evoluzioni


“dimmi, dimmi…”


Posted By on Mag 29, 2017

Mi sono soffermato un momento. Un momento sempre contiene come ogni altro la vita. Mi soffermo in silenzio e nomino, in modo inapparente, la vita intera e interrogo con lo sguardo -che perlustra il cielo luminoso e le palme posate sul tavolo- il senso di essere arrivato fin qui. Sia qui oggi in questa poltroncina di vimini del caffè sotto i portici: e il senso di essere qui alla stazione galattica di un viaggio iniziato sessantotto anni fa (circa….). Visione e amoreggiamento, carezza e fughe sui banchi di sabbia. Il procedimento ripetitivo ondeggiante del pensiero dice ‘scarabeo scarabeo colorato lascia deposta l’offerta l’offerta speciale del verde indescrivibile’.

La formazione alla clinica medica ha schiuso la corolla delle dita curiose e impacciate di ragazzino sul prato di un umanità tutta pelle ed ossa. Prima esercitazione: sfiorare il torace, tastare i polsi arteriosi, valutare la consistenza cutanea, scorrere la grana epidermica, annusare il sudore, perlustrare le variazioni cromatiche di rossore e pallore, cogliere il grigio di ischemie e il porpora delle infiammazioni, cogliere intero il quadro obiettivo: tuffarsi nel farsi un’idea delle funzioni nascoste.

Il pensiero si inoltra di là dalla frontiera pregando “Lasciami cercare, ora, finalmente …”. La curiosità ha polpastrelli infuocati, olfatto di cane, radar di ciechi pipistrelli: conoscenze come apparizioni che sono punte di lancia acuminate. Il medico esperto si è formato a compiere gesti di inopportunità, a trovare piuttosto che chiedere. I medici circumnavigando i letti e i corpi vogliono scoprire quanto è nascosto.

Il medico ogni volta raccoglie anamnesi facendo un viaggio in luoghi occupati da diversi dittatori. Ci sono credenze feroci intorno all’idea di umanità. Alla cassa depositi e prestiti lo scienziato chiede il credito della ipotesi diagnostica e del criterio scientifico.

Raramente ci si tuffa in mare portando bollicine d’aria in fondo e tornando in superficie insieme all’ossigeno che si diffonde attorno. Esplode al sole il corpo spinto verso l’alto dalle anfore polmonari gonfie di pianto trattenuto.

Nel 1972 “Istinto Di Morte E Conoscenza”. Gli astanti sulla banchina del parto espletato hanno facce indecidibili. Non sanno che pensare. La parola diagnosi si espande nell’atmosfera di un teatro mai più tragico: la cura possibile.

Attualmente lungo Via della Rivoluzione ho come disegnato in cuor mio che la professione di psicoterapeuta allinei con le sedute una miriade di bazar librari come porte di accesso a stanzette verniciate di rosso sangue e azzurro cielo. Ho illustrato l’idea che una psicoterapia che interpreta i sogni sia puro linguaggio non puro pensiero.

18 Maggio 2017, ultima edizione di “Istinto di Morte E Conoscenza”. Cercherò poi altri libri adatti. Intanto, dopo essermi soffermato come uno che fosse senza vita per la grande immobilità, mi muovo una volta ancora, sfioro con le dita il dorso della mano del grande scrittore che ripropone la “Violenza Invisibile” nell’ultima prefazione del Novembre 2016. Le dita di Massimo Fagioli, invisibili, mi appaiono ben disegnate, sottili abili eleganti e commoventi, sulla copertina di questa pubblicazione deposta in gran numero di copie sul banco delle ultime edizioni dai librai.

Sono donne di sogno che non so smettere di sognare. Piegate dal loro proprio desiderio. Donne che raccontano come siano sconvolte da certe parole. Che nacquero in loro dall’ascoltare un linguaggio che non fu puro pensiero.

Parlo piangendo con il libro deposto sulle mie gambe “Dimmi: come la vita ti ha cambiato? Che sei diventato? Come il tempo si è disposto al tuo apparire?”

Il libro dice quello che la scrittura nella mente scopre muovendosi come fosse la mano di un medico, abile e sapiente, che scorre sul torace della mia vita tutta pelle ed ossa. Dopo trentacinque anni di ricerca durante la vita professionale.

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corvè


Posted By on Mag 6, 2017

“Quadri d’Ombra”

Ha aperto le braccia, ha riversato il viso al cielo, ha chiuso gli occhi e ha aspettato l’abbraccio alla conclusione della corsa di lui che velocemente veniva traversando deserti.

Le braccia alzate sono tutte le occasioni di rapporto quando aveva lasciato aperto il discorso. Aperto su una frase ulteriore che aveva sperato -illudendosi- sarebbe stata segno di  coraggio di procedere senza porre l’accento sulla fine.

Disegnare figure fu il lusso di proporre il corpo per accontentare le voglie di agio e di scontro implicite nel desiderio e nel lavoro.

Ero più giovane di venti anni e disegnavo il calore smaltato della biologia tra desiderio sessuale e artifici del linguaggio: linguaggio verbale cosciente e biologia del desiderio furono le braccia alzate. Lei ero io che andavo a prendermi lo spicchio di cielo cui aspiravo.

Di allora restano sulla retina le figure delle due stampe oramai ben fissate su pareti affacciate a destra e sinistra della poltrona dalla quale esercito il mio lavoro.

Da Est a Ovest, o da Nord a Sud: il disegno è il mondo intero a partire da un punto del tempo.

Mondo a matita su un foglio bianco. Mondo su un foglio sulle mie ginocchia. Mondo/disegno: esigenza di esprimere non si sa che.

La figura contiene un’idea inconscia relativa al mio lavoro di medico attraverso la massa del tempo collettivo. Ha qualcosa del contesto socioculturale degli ultimi decenni.

Sognavo ad occhi aperti l’ombra della sera. Cominciai l’esecuzione, il più possibile esatta, attraverso l’azione muscolare della mano che limpida, quasi trasparente, disegnava ombre e luci.

Un pensiero agiva sulla figura facendole aprire le braccia, animandola, piegando il suo viso verso l’alto. Era un’idea inconsapevole e invisibile. Evidente la forza che muoveva la mano secondo intenzioni su per giù artistiche.

Si poteva, peraltro, guardando la postura evocativa della donna, presupporre un’ansia d’amori futuri, e ‘vedere’, nella grafica, la disposizione ad un abbraccio alla confluenza di due vicende: quella dell’ombra femminile piena di voglie, e l’altra, fuori dalla superficie del disegno, di uno che lei vede arrivare con passi infuocati.

La mano, cieca come la coscienza, realizzava certe variazioni di un’attesa appassionata con il grasso scuro della grafite sulla pasta ipercalorica della cellulosa d’alberi sudamericani sbiancati in grandi vasche chimiche e compressi in sfoglie di carta poi sezionate in formato A4.

Venti anni sono passati. Oggi le braccia aperte della figura rivelano altro dietro l’intenzione espressiva delle attese del desiderio.

È evidente che il disegno è la rappresentazione di una resa. Le braccia alzate dicono “non si potrà tenersi niente”

Braccia spalancate e occhi al cielo i due quadri sono termometro e barometro dei tempi: due ragazzi di vent’anni non sprecati, sull’orizzonte di questo pavimento ancora rosso.

Le figure speculari di donne volte al cielo (soprani dell’Opera) sono la resa alla scoperta medica che sostiene la Teoria della Nascita(*).

Ero di fronte ad una rivoluzione che era già avvenuta. Non potevo farla io. Potevo farla mia.

Ipotesi di una vita di servizio. Anni che dovevano passare di modestia, senza gloria. Una prospettiva di vita, senza potersi nascondere la realtà della verità, fa paura.

Con le mani, sul foglio appoggiato sulle ginocchia, disegnavo una resa che poteva sembrare una cosa trionfante.

Qualcuno, stampatane una copia, la collocò sulle pareti di casa e rispondo per il significato distorto che ognuno di loro può essere stato indotto a attribuire alla figura.

Sono passati gli anni di corvè sui campi del re. Ho fatto il lavoro di ascolto e interpretazione. Il soffio della voce ha alimentata la fiamma nel camino.

Il linguaggio della fantasia ha portato il fuoco dal bosco al focolare. Con la pratica della poesia ho procurato i soldi per la vita fisica dei figli.

Nella clessidra incandescente di ogni giorno la sabbia di scintille sale al cielo. Ogni tronco si trasforma in cenere e calore secondo una rigorosa proporzione di tempo.

Il tempo si rivela della stessa natura fisica del pensiero. È un oggetto come una fiamma che, nel suo starsene in uno spazio, si muove caoticamente e lo estingue.

È  un’intelligenza. Un moto di raffronto. Un intreccio di scambi incessanti tra cose di diversa temperatura che tiene insieme l’universo.

La natura del pensiero è biologia del tempo. Non è un substrato NEUTRALE su cui si dispiega la vita mentale. Ne fa parte!

Il senso del tempo, differente per ciascuno, specifica il modo di trascorrere la vita intera. Ansie comprese.

Alzando gli occhi dal foglio di adesso vedo, ai lati estremi del campo visivo, le due figure che da venti anni tengono teso il filo degli ultimi quaranta anni.

Ho ascoltato: e dopo parlavo sempre per annullare il nulla che le parole ascoltate volevano fare. Guardavo, attraverso l’ovale della cifra zero, il mondo delle cose che non hanno mai dimensione nulla.

Se chino gli occhi sulla pagina, per correggere eventuali refusi, mi sembra di aver finalmente capito il necessario. Che non resterò più senza risposte. Che potrò sempre soffiare leggero e forte sul fuoco del camino.

Finita la corvè potrò parlare davvero. Dire la mia. 

Ma di nuovo la resa. La scoperta diceva l’umanità indispensabile. Che la guarigione dal disumano dell’indifferrnza, dell’odio e della rabbia consiste nella capacità di portare la scoperta della nascita(*) -che è un dato scientifico- all’uso quotidiano di pratiche amorose.

(*)1972: “Istinto Di Morte E Conoscenza” – Massimo Fagioli – L’Asino d’Oro Edizioni. (ultima edizione Maggio 2017)

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ri(e)voluzione


Posted By on Apr 3, 2017

Per capire devo rimanere aperto e non assumere una posizione sistematica e non voglio fermarmi troppo: non tutto il tempo che sarebbe necessario alla elaborazione di un grande schema dove collocare abbastanza cose del mondo o del pensiero. Tanto sento una identità intuitiva che raccoglie quasi tutto, tanto questa capacità resta in se stessa o appena riversata attorno. I grandi possedimenti li percorro senza appropriarmene mai. Evito gli intenti proclamati: restano dentro di me, e scorrono nel sangue, fino a quando si fanno dispacci epigenetici. La cultura, tramite una forma esatta di pensieri minimi successivi, si fa natura. L’elica ricorsiva delle azioni neuroelettriche gira in una gelatina grigio azzurra filando differenti pensieri avvolti gli uni agli altri in numerose eliche. L’io è un tratto di unicità composita. Così la relazione sensoriale col mondo che è uguale per tutti, si trasforma nella realtà mentale di tanti soggetti quanti furono gli esseri umani dalla comparsa della specie ad oggi. Per andare dalla natura esterna all’interiorità del soggetto… si attraversa la linea della figura umana. La trasformazione, poi, avviene al sicuro, entro scatole di forma uguale. La natura fisica della vita mentale non è sovrapponibile alla struttura funzionale della biologia cerebrale. Gli intrecci sinaptici sono fin troppo semplicemente evidenti tanto da poterli descrivere in uno schema. Al contrario: il filo rosso dell’io, filato dall’elica di azioni ricorsive nei parenchimi encefalici, è incapace per sempre di sciogliersi nelle proprie componenti. Irrisolvibile a se stesso, pena la propria dissoluzione, sviluppa la coscienza insieme al sogno ed evoca tutti ad un lavoro differente da ogni altro. Che si compie al telaio della ri-evoluzione. È una prassi ignota che non è più compresa nella forma del pensiero di Marx.

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