al centro dei pensieri nuovi


ionosfera


Posted By on Nov 9, 2012

La rivolta era cominciata con uscire e chiudere la porta dietro di sé. O entrare e chiudersi la porta alle spalle con violenza o distrattamente.

Ora si riprenderà il naturale movimento uscendo dallo stato di febbrile agitazione che ci animava, per strada, mattina dopo mattina e anche la notte. Si interrompe l’osservazione di ogni stella dalla cima del bosco. Le stelle sotto il cui mantello si sognava per la febbre: i vetri appuntiti della guerra senza la minima comprensione reciproca, le schegge lattee delle granate in cielo: quando si restava sospesi al dolore sordo scatenato da un giudizio cattivo e freddo. Riprendere il movimento del pensiero dimenticare il cielo disabitato.

Rivolta è una parola monca. Sono gli anni in cui non succede sostanzialmente niente. Una mossa sussultante della pazzia intermedia. La conoscenza frammentata, il viso riflesso nella specchiera del soggiorno vuoto, la luce del tardo pomeriggio domenicale. Sotto un cielo stellato si piange. La rabbia dell’odio ha scagliato in alto pezzi di ore, lame di specchio: resta l’illusione di poter nascondere la disaffezione.

Rivolta, poi denuncia. Il male aumenta: è una morfina sbagliata. Un effetto chimico capovolto. Determinazione del dolore.

Bisogna ricominciare il movimento in un universo complicato e ancora illeggibile. Abbiamo addosso la coltre ondulata di silenzio come una compunzione lenitiva.

All’improvviso un campo di grano pende dalla linea della ionosfera. Una strana meteorologia fa piovere semi di cereali commestibili. Una messe capovolta si prende cura dell’umidità e abitiamo un atmosfera più salutare. La giustizia comincia dalla commiserazione della nostra condizione. Il grano è meglio che ci cada tra i capelli e che le tue carezze per la tenerezza che provi portino farina da sfamarci.

È un dopoguerra la guarigione. Si guarisce lontano da casa. Tra mani di ragazze sconosciute. Quando si guarisce sembra di essere in certi film romantici: perché la guarigione non è un atto eroico di conquista, è l’incoronazione dello scemo del villaggio e il bagno, il primo dopo cento anni, del barbone che dormiva nei cartoni.

Questo cielo di grano è la canzone del pensiero. La facoltà mentale. La certezza che la conoscenza umana va dall’interno di noi verso fuori. Che non si subisce la creazione. Che amarti è un movimento che faccio verso di te senza più traccia in mente della rivolta monca di un tempo.

Ora che sono guarito immagino le spighe volteggiare scendendo dalla volta della corteccia cerebrale inondare l’intera massa encefalica spingersi ammassarsi alla retina e scintillare come fuochi artificiali e scalpitare fuori nel passaggio stretto della pupilla e finalmente dilagare sulle strade e sui campi.

Vedere è un gesto di trasformazione della realtà.

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al centro dei pensieri nuovi


Posted By on Nov 5, 2012

“Non c’è dubbio che, un tempo, il sogno del risveglio non dovesse essere diventato già ‘ricordo cosciente’ e che invece fosse consistito  nel deporre e nascondere, tra le foglie e i rami del bosco di bambù, la preziosa diversità degli esseri umani.”(Bambù, 29 ottobre 2012)

Ora, oggi, dopo che sono trascorsi ventisette anni da un lunedi di ottobre del 1985, rifletto che gli anni sono tre volte il numero nove, come tre gravidanze di lunga durata. Qualunque articolo vada a prendere troverò sempre una buona ragione per questa durata.

Troverò anche il perché oggi mio amore non saremo qua. Per la tristezza che non dicevi più a causa della tua impotenza a essere brava, ad essere regina. E’ stato veloce il processo della scoperta che non t’amavo più perché non eri più diventata migliore avendo cessato di crescere.

In tutti questi anni il nemico è sempre stato la tristezza, l’usura degli affetti, l’attacco alla vitalità che è l’arma dei terroristi. Però devo dire subito che si era sottovalutato che tenevo la bambina di pochi giorni nella culla di suoni bassi. Un oooohhhh lento e fluttuante a sfidare i canti gregoriani che ascolto.

Canto di “deporre e nascondere, tra le foglie e i rami del bosco di bambù, la preziosa diversità..” e la voce del suono basso continua come fossi un ebete ad un crocicchio, come giocassi con la maschera di Edipo come sempre e piangessi cieco dopo la scoperta dell’incesto.

Ma “..la parola ‘storia’ si frammenta nei tratti della sua forma scritta, e con quei tratti ricade sulla testa di uomini e donne alle finestre…” Sono libero dopo un isolamento di trenta anni. Posso scrivere e disegnare senza pretese. Ricordare:

“Dovrai essere bravo, poi ti odieranno.” “Sarò più bravo.” “Sarà peggio, faranno l’annullamento. Ma di fatto per adesso non si vede come possa essere differente.” Sorrisi per l’amore dell’onestà che arrivava traversando due metri di lontananza della sua bella bocca dal mio orecchio.

Ieri dicevo che “..la vita del pensiero è una deriva.” E per fortuna che certe cose erano chiare, perché da bambù che era il 29 ottobre alla 11.48 fino a questo pomeriggio ho poi dovuto scrivere della ferocia del morso e della morte.

L’idea consolante che si poteva stare ad ammirare l’arte era sbagliata. Infatti avevo subito sostituito a capo dell’articolo la dama dell’ermellino con le mie lettere sghembe. Ogni lettera un grande senso di solitudine. La parola  ferocia è la conoscenza degli affetti  che si oppone alla rabbia e alla morte.

Forse qualcuno avrà ‘capito’. “La visione del sogno è un azione densa immediata e tumultuosa che soffia sul fuoco del risveglio. I rametti della prima luce crepitano e il proprio nome è ricomparsa, che non trae origine né dal ricordo né dall’esame di realtà.”

Ripeto solamente. Ricreo il suono della nascita della voce della madre che forse trovò le note profonde cantando o gridando “Figlio mio così bello perché non riesco a capire nulla di te..?” Allora forse fui io che ne trassi alcune da un colpo di tosse di quando si ammalava per il freddo.

Bambù: “A volte quando si viene cancellati dall’orizzonte ci facciamo piccini e striminziti come una linea sul foglio. La potenza del pensiero che sa dell’annullamento non più sempre onnipotente è una nuvola sostenuta dall’aria incolore.”

Non viene la disperazione e la voglia di sparire. La teoria della nascita per la stimolazione luminosa della corteccia cerebrale ha il sorriso della scienza. Non mi spaventa più la malinconia misteriosa che ha portato gli esseri umani a confidare agli alberi e al cielo la propria disperazione.

Disegno la natura senza la figura umana, e i corvi di Van Gogh fuggono via dal campo. Per dire che so che potrei come niente essere cancellato dall’amore degli altri disegno una costa un cielo una nuvola. Disegno l’assenza della figura di una persona e cioè la creatività del pensiero contro l’abbandono.

Nella stanza mi sono messo a gemere come se stessi addormentando la bambina di pochi mesi. Come se ogni tanto ci fosse la necessità assoluta di stare da solo per non lasciar distruggere, nel rapporto, gli affetti che faranno si che possa essere felice.

Gli affetti si possono conoscere.

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