fisica


tempo, tuniche, telai


Posted By on Mar 4, 2014

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“A ME SPETTA SOLO IL MERITO DEL COLORE”

Il sogno del telaio è un vestito primitivo di una eleganza impareggiabile. Avrei supposto il fascino catastrofico di successivi desideri. Nel riposo della stanza rifletto al vestito rosso come ali spiegate di una farfalla preistorica. Quel vestito è immacolata arte del quotidiano. Donne e uomini vestiti di canapa appena disegnata secondo una forma universale. Teoria delle catastrofi, il battito di ali di una farfalla da questa parte del mondo origina una serie di eventi che esponenzialmente si incrementano e provocheranno, lontanissimo da qua, catastrofi. Guardo il vestito, la foggia della tunica universale. Mi dico che il battito delle ali della farfalla -che avrebbe causato il vento che scoperchia il tetto delle baracche all’altro capo del mondo- fu causato da una ventata laterale dello stesso sconvolgente attimo di passione che fu la catastrofica serie di precipitazioni cui quel battito aveva dato origine.  Ma non è una circolarità. È una non linearità. Ha a che fare con creazione e sparizione. Il mondo si illumina perché i migranti hanno acceso le loro bianche sigarette rinsecchite durante una pausa. Poi si spegne e cade nel buio. I migranti riprendono ad avanzare nell’oscurità. Dopo miglia ancora si fermeranno e la costellazione sulla terra sarà mutata. Serviranno nomi nuovi prima che saperi nuovi. Servirà di non ‘volere’.

E forse, senza ‘volere’ si trova ancora. I momenti di buio quando i migranti  si muovono sono la nostra ignoranza. La non linearità delle vicende nell’universo fisico macroscopico è certamente sostenuta delle modalità quantistiche dei suoi componenti elementari. Le cose scompaiono e ricompaiono cambiate, addirittura una energia negativa si conosce! … e una anti-materia! …. e scambi reciproci tra quegli opposti universi. Noi, nella realtà quotidiana dei sogni e degli affetti, abbiamo mantenuto però la tessitura di una estetica differente. La percezione del mondo non è l’idea del mondo che il pensiero scientifico sta ricreando con una risoluzione inimmaginabile prima. Siamo implacabili cercatori, e si trova quasi tutto quello che ci mettiamo in testa di trovare. Ma da millenni il vestito universale era comunque rimasto sepolto. E per quanto abbiamo portato addosso modelli infiniti di abiti, nell’ombra rimaneva ancora possibile un ulteriore immaginabile da indossare. La ricerca per i mezzi più idonei alla psicoterapia mi ha costretto al rosso da legare alla stoffa venuta dalla torba dei millenni e così poi io ho colorato il reperto archeologico.

Anni fa, ricordo, sul ‘suo’ viso il trucco esagerato esprimeva i ‘suoi’ eccessi normativi. La pregai di smettere di giustificare il coraggio dell’intelligenza, e lasciare che diventasse colore e ciglia e sguardo. Dunque dedicata a quei ricordi di coraggio intellettuale è la foto di quel vestito di foggia perfetta, trovato accanto a cadaveri affogati nella torba in paesi nordici. Il ricordo è una traccia che resta nel rosso che per me corrisponde alla idea di ‘impossibile’. Io penso che quel vestito, qualunque sia stata la sua funzione nel tempo della sua utilizzazione, adesso pare fatto solo per essere promesso, come se volesse rappresentare il momento in cui il tempo entra nella mente e diventa pensiero a proposito del ‘soggetto’. Vorrei sempre riuscire ma poi le capacità estreme che mi pare di possedere diventano vestigia di un vestito forse mai indossato. E il pensiero diventa conoscenza. E io una stanza docile ma inespugnabile, un ‘baluardo’ che non voglio, a causa di un completamento e una definizione che non riconosco alla portata di alcun discorso. La conoscenza che fa dire tutto ma non può essere  detta.

Dopo millenni, i resti archeologici di bellezza quotidiana sbattono le ali come farfalle addormentate, che il vento delle sfuriate scientifiche fa volare. Oggi, apparentemente, non sarebbero catastrofi le idee, i buoni umori, le biciclette, i sudori, le fantasie, le creazioni del moderno procede della ricerca psicologica attraverso metodologie del linguaggio e della filosofia della storia e della scienza. Ma la tunica universale rossa è una farfalla. E il battito delle ali della farfalla -che causerà il vento che scoperchia il tetto delle baracche all’altro capo del mondo- nasce tuttavia sotto la forza del medesimo temporale (lo stesso attimo di passione) cui essa da origine. A causa della realtà dei fenomeni di ‘non linearità’ la farfalla è causa e risultato. Perché era rimasta insospettata in un ansa del tempo fin quando le mani hanno scavato e trovato.

Negli esseri umani l’emozione che aveva deciso la tessitura delle tuniche resta nelle tuniche fino al loro disseppellimento. E poi, allora, quell’emozione si trasmette sulle mani e le braccia degli scavatori e dopo, infine, tra le loro mani il loro peso e la loro orma e il loro colore determina stimoli sensoriali e poi una percezione che, nella mente, ricrea la tempesta di un’emozione attuale che permette la comprensione del passato. Il pensiero attuale si ordisce su un telaio che sembra nuovo e che invece ha tutto il tempo dall’inaugurazione della specie e conserva, integra, la trama del tempo… Di questa fisiologica attitudine della specie al ricordo affettuoso si serve il linguaggio nella psicoterapia. Nella ricerca in psicoterapia questa fisiologia diventa oggetto di indagine e l’interpretazione, in tal caso, si avvicina molto ad una conoscenza che trasforma la vita psichica perché cambia la forma dell’organizzazione spaziale del cespuglio sinaptico cerebrale.

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Rockfeller Center – 1932


Posted By on Ott 1, 2012

Oggi ci occuperemo gli uni degli altri. Perché lo so che da un po’ la passione per lo studio mette in crisi la passione. Non farò nulla per nasconderlo. Sono certe parole d’amore che, studiando l’orizzonte luminescente delle scienze esatte, non salgono su con la stessa convinzione. Ma è che devo studiare perché mi sono messo da tempo in una posizione di equilibrista tra i grattacieli. Essere esposti è ignorare ciò che si determina negli altri al passaggio. È aver abbandonato ogni illusione di controllo sul consenso e vivere sulla terrazza. Un mondo sopraffatto dagli … spifferi. In forma di brevi brividi. Di sorrisi privi di estasi. Di incontri ambigui: “Come stai bene!!?” Il punto interrogativo esprime una punta di perplessità. Mentre io non ‘vedo’ perché non sia naturale: cioè fisiologico. Star bene. “Viene da sé direi… o no?!”  Penso tra me portando avanti la risposta in silenzio: “Uno sta bene di base. Uno profuma di caffè da subito nascendo. Si sparge nelle stanze ostetriche il borbottio delle macchine…

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la figura ipnotica di una foglia

la figura ipnotica di una foglia sistema l’anima mia nell’oblò delle asciugatrici il rumore di alta tecnologia è quello di sirene in ammassi di velluto ed io nel sottomarino che fila veloce nell’aria d’acqua e mare

il primo breve film fu una terrificante locomotiva verso di noi poi la verità prese il sopravvento sullo stupore per questo si è deciso che al centro del mondo sia posta una pensilina su binari nuovi: non si sa mai.

non spiegarmi niente: i sottotitoli fuori tempo confondono. le bocche si muovono senza ombra di grazia. la comprensione è muto bianco e nero. solo trovami prima che mi addormenti al mio solito posto sulla poltrona rossa

la libertà è quel tanto d’aria tra gli atomi che fanno la materia e al bisogno è la nostra distanza profumata di domani. partendo mi ero sistemato l’arrivo nello zaino. più proseguo e meno pesa. come il pane nelle traversate

faccio piano per prendere il tempo in anticipo. per -ritardando- mettere il piede avanti solo molto dopo e così scompigliare l’apparecchiatura. noi insieme a te che ci guardi. il presente è oltremare: tempo e colore

il tempo ha l’ansia e mi lascia vedere con calma passare alberi case e tra le cause ultime decido il lavoro incessante della massa cerebrale: la vitalità del sonno innamorato in una vita meno che ordinaria

ho invertito l’ordine logico: un sacco di cose che stanno a guardare. perplesse come stelle. l’abitudine della distanza prende il nome dell’amore come una vestaglia di foglie di granturco o la tua camicia di papaveri

il volere illusorio di stanotte è la mia caduta. un volteggio presuntuoso. aspetto un perdono intelligente che eviti, alla grazia, la pietà. ma soprattutto i segni di nero luminoso. solo questo penso che ami.

il soggetto amoroso urla ferito dalla neve. così io preparo il soggiorno. perché avrò bisogno di case per strada. la promessa era navi in legno di poesia, lanci di balestra al cielo, e attese delle ricadute

non ci sono infatti conseguenze lievi alla calura delle estati amorose. ci sono valli profonde e imbuti gravitazionali. la storia non ripete. implora

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la maturità di una persona nel rosso di una festa

Se devo trovare sarà sulla linea: non penso agli spazi. La linea è luogo di immaginazione dei limiti dello sguardo è anche alla conclusione della misura delle braccia dei bambini a mosca cieca brancolanti e ridenti. Scrivere letteratura non importa, quasi mai. Tracciare linee interrotte storte arricciate riprese ricomposte sganciate e messe in altre batterie e convogli tutto questo darsi da fare tra mano e immagine prima che la coscienza piova: conta questo. Scrivendo certificare la dizione muta, la discrezione indispensabile a rompere, forse, il silenzio con la lettura. Il deserto dei tartari contiene eserciti di onde luminose  lo sguardo occidentale perde la profondità. Il tempo si impone come misura dominante del pensiero e rompe i patti con le prevedibili attese. Il tempo nello sguardo è provvidenza e prospettiva ( soltanto ). La luce diffusa attorno è tumulto creativo persino presenza umana. Persino autorità di noi e diritto. Ci sono ombre e, addirittura, società di esseri somiglianti nelle parole, nei tratti della scrittura ci sono i tratti dei volti, delle pose indimenticabili e le sculture: tutte le sculture che verranno. L’esercito dei guerrieri di pietra a guardia dell’imperatore non è che tutta la luce che non si offre allo sguardo ma all’avanzata del pensiero e del mare dell’immaginazione da subito e senza altro. La guarnigione sul deserto è improbabile. È/sono cocci d’uomo sabbia e sole. I tartari il futuro di luce e desiderio. Se devo trovare non c’è che quel posto dove riposare sulle gambe  contare dormire ripararmi dal sole la luminosità ha altre idee è rivoluzione della relatività e la donna sognata ha il volto di un genio una mattina presto del 1905. L’anno mirabile del mondo occidentale crollo delle fortezze rinascimentali. Neanche il genio umanista avrebbe superato l’esame. La medicina deve capire la trasformazione della vitalità che fa umana la biologia del feto e consente la nascita come realtà dell’io alla nascita. La medicina deve riconoscere la linea del disegno delle differenti scritture che fondano e sostengono i regni nelle favole e separano le funzioni nelle narrazioni diagnostiche. Noi si sa che si rimane a lungo nelle fortezze teoriche costruite di frasi: si resta per la durata del regno di uno ma talvolta per la durata di una dinastia. La fedeltà scientifica è quella dei soldati. La musica nelle feste per il premio Nobel ha a che fare con l’orgogliosa intonazione delle marce militari. La rivoluzione scientifica ha il jazz che improvvisamente irrompe dappertutto con le sue infrazioni. L’improvvisazione ha l’idea di donne uomini foreste spiaggie sottoscala per la preparazione della rivoluzione: sessioni al piano e alla batteria, lune fumo, ombre, sabbie, cocci, la nave spaziale, i gemelli in migrazione sulle astronavi, i destini differenti secondo la velocità e l’intelligenza.

Un essere umano è pronto a tutto, nella sua maturità. L’ingiustizia. La realtà somatica. La dittatura estetica.

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almost blue


Posted By on Giu 19, 2011

almost blue

Domenica di disordine sulla linea di costa dal punto di vista della barca. In coperta ragazzi non più giovanissimi, soldatini ridenti abbandonati dagli amori, bambini senza mezzi comunicativi e allora si scopre che non siamo propaggini della grande piazza telematica, che ne siamo il centro sognante, noi. Dall’inizio è un proporre idee nuove e andare sulla spiaggia sperimentando la facilità delle avventure romantiche sotto la plastica lucida dell’energia solare. Dove non troveremo l’amore la garanzia rimarrà nell’accostamento linguistico dei croissant con diverse tazze di caffè nero. Ci sarà un processo nel tribunale alla spiaggia domenicale, verremo accusati di una speciale arida sapienza, ma alla fine ad essere sedotti siamo sempre solo noi parlanti, e il silenzio di ascoltatori poco attenti è sufficiente da sempre ad uccidere, perché il pensiero ha una origine materiale, può agonizzare, è un argomento difficile e non se ne parla mai, però è frequente che certi eventi -che tagliano i rifornimenti- rendano le persone scure come deportati in un campo di calcio durante le prime ore del golpe negli stati sudamericani. Si narra anche di soggetti irriconoscibili per l’improvvisa bellezza – ( addirittura ! ) – sfuggiti alle retate dei segugi dei dittatori, la materia del pensiero che rinasce come corpo fisico nel bene: figurine rosse, spirali di metalli superconduttori, acciughe sotto sale.

In ogni caso siamo bastoncini sensibili all’umidità piantati nel terreno dei giardini del condominio interraziale.

Non si sa molto delle nebbia misteriosa che genera le diffrazioni molteplici attorno all’albero della realtà costituita e, della descrizione del mondo così com’era in origine, fa una letteratura spazzando via l’oggettività delle figure. Mi chiedo -oscillando per riequilibrare il beccheggio- se la dizione ‘realtà non materiale’ sia una composizione lessicale corretta per esprimere l’immagine -che è in noi- cui si riferisce il suono della parola pensiero. Se è uno scandalo definire ‘materiale’ la natura del pensiero o è corretto dire che il dubbio e l’esclusione derivarono da una debolezza di quella ‘immagine’ del pensiero che adesso invece risulta incrollabile. Nell’ambito di ricerche differenti -non alternative- si è legata l’identità al tempo: si dice  ‘…. l’immagine di noi che è in noi è il ‘sempre’ che definisce la continuità della fisica della nostra esistenza a partire dalle relazioni tra il cielo e la nostra pelle splendente al sole delle invocazioni….’

‘Non materiale…’ che implica ‘…Non cosciente…’ è plausibile se sorge continuamente dalla biologia.

‘Sempre…’  cui si aggiunge ‘Tempo…’ è l’idea di una forma fisica della materia che si dispone ai richiami, alle evocazioni poetiche, ai pronomi appropriati, ai nomi sonanti, ai gusti sparsi in cucina dalle farine abbrustolite, agli esperimenti dei profumieri. Se il pensiero ha natura spirituale noi siamo contenitori vuoti e casse di risonanza, lo stupore è ottusità incorruttibile, l’esistenza un orgia pur se sublime. I limiti sono staccionate, i ricordi sono cani alla catena, noi siamo recinzioni e non potremmo prenderci il disturbo, come si dice, di condiscendere a simpatie e contrattazioni sulla piazza dei mercanti lungo le vie della seta. La concatenazione delle figure della coscienza contiene l’immagine della storia : si narra che la materia accrescesse il numero delle parole riportate alla vita, che i contratti assumessero natura di lettere di una corrispondenza confidenziale, che la realtà fosse una stretta di mano, un abbracciarti laterale per sfiorarti la nuca che richiese coraggio e spudoratezza come quando avemmo l’aria addosso appena doppiato il Capo di Buona Speranza con la parte più avanzata della prua ad annusare i commerci dell’altro mondo. Il pensiero di natura spirituale è gelo e noci secche, soldi pesanti nei forzieri di enti fiduciari, capitali sottratti nelle promesse delle assicurazioni mondiali. Nessuno ha descritto che il pensiero di natura spirituale ha la forma sguaiata di quelle migrazioni di uccellacci puzzolenti di pesce andato a male che li porta ad ammassarsi su isolotti morti, sopra le fosse oceaniche delle quali non si intercetta la poesia. Nessuno sembra abbia notato il cuore gelido della natura né il cuore corrotto di arida spiritualità delle cose. Nessuno denuncia ufficialmente la proiezione della immagine di noi nel fuori di noi per l’adorazione del gelo.

Possiamo morirne salvo che si possa dire di aver amato donne cormorano dolci come le musiche che ci viene suggerito dagli amici di accostare alle parole: se è un giorno di festa, o circolano correnti d’aria profumata nelle file del nostro piccolo esercito, se risulta evidente che “…non manca altro per adesso…”

(Se devo obbedire ad un suggerimento invincibile Almost blue di Chet Baker restituisce le figure all’immagine in modo così definitivo che dopo non emerge alla coscienza la necessità di altro da aggiungere ! ! !)

La riflessione della pelle tremante all’investimento massivo delle vibrazioni sonore suggerisce aspetti parziali ma non troppo distanti da una idea corretta sulla natura fisica del pensiero. Che il pensiero sia realtà fisica e addirittura al fondo ‘materia’ implica di occuparci di estetica della scienza. In quanto realtà materiale il pensiero è oggetto e anche principio inerente la medicina, e i parlanti sono essi stessi soggetti e oggetti della ricerca, sono i ‘principi’ medesimi della filosofia naturale di cui si occupano. Il linguaggio riordina attraverso una formalizzazione in fonemi il mondo intimo di ciascuno e l’estetica delle cose fuori di noi, infondendo loro una grazia che altrimenti non avrebbero. Siamo api operaie sulle tracce di parole originate da scommesse ripetute  a proposito della nostra integrità, siamo cose dislocate in aree eccentriche di un frattale galleggiante.

I nostri rapporti non si riducono più ad essere miseri commerci di constatazione e il tempo è il pensiero che definisce continuamente l’attitudine della materia di cui siamo fatti a affermare ricorsivamente la inarrestabile irreversibilità che ci fa sembrare il mondo una cosa straordinaria. Alterniamo penitenze, bastoncini di croccante, gelato, caramello, panna, menta, ginger, bergamotto, sciroppo di castagne, il dorso infinito delle sue mani con i tendini in rilievo, gli scavi eleganti di milioni di scultori nelle cave sui prati alti del suo risveglio.

Il pensiero è materia sognante di cui alla fine dovemmo prendere atto e fu una fortuna perché non siamo più confusi a proposito della vita mentale adesso che la conoscenza è diventata pensiero cosciente attraverso una serie di evoluzioni delle funzioni della psicomotricità fine che portarono altrimenti anche alla parola.

Alla fine i parlanti solamente vengono sedotti, muoiono d’amore, sfuggono alla morte per amore, subiscono gli effetti del pensiero, scoprono che il pensiero ha effetti rovinosi, scoprono che il pensiero ha anche effetti di risoluzione delle malattie, di chiarimento della confusione. Poiché il pensiero ha natura di realtà fisica e per questo può dare e togliere e pesare gli scambi tra amanti e nemici. Può curare, determinare il ritrovamento della salute, realizzare il benessere in condizioni di realtà che non hanno nessuna forma di coscienza.

In condizioni di realtà che non hanno alcuna forma di coscienza il pensiero si trasforma in scrittura e poi si riduce al silenzio. Un graffio sul cuscino è l’ultima parola di oggi che fa l’immagine della ‘LUCE’.

L’immagine nasce quando la materia fisica del pensiero diventa movimento della mano che interrompe il circuito elettrico facendo precipitare la stanza nel buio..

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