisogna fare la lotta denunciando e diffondendo la necessità della guerra contro il rumore del bollitore celeste che ci fa ammalare perché ci riversa addosso l’impossibilità di respirare sotto forma di miele dicono che è la natura della meteorologia impazzita. Bisogna esprimere l’inutile bellezza dello spreco tipicamente umano e scendere alla miniera dove si estrae la sapienza dalla passività dei corpi immobilizzati e torturati. Si esaltano i corpi infernali più che le luminose cavallette nell’oceano luminoso del paradiso. Scrivere amando allacciati come cinture di salvataggio gli uomini lucertola incatenati alle pietre i toraci che si arrossano tra pietra e sole e neanche l’indignazione gli riesce più e realizzano nuove forme di pensiero a proposito della resistenza. Una puntuale resistenza promessa per domani stesso se riusciranno a scampare ai raggi e alla solitudine. Bisogna dire i pensieri di coloro che patiscono torture che noi neanche possiamo immaginare. I pensieri di coloro che non potranno neanche mai essere consolati dall’idea che potrebbero anche essere salvati non fosse per l’indifferenza. Rendere conoscibile tutto quello che resterà per sempre sconosciuto a chiunque nella sua esistenza. Bisogna pensare che non è finita per sempre mentre tutto è oramai finito per sempre. Nella scrittura ci sono evidenti segni di ardore controllato. Bisogna denunciare la consolidata disciplina utile ad accaparrarsi l’Ambito Premio. Svelare l’impazienza antipatica dell’Artista-Bambino obbligato alla Predestinazione. Ci sono coloro che decidono le esatte proporzioni della diseducazione che acquista così un grande effetto estetico. Faccio anche l’archeologia delle rovine dell’emozione fredda che viene sommersa dal terremoto scrosciante della cascata degli applausi del ‘Pubblico’. Il ‘Pubblico’ che ovviamente e tristemente non è il pubblico.

Sto altrove a distanza. Riconosco il pensiero libero – nei cantieri delle civiltà  imbiancate della polvere delle alte tecnologie. Rovina anch’esso -però come una manciata di uvetta dalle palme di un ragazzino- nella calcina preparata per l’asfaltatura della pista di formula uno. Scrivo il ricordo senza storia della delusione che resterà ‘per sempre’ . La delusione è una manciata di puntini scuri in pochi centimetri quadrati della curva alla fine del rettilineo di partenza. Lacrime senza una ragione come fosse stato un evento naturale, non la distrazione fatale di un eccesso per l’entusiasmo irrefrenabile di una corsa. La pioggia di chicchi dolci potrà essere confusa nella sua disordinata disposizione con l’ipotesi sbagliata di una causa naturale. Il caos è falsa poesia e motivo di illegittima attribuzione di origine dei fenomeni. Di fronte alla manciata di uvetta sfuggita alle mani di un ragazzino e adagiata nella pasta di calce e sabbia bianca dove ogni lacrima dolce e appassita ha preso il proprio posto scomparendo e lasciando bolle concave sparse il riscontro di una verità al nucleo delle ‘cose’ è una previsione di natura arrogante. Quello che si può dire è che soltanto la fine ha un verso. E che la vita che non ha un punto fermo nel suo continuare è dunque senza ‘verso’ senza centro ed infinita. Dalla cultura che riflette senza pazienza e dunque è per ogni verso subito deludente e finita voglio volare alla chiarezza del pensiero che nessuno può dire la fine nella sua caratteristica che ha un verso unico e conoscibile troppo tardi. Cercare in queste terre occasionali le voci estese dalla terra al cielo da inseguire. La terra del pensiero che sa amorevolmente attendere una direzione che sopravverrà di fronte a noi superandoci con un balzo e una capriola e tutto sarà lo stupore del primo anno. Dell’inizio che si distende. L’unica intelligenza appetibile è la massima capacità di comprensione rimasta sulle spalle quando cadrà il mantello azzurro cosparso di stelle e si sarà sciolto l’ultimo grano di sale nell’acqua che beviamo perché possa restituirci l’equilibrio perduto a causa del sudore sotto le nuvole basse di agosto.

Differente dalla comprensione delle cose e dal discorso sulla ‘verità’ – indeterminata ed affascinante – la sapienza chimica in questi giorni di caldo si accresce insieme a certe idee sulla letteratura. Io per me ritengo che un essere umano che scherza sempre con troppa superficialità e odia fare sul serio con le cose e le persone scrive teorie e romanzi e anche poesia magari. Chi ha qualcuno che gli sta a cuore scrive soltanto. Forse questa è una differenza tra letteratura e musica. La musica e scrivere è immagine delle cose che non si possono pensare? Devo chiedere. Le cose che si fanno è musica che non si dice è quando le cose che si fanno sono l’immagine e l’immaginazione e sono noi ridotti quasi a niente di più che noi. Se il primo anno di vita è esistenza di realtà mentale senza coscienza la coscienza non avrà mai nessuna possibilità di realizzare un pensiero verbale a proposito di quel diverso pensiero: quel primo anno resta sempre quello che si deve tacere poiché non si può dire. Esso si ritrova  nella densità della vita collettiva. Ma non è mai ridotto al dopo: alle falde della piazza dove siamo morti per la passione alla grazia della donna che cammina assorta districando capelli tra le dita poi il dopo non ha trovato che la parola resistenza per affermare lo spazio libero e il pensiero schiavo della propria potenza. La musica è il pensiero della incredulità perché l’immagine resta sempre – essa dopo non muore mai – al primo anno che si risolve lento e lento scivola ride e dice siamo la pelle della muta del serpente fertile e intelligentissimo che scrive il patto sociale tra il fango e  il colibrì virtuale. L’immagine dice cose che non saranno mai più pensate: esse resteranno a fare vite irripetibili nella misura variabile della densità che in ciascuno assume l’idea di vita sociale. Di livelli di possibilità di conoscenza collettiva.

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