picasso


Dunque anche la bruttezza. Come definirti non bella? La promessa di te. Ciò che di te si vede che mente costantemente. E dirti sei un tesoro è un’altra bugia. Volontaria: consapevole, insomma. Non sviluppare un pensiero medio. Una descrizione mediana anch’essa. Ecco: non sviluppare non sviluppare. Arrestare ogni miglioria. Non seguire i buoni propositi. Ribellarsi al consigliere di corte. Alla prima damigella. I saloni grandi sono il pensiero, le volute di fuoco e fiamme. L’ideazione e l’immaginazione delle cose da concludere. Sei tu sei tu che leggi e scrivi e, insieme mentre scrivi e leggi anche ti fai leggere dalle voci acclamanti e intanto continui a scrivere e anche intanto pensi tra suoni gridati idee invisibili e segni. La bruttezza è inevitabile alla creazione di una cosa mai vista prima. I successori ti faranno bellissima quella che io solo ho visto, ti faranno bellissima senza vedere e io mi terrò il marmo a scaglie nel giardino. Grande, con muri alti come il castello piccolo di un valvassore. Poco più di una stamberga presuntuosa: ci sentirai cavolo e cipolla. Dentro, oltre il muro anche i colpi di martello. Dentro, anche, noi. Ora si vede poco con tutto questo narrare.

Bisogna che non smetta mai di coltivare un giardino nella foresta ma è tutto un correre intorno per cacciare la natura dai fiori più evoluti. Ai confini sfumati i pensieri umani hanno radici delicate, bianche, alle setremità dell’albero rovesciato che fa il cielo nel terriccio. Inarcati, i fiori, sono il ventre offerto. Per questo i giardinieri sono amanti bizzarri e fantasiosi capaci di tenerti ore tra le mani per capire lo stato del terreno dall’incarnato di un petalo e di una foglia. Non si racconta ai fiori del giardino, solamente ci si passa in mezzo. La storia incombe da fuori. Michelangelo tra Firenze e Roma. Tra un principe e un papa. Saranno questi i verdi pastello e l’azzurro sognati come gli arti, le spalle rotonde, la trasposizione quotidiana. Le ostie indigeste di marmo. Su questo ulteriore testo illustrato su Picasso ancora riproduzioni di disegni tessuti. Sculture accennate. Formidabili pensieri in apparenza di figure piene, petali di fiori nella foresta che lottano. Non c’è vittoria. Semmai preponderanza duplicazione riproposizione insistenza che hanno effetti sul pensiero. Il pensiero instancabile si capisce bene nel lavorare dalla mattina alla sera. La pazzia si capisce bene dal modo insistente riproposto nello sfruttamento del lavoro contro la creazione di quello che non si era mai visto. Il verde acido diventa buono o cattivo.

Le trasformazioni sono continue. La materia delle cose è infedele e tradisce i dittatori ossessivi, ride in un angolo in ombra. Sogno una possibilità che non sia opposizione. Uscire dal mondo della dialettica. Scivolare via dalle proprie cosiddette origini culturali. Il materialismo che non può essere dialettico perché le cose sorgono: il ‘campo‘ che fluttua determina l’idea della ‘particella‘. Perché si è voluto conservare l’unico modo idealistico di una serie che sarebbe successione conseguente? Materialismo, dialettica e idealismo sono la stessa cosa. Ma non così va il mondo. Non in quella visione il mondo risiede. E neanche la fisiologia del pensiero. È profonda la tristezza nel capire in questo sole accecante. Forse capisco adesso anche gli amori di tutte le estati. Minacce di desideri impossibili. Si potrebbe sempre scoprire invece, adesso, il sorgere del pensiero, la democrazia fisica  delle oscillazioni da cui nascono probabilità innumerevoli. Ti chiami la mia vita. Scrivo vita mia essendo nata all’improvviso una comprensione. Non allineo cause di un fatto inevitabile. Tengo la tua mano guardando il passo lungo di una specie in estinzione di felino che ci traversa la ferrovia e travolto resta inspiegabilmente reale. Lo nomino Jacqueline, con un nastro fra i capelli. Come fosse il febbraio del 1962.

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cammino che un cervello segue


Posted By on Giu 16, 2012

“Sarebbe interessante, in realtà, riuscire a fissare fotograficamente non le diverse tappe della genesi di un’opera, ma le sue metamorfosi. Forse sarebbe possibile rendersi conto così del cammino che un cervello segue nel tentativo di concretizzare il suo sogno. Ma ciò che è davvero curioso è che ci si renderebbe conto a quel punto che il quadro in fondo non cambia, che, nonostante le apparenze, la visione iniziale non cambia, resta sempre la medesima.” Pablo Picasso, in F.Gilot, C. Lake, “ Vita con Picasso” Milano 1965

 

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