la pazzia del dormire


Non basta la pazzia del sonno? È in quel frangente che tutto il mondo che tenevi in pugno emerge dal mare. È un continente grondante miriadi di goccioline d’argento e cobalto che affiora. La superficie dell’oceano è il dorso di un dinosauro da cui esplodono torri di città guglie di chiese spruzzi di balene e fumi di ciminiere e scaglie mani unghie spade carabine rami di alberi da frutta orti di verdure semisommerse. Pietre di zolfo. Chi dorme ha tolleranza zero per qualsiasi preoccupazione avendo abolite le garanzie e la vigilanza su furti rapimenti passioni invasioni alluvioni e tramonti. Ma se tutto è così -fatto da aurore fradice di acqua che si ritira- quanto si estende il territorio tuttora inabitato ma non inospitale? La scrittura ha una sua estensione il cui ‘tempo’ non è a nostra discrezione come sempre per la realtà fisica percepibile poiché il pensiero non ha estensione spaziale convenzionale, anche se per la sua natura ‘fisica’ esso deve esprimere azioni molecolari che si svolgono contemporaneamente le une con le altre per istanti rapidissimi in schemi anatomo/funzionali ‘uno sull’altro’. In un magazzino di tappeti dormiamo. Su sfoglie casuali e occasionali. È pensiero ancora mai compreso perché non legato da vincoli logici. Non ha neanche alcun significato mitologico. La materia non ripete tragedie. Non è un’intenzione che ammucchia gli strati di tessuti vegetali. Non esprime neanche qualche tipo di amorosa intenzione di misteriosi magazzinieri. La pazzia del sonno è la ‘pazzia’ della biologia. La biologia implica che non potremmo sopravvivere che pochissimi giorni se non potessimo distrarci da ‘tutto’ su quei giacigli di confusione. Poi al risveglio il riposo é infantile gratitudine. Dormiamo intanto che il mondo così ben organizzato da secoli di civiltà è  sprofondato in una coltre di silenzio accidentale e di delicato attrito tra pelle e lenzuola che generano il minimo calore necessario a mantenere vivo uno dei tanti sogni che non restano mai uguali.

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