addormentarsi

Posted By claudiobadii on Set 28, 2017 |


Poetica del mattino è il secondo tempo. Il primo tempo era: coscienza e biologia, il cadere nel sonno. Se il risveglio può essere poetico è perché è un ritornare. Ma addormentarsi è svanire che toglie il fiato. È ‘precipitare’ del pensiero nella materia: e la materia in questione è biologia del sonno. Il sonno senza sogni è vita mentale senza memoria (senza figura) ma non è l’irrazionale. Sta dopo… o prima di quella non più adeguata frontiera.

È una condizione di esistenza esposta a tutti i rischi che nella sua opacità di funzione prefigurativa ha una densità che è il contrario del ‘nulla’. Quando la coscienza svanisce resta l’uomo che dormendo prima di sognare è rimasto senza qualità di narrazioni oniriche: è uno strano tipo anti-filosofico, un dormiente di cui nulla si può dire poiché ha un pensiero che non lascia tracce di figura e si sottrae ad ogni speculazione.

Quando la coscienza riflessiva svanisce nel sonno spetta alla attività encefalica di base mantenere intatta l’identità di ciascuno. C’è una implicita ribollente fiducia in noi nell’atto smemorato di addormentarci lasciando andare il cielo. Una certezza (che siano ben abitate le nostre case e dignitosamente popolate le nostre città e armoniosi i canti degli uccelli che ci traversano la mente) in un bagliore ci perde e noi cediamo lo scettro sul mondo e dormiamo già improvvisamente senza poterci neanche pentire, o stupire.

In quelle implicite certezze, nella luminosità di un lampo di spossatezza sta la gloria prima del pensare umano. È che ogni sera la natura del pensiero ci consente di abbandonare l’illusione di una spiritualità della coscienza riflessiva: e ogni notte si torna alla costituzione fisica della funzione mentale. Il pensiero nel sonno senza sogni è l’uomo e la donna senza altre attribuzioni.

L’addio alla realtà della veglia non conserva memoria e figura del proprio accadere. Così ogni notte è inizio del giorno dell’io neonatale.

La coscienza che prometteva il futuro non ebbe alcuna forza senza la natura del sonno che conserva l’integrità del soggetto per tutta la notte.

Le cose del giorno lanciano velenosi aculei che trapassano la corazza di un’autoconsapevolezza presuntuosa e inefficace. È il sonno senza sogni il luogo della massima vitalità dell’uomo. Dove gli strali invidiosi non possono provocare i danni ad una corazza che, con la coscienza, si è dissolta.

Sarà per questo che il nostro amore -alterato è perduto nella smorfia del giorno a causa dei disaccordi sulle cose percepire- nel sonno recupera le fattezze perdute: l’immagine che abbiamo di lui.