chi donna non è nato


la cicogna portata dai bambini


Posted By on Nov 10, 2013

"CAMUS" ©claudiobadii

“CAMUS”
©claudiobadii

Scoperta. Gli appuntamenti. I puntini sulla carta altimetrica del tempo tuo e mio. Eccoci ancora al tavolo della stanzapianoterra. Il bordello domestico innocente e il casino dei poveri che fa per noi. Scarpe grosse data la pioggia. Oggi una catinella è diventata la strada. Cantiamo sotto la doccia di gocce azzurre e argento e si è fradiciata la carta de “L’ordine libertario – Vita filosofica di Albert Camus ” scritto da Michel Onfray  e pubblicato a settembre 2013 da Ponte alle Grazie che ho comprato ieri. Riso diventano le pagine e ridi tu di me con questa pasta di alberi (le pagine di cellulosa disciolta appunto) sotto il temporale. La cellulosa per fortuna, riparata nei libri riposti dentro le librerie, circonda tutte le pareti di casa ed è anche un tunnel lungo. Ci abbiamo abitato quotidianamente. È il viaggio di nozze che dura cent’anni. C’era una volta. Tra le mie dita ricordo sempre pagine disegni come negli occhi il sesso femminile. Non fa differenza. Mi ci sono sfamato una certa curiosità e l’insonnia che è un regalo divino una grazia e una benedizione per chi ce l’ha avuta. Come particelle fluttuando si andrà a cena con certi amici ripetenti come noi che non siamo mai stati promossi alla maturità del cinismo. Usciremo insieme. Il verbo con l’avverbio che è scudiero fanno festa. Intanto ho otto ore di aperitivi di pagine e silenzio. Ho insieme a te una piccola casa di libri e geometrie piane. Abitiamo stanze che sono poco distanti da un bar per borghesi tronfi e scemi e da una lavanderia per persone quasi sole. La vita smisurata la facciamo stare nel progetto abitativo composto di stanze più e meno numerose secondo i momenti. Come nei sogni esse si ampliano si incastrano una nell’altra sono cioè le dita degli innamorati. O si sciolgono e si stendono una dopo l’altra in una cosa che è la collana di perle che abbiamo comprato alla fiera. Le finte perle di plastica dura contraffatta con l’irregolarità delle perle vere quando vengono passate tra lingua e palato. Le parole che misurano le piccole irregolarità che fanno credibile il linguaggio. Stanze a pianoterra chiare adesso erano ripostiglio e garage bui senza finestre tre anni fa. E poi -dopo la seconda adolescenza che prelude ai nostri quasi troppi anni- con il lavoro delle parole e delle tue creme di verdure possiamo starcene accigliati senza troppi complimenti che distruggerebbero la differenza del colore, di fronte ai fiorellini sotto le magnolie che non lasciano crescere gran che con quel peso d’ombra. A causa delle magnolie dunque si studia in penombra di fronte al mare brullo del ‘fuori’ che è di proprietà come si dice, e veramente è di più della somma delle stanze. Leggendo il mio libro dico che vige in un certo senso un ordine libertario anche qua dunque. Come tante persone oneste, per una ragione o per un’altra, senza che ci pesi per niente, stiamo quasi sempre tra noi e, a causa di questo imprevisto isolamento, non abbiamo molte occasioni per avere una conferma di ‘noi’. Di certo ognuno per conto nostro siamo convinti di tutto ‘questo’. Non è tempo di godere la socialità ora con la stupidità dilagante e l’approssimazione e tutta questa filosofia della bontà dell’uguaglianza verso il degrado. Con un fondo di sentimenti differenti ti ho lasciata là a guardia e testimone del nostro sottoscala. Io ho l’appuntamento domenicale esito di un innata tendenza al libertinaggio che non hai voluto togliermi. Tu ai fiori eserciti tutto quanto io ignoro. Per me sei perfetta e fedelissima. Mi serve pensare immediatamente così dato che voglio essere presente anche stamani ai profumi e alla scienza dell’aria calda spinta addosso alla biancheria. Ehi. Ancora non è chiaro come sia possibile che negli ultimi tre anni non abbia perduto il gusto di scrivere queste pagine. L’idea che ne ho è che dovunque capiti ti penso e non riesco a lasciarti in pace. Come se fosse evidente che essermi irraggiungibili mi rende le ragazze desiderabili. Attraverso da mattina a sera il tunnel dei libri in forma di aria di strada e volume profumato della mia stanza. Il suono dei passi dentro le gallerie attuali fa eco alle passeggiate sui crinali e sulla spiaggia di sempre. Sono felice, non c’è altro. “Camus intendeva smarcarsi non tanto da questa lettura sbagliata dell’esistenzialismo quanto piuttosto da una filosofia che, quando è cristiana presuppone la critica della ragione a favore della divinità, e, quando è atea, divinizza la storia. Camus non vuole scegliere tra Dio come storia e la Storia come dio, e pensa all’arte di vivere in tempi di nichilismo.” È il mio regalo di stamani. Vivere contro la pretesa del nulla. Cioè quello che sei ai miei occhi. L’amore, forse, neanche c’entra gran che.

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chi donna non è nato


Posted By on Ott 3, 2013

Essere mendicante attorno al brulicare delle innovazioni urbane. Dentro la bollitura tecnologica incalzante riposare la mente toccando con la punta delle dita la fronte alta delle divinità domestiche. Ho scelto subito che conviene. Mi conviene. Ogni momento arriva come un ospite atteso che è adatto alla mia età. Non devo faticare attorno alle definizioni a memoria. E la perdita, della stessa memoria, mi porta il vantaggio dell’amore al riparo delle ombrose tende. Il bazar delle marmellate si protende avanti. Il nesso era stato che il balcone è il seno materno. Una volta ‘mortale’ adesso non più solo mortale perché non più sempre solo materno. Erotismo.

Ma posso permettermi l’azzardo dato che sono certo che non è maschile la fantasia di una realtà esterna in continuo amplesso sessuale. Metafore di tal genere so che tengono vivo specialmente il pensiero femminile. Pensiero che è ‘modalità di pensiero’ e si rallegra di sé assai più del gioco di guerra e di conquista del riflesso sull’acqua del volto di chi donna non sia nato e che a quel volto irriconosciuto anela. Da qui l’astio che distingue i compagni delle signore e ragazze. Compagni al loro braccio che siamo transitoriamente e vicendevolmente prima o poi tutti. Possiamo affermare che un essere umano astioso diventa comunque maschile.

La spinta all’erotismo è umana. Poi, per ragioni complesse ma non insondabili, la rabbia dell’incomprensione che distrugge i disegni del progetto politico primordiale fa il maschio. Resta ad ogni distruzione rabbiosa una preponderanza della differenza esclusa. Tale differenza viene messa alla porta da quanti sono privati di possibilità di comprendere di più. Femminile viene definita ogni raffigurazione colpita dall’ostracismo. Tuttavia di rimando si generano nuove figure di femminilità ogni volta che nella mente degli esseri umani esclusi non si rompe l’ideale dell’altro attraente.

Seppure delicato, per quanto lieve sia il pensiero umano, alcuni hanno accesso al magazzino delle invenzioni d’amore fisico, ed altri non hanno tale accesso. La preferenza aprioristica di un genere rispetto all’altro è equivoca. Tale equivoco non è erotismo. Anche se troppo spesso quanto sa di materia osservata viene scambiato con le avventure dei tappeti volanti cioè gli aerei amori cui l’eros conduce. Vicinanze mancate perseguitano la distinzione tra i generi. Per adesso si dice sia gentile esser donne e scomodo e inattuale restare il resto dell’umanità. Io sono parte di quel resto. Per questo so che una realtà esterna in continuo amplesso sessuale tiene vivo specialmente il pensiero femminile.

Sviluppo la qualità di una certa disattenzione rispetto a quanto dovrebbe disperarmi: che non sapremo mai, noialtri, di noi medesimi questo amore per quello che non siamo. Scrivo, da donna, come conoscessi il ventre anatomico e la poesia della struttura dei tessuti profondi: “La nostra scienza è questa ignoranza delle sottili vene di calore e luce delle quali siamo incapaci di articolare figure migliori che quelle dei manuali. Disegnando fissiamo il noto. Le donne velate ridono. Le donne sanno velarsi per cose differenti dagli agguati.” Comunque conosco il dato che la letteratura è un agguato e una mendicazione. La mendicazione come per esempio la si legge da Elias Canetti ne “Le voci di Marrakesh”. La mendicazione unica di cui valga parlare, la doppia mendicazione di miseria e cecità.

Da donna scrivo come avessi un ventre femminile: “Capire avviene dentro un sentimento insinuante di spossatezza e precisamente dentro il sentimento dei sensi mossi durante la caduta del corpo in angoli di accoglienza. Noi siamo finalmente a casa tra i ciechi. Finalmente noi ragazze sappiamo esprimere come, evocando i sentimenti di riflessione nei muscoli decontratti dalla soddisfazione dell’inappagabile altrimenti, si riesce a centrare il mondo sul forellino dove il compasso si è appoggiato per inscrivere nella circonferenza numerose istanze -che chiamiamo ‘figli’ e ‘futuro’- senza distinguere i corpi che nasceranno dalle frasi in gioco già oggi.” E poi ho la chiarezza a proposito dell’agguato dei mendicanti ciechi.

Essi che mi liberano di me donandomi una invisibilità che non è mai non essere. E’ una folla di indovini mitici. Tiresia moltiplicati in grani di polvere. Non protesterò. Perché ho evitato la sorte di una degradazione termica. Il ritorno della comprensione dell’amore ad un equivoco ottocentesco. Colgo l’erotismo del blu notte nella visione solidale tra esclusi come sono ciechi di Marrakesh. Appena qualcuno, chiedendo, ci ferma è ogni volta ‘per sempre’. Divento femminile e penso “Chi ama di più è il cieco. Quello ammanta il proprio oggetto di ricchezza.

Avevo occhiate di adorante desiderio. Dai due lati non si sapeva alcuna misura. Gli inviti originati dalla sproporzione funzionavano come il sorgere e il tramontare del sole. “Quando torni. Quando ci vediamo. Vieni. Aspettami“. Tendo la mano oltre il foglio. Non ha niente da offrire chi scrive. Ci riduciamo da far pietà. La stima e l’ammirazione dei lettori incarnano ogni volta la distanza di gesti di corrispondenza. Ma restiamo lontani. Chi teme la eccessiva letterarietà di queste affermazioni chiama esagerazione ciò che non è altro che soglia sull’erotismo femminile. Una promessa. Il mendicante  cieco assicura e promette di restare povero come è.

Possiamo anche non dare nulla. Non misureremo in una sua ulteriore disgrazia la nostra misera avidità. Capisco una donna che non può misurare l’entità di quello che propone nel sesso se non con l’aumentare della propria miseria. Quella miseria è precisamente, se chiedete a loro, femminilità e sensualità che restano incomprensibili dal momento che aumentano con il darsi. Avvicino chi è simile nella quotidianità di lasciarsi sempre convincere. Ma il sempre non riguarda conclusioni qualsiasi né generiche convinzioni.

Ogni momento arriva come un ospite atteso che è adatto alla mia età. La perdita della memoria mi porta il vantaggio dell’amore cioè precisamente avanzare protendendo i tentacoli sensoriali della mia cecità per raggiungerti e sfiorare e tenere a lungo il silenzio e la temperatura del desiderio al riparo delle tende ombrose. “Ti amo. Mi manchi. Ho bisogno di te.” Più che altro imploriamo. Non è un luogo della mente cui si arriva ‘paradossalmente’. Implorare non è un estremo. La scelta del termine trasforma la realtà mentale di chi ascolta. Il soggetto della nascita grida e implora l’oggetto che possa confermare una cecità transitoria. Il soggetto non teme di chiedere una presenza. Esso non ha dubbi. E’ un amante ideale.

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