“Amore Per La Pratica Dei Fiori”

Posted By claudiobadii on Ago 28, 2013 | 0 comments


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“Amore Per La Pratica Dei Fiori”
©claudiobadii
per
OPERAPRIMA

In casa. Facile entrarci dal giardino. Il soggiorno prospiciente ai fiori. L’erba non cresce. Crescono le rose invece. Le loro corolle galleggiano in alto. Evidente che in cima agli steli c’è un punto in cui si annulla la gravità ed è consentito stare. Guardando fuori intitolo tutti gli anni di vita “Amore Per La Pratica Dei Fiori”. In polemica col pensiero astratto. In polemica con chiunque in verità. Casa è per me solitudine felice del disaccordo. Casa è in me il disaccordo che imposto addirittura in anticipo. Per non cadere. Per non offrire appigli. Una rosa, dove si unisce allo stelo, vola via. Il punto estremo della leggerezza è quel punto di distacco. Un ‘luogo’ geometrico. Il punto di una scienza che dispone i filosofi della natura verso l’arte necessaria della misurazione. E come nelle scoperte della scienza non ci si accorda che alla propria meraviglia nell’intuire -pur senza averla ancora completata la formalità della scoperta- sulla natura dell’oggetto fino ad ora misterioso: così non cerco consenso sui nomi da dare alle cose che avverto reali all’apice delle traiettorie convergenti qui, sulle rose, della massa densa e velocissima degli anni. Nella mente la funzione si esercita dentro campi di gravità diffusa. Essa -che chiamavo ‘vitalità’ per non perdere che dovesse avere una limitata estensione e dunque per evitare di cadere in una confusione invadente-  tiene uniti gli eventi funzionali. Guardo fuori in totale disaccordo con chiunque dovesse suonare alla porta. Guardo fuori godendomi di non aprire. Felice di non aspettare. Di non desiderare di aspettare nessuno. “La Pratica Dell’Amore Per Gli Steli Delle Rose” oggi è il dato oggettivo in cui si risolve la gravità come se essa potesse essere nulla in un punto. Cosa che forse non può essere accettata verosimile nella mentalità fisica che manda avanti il mondo del pensiero scientifico sulle cose. Nel giardino tuttavia devo descrivere l’avvento della comparsa del punto immaginario. La manifestazione del luogo di una inestensione. La fisica delle cose materiali si fonde all’estetica dello svanire. Si vede bene questo vizio anoressico della materia. L’anoressia che impedisce alla materia, certa materia, di inglobare e nutrirsi di altra materia realizzando, in questa qualità della rinuncia, il limite, la pelle, smagliante e splendente delle cose belle. Penso consolandomi all’estensione tattile di certa scultura. Il punto dove Michelangelo vecchio e sapiente scrive la pietra per la ‘Pietà Rondanini’ che non pare più lui. Dove è lui più che mai. Dove comincia ad essere lui in fine. E forse nessuno può esserlo prima. Il punto dove svanisce, per un attimo, in un punto la gravità ha la leggerezza per riprendere la forza utile alla ricerca. Guardando fuori della finestra di casa  elettivamente studio la vita psichica. Grazie alla forma della bellezza delle rose nel giardino di questa mia definitiva casa alla conclusione provvisoria dell’Amore Per La Pratica Dei Fiori che sono io.  Studio i punti infinitesimali nei quali le forze che regolano la materia fisica del mondo si annullano. Dove l’estetica compone superfici così sottili e imprecise nelle quali la fisica come perfetta discrezionalità degli oggetti pare annullarsi. Studio dio che cede alla bellezza. Studio il genio che rinuncia a tutto per scolpire interamente un’opera provvisoria. Vedo all’apice dello stelo la testimonianza di una ricerca e il fallimento nel non riuscire a trovare geni simili che sanno rischiare per trovare i pochissimi punti nei quali le cose risultano facili. A te lascio di dire, poi, dopo che finisce il giorno, che piango alla finestra e non si vede la pietà oltre i vetri tra le rose. “La Pietà Tra Le Rose Come Pratico Amore”: la mia vita intera mi sorride. Tra le lacrime.

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