estetica


sottolaluna


Posted By on Giu 26, 2011

Cena e concerto di Ferragosto

sottolaluna

Butto giù le note per la composizione di Agosto: le paste alla crema sono appena comprate nel vassoio di carta dorata, i frontalieri compaiono dalle montagne di parole, nel libro di avventure della lotta partigiana, belli come chansonnier con la sigaretta, sono uomini-vulcano sulle Alpi Marittime, erano – torneranno ad essere, quelli che torneranno – pastori pittrici pasticceri commercianti studentesse mugnai preti avvocati portalettere garzoni stiliste mantenuti modelle musicisti disoccupati operaie impiegati docenti. Non esisteva più l’uomo medio a quella loro altezza di vedute, quell’altezza necessaria per raccogliere, in un sintetico colpo d’occhio, il mondo che si era ribaltato e nella passività di troppi, lasciava comandare i demoni.

Ho legato l’amore politico ardente alle note della musica di Ferragosto: mi hanno detto della festa e voglio allineare anche io i rami secchi spigolosi brunastri della potatura invernale dei susini, pensare ai bastoncini della grafia delle parole scritte come ad un amore torrido suscitato dall’ estrema eleganza di un concerto: conficcato al centro dell’estate del caldo dell’anno e della festa. Ho comprato le paste alla crema solo per non restare solo davanti al foglio: oltre il foglio – che mi fa da frontiera – ho messo la curva dei monti dei croissant e la dolcezza alla crema delle discese a valle. Ho legato la storia del rosso alla musica e alle feste nei giorni torridi d’estate e la suggestione è che le note in aria costringono all’azione estetica di non restare neutrali mai.

E’ per via della grafica di Daniela, quella scelta di una luna nel rosso che è ferro fuso che ho pensato alla festa di Ferragosto come ad un episodio di resistente amore: liquefatto nella stretta di una lotta incandescente. Ho pensato la Festa con la bellezza di una azione fulminea alle pendici delle frontiere, nei canaloni tra le montagne affrontate opposte le une alle altre come uomini di fronte ad altri uomini. Ho pensato una festa sulle gambe forti delle persone, un nido lunare di aquile: molto lontano. Ho pensato la festa risplendente negli occhi lucidi di una totale solitudine. La festa come un mare di mercurio.

Butto giù le parole, soprattutto la parola “agosto”. Le paste alla crema sono appena comprate nel vassoio di carta dorata. Il tempo riposa tra pensiero soggettivo e una media cultura, tra l’identità e il movimento di delicate creature con un torrido interesse per la musica. Si alternano ardore e distacco. L’ardore non brucia: è il guaio delle metafore.  L’ asciutto del distacco invece brucia e brucerà sempre. Le linee sono ciò che arde nell’amore. Di legni infuocati è la sensibilità della materia umana che realizza il pensiero. L’ amore asciutto custodisce identità durevole e costanza di confine. L’amore è la frontiera.

La festa porterà l’asciuttezza dell’altoforno: arricchimenti, calcinazioni, arrostimenti, riduzioni degli ossidi, desolforazioni: così ognuno di noi avrà un nome chimico e saremo risultati transitori di un processo. Godremo le azioni di affinità elettive, il vantaggio gratuito delle reazioni che cambiano la fisica di metalli vili che, diventati ghise ed acciai, aumentano di pregio. Così accade al rosso certificato Pantone dello studio degli artisti che, nel cartoncino elegante tiene la luna altissima -inclusa- al vertice che neanche pare un colore ma una spavalderia poco sentimentale: una pretesa di voler ‘tutto’ dai musicanti, dai cuochi, dagli assaggiatori di vini, dai camerieri, dalle rane del fosso. Anche, ma inutilmente dal cielo: perché il cielo -da sempre- mai riesce a somigliare nè ai sogni degli uomini nè a dio.

Una festa è un processo di scomunica, un procedimento di legittimazione di una abiura, la legislazione che decreta articoli e commi per la  svalorizzazione delle credenze. La scomparsa della magia. La festa è una serie di atti di restituzione del pensiero alla materia dei corpi accaldati saziati e imperfettamente riumanizzati dai baci le mani e le parole sussurrate. La festa potrebbe essere che tenga una storia di figure che continuamente si alzano e poi riposano ancora per alzarsi di nuovo e di nuovo reclinare lentamente all’immagine volto e arti. Una festa è il colore l’immagine la sapienza la musica e il ritorno del sonno dall’infernale abisso.

Le linee sono ciò che arde nell’amore. Di legni infuocati è la sensibilità della materia umana che realizza il pensiero. L’ amore asciutto custodisce identità durevole e costanza di confine. L’amore per la frontiera ha la potenza di creare mondi perinatali interi. Nella grafica per la festa si racconta la fusione per causa del calore.

Ho una reazione quasi fisica alla grafica dell’invito. Noi stessi si cuoce, al bordo superiore del disegno, dove è evidente il fenomeno della liquefazione delle molecole d’aria, il clima incandescente del pensiero quando è attesa musica e giorni irresistibili perché senza una ragione.

(pagina in progess del progetto appena nato)

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almost blue


Posted By on Giu 19, 2011

almost blue

Domenica di disordine sulla linea di costa dal punto di vista della barca. In coperta ragazzi non più giovanissimi, soldatini ridenti abbandonati dagli amori, bambini senza mezzi comunicativi e allora si scopre che non siamo propaggini della grande piazza telematica, che ne siamo il centro sognante, noi. Dall’inizio è un proporre idee nuove e andare sulla spiaggia sperimentando la facilità delle avventure romantiche sotto la plastica lucida dell’energia solare. Dove non troveremo l’amore la garanzia rimarrà nell’accostamento linguistico dei croissant con diverse tazze di caffè nero. Ci sarà un processo nel tribunale alla spiaggia domenicale, verremo accusati di una speciale arida sapienza, ma alla fine ad essere sedotti siamo sempre solo noi parlanti, e il silenzio di ascoltatori poco attenti è sufficiente da sempre ad uccidere, perché il pensiero ha una origine materiale, può agonizzare, è un argomento difficile e non se ne parla mai, però è frequente che certi eventi -che tagliano i rifornimenti- rendano le persone scure come deportati in un campo di calcio durante le prime ore del golpe negli stati sudamericani. Si narra anche di soggetti irriconoscibili per l’improvvisa bellezza – ( addirittura ! ) – sfuggiti alle retate dei segugi dei dittatori, la materia del pensiero che rinasce come corpo fisico nel bene: figurine rosse, spirali di metalli superconduttori, acciughe sotto sale.

In ogni caso siamo bastoncini sensibili all’umidità piantati nel terreno dei giardini del condominio interraziale.

Non si sa molto delle nebbia misteriosa che genera le diffrazioni molteplici attorno all’albero della realtà costituita e, della descrizione del mondo così com’era in origine, fa una letteratura spazzando via l’oggettività delle figure. Mi chiedo -oscillando per riequilibrare il beccheggio- se la dizione ‘realtà non materiale’ sia una composizione lessicale corretta per esprimere l’immagine -che è in noi- cui si riferisce il suono della parola pensiero. Se è uno scandalo definire ‘materiale’ la natura del pensiero o è corretto dire che il dubbio e l’esclusione derivarono da una debolezza di quella ‘immagine’ del pensiero che adesso invece risulta incrollabile. Nell’ambito di ricerche differenti -non alternative- si è legata l’identità al tempo: si dice  ‘…. l’immagine di noi che è in noi è il ‘sempre’ che definisce la continuità della fisica della nostra esistenza a partire dalle relazioni tra il cielo e la nostra pelle splendente al sole delle invocazioni….’

‘Non materiale…’ che implica ‘…Non cosciente…’ è plausibile se sorge continuamente dalla biologia.

‘Sempre…’  cui si aggiunge ‘Tempo…’ è l’idea di una forma fisica della materia che si dispone ai richiami, alle evocazioni poetiche, ai pronomi appropriati, ai nomi sonanti, ai gusti sparsi in cucina dalle farine abbrustolite, agli esperimenti dei profumieri. Se il pensiero ha natura spirituale noi siamo contenitori vuoti e casse di risonanza, lo stupore è ottusità incorruttibile, l’esistenza un orgia pur se sublime. I limiti sono staccionate, i ricordi sono cani alla catena, noi siamo recinzioni e non potremmo prenderci il disturbo, come si dice, di condiscendere a simpatie e contrattazioni sulla piazza dei mercanti lungo le vie della seta. La concatenazione delle figure della coscienza contiene l’immagine della storia : si narra che la materia accrescesse il numero delle parole riportate alla vita, che i contratti assumessero natura di lettere di una corrispondenza confidenziale, che la realtà fosse una stretta di mano, un abbracciarti laterale per sfiorarti la nuca che richiese coraggio e spudoratezza come quando avemmo l’aria addosso appena doppiato il Capo di Buona Speranza con la parte più avanzata della prua ad annusare i commerci dell’altro mondo. Il pensiero di natura spirituale è gelo e noci secche, soldi pesanti nei forzieri di enti fiduciari, capitali sottratti nelle promesse delle assicurazioni mondiali. Nessuno ha descritto che il pensiero di natura spirituale ha la forma sguaiata di quelle migrazioni di uccellacci puzzolenti di pesce andato a male che li porta ad ammassarsi su isolotti morti, sopra le fosse oceaniche delle quali non si intercetta la poesia. Nessuno sembra abbia notato il cuore gelido della natura né il cuore corrotto di arida spiritualità delle cose. Nessuno denuncia ufficialmente la proiezione della immagine di noi nel fuori di noi per l’adorazione del gelo.

Possiamo morirne salvo che si possa dire di aver amato donne cormorano dolci come le musiche che ci viene suggerito dagli amici di accostare alle parole: se è un giorno di festa, o circolano correnti d’aria profumata nelle file del nostro piccolo esercito, se risulta evidente che “…non manca altro per adesso…”

(Se devo obbedire ad un suggerimento invincibile Almost blue di Chet Baker restituisce le figure all’immagine in modo così definitivo che dopo non emerge alla coscienza la necessità di altro da aggiungere ! ! !)

La riflessione della pelle tremante all’investimento massivo delle vibrazioni sonore suggerisce aspetti parziali ma non troppo distanti da una idea corretta sulla natura fisica del pensiero. Che il pensiero sia realtà fisica e addirittura al fondo ‘materia’ implica di occuparci di estetica della scienza. In quanto realtà materiale il pensiero è oggetto e anche principio inerente la medicina, e i parlanti sono essi stessi soggetti e oggetti della ricerca, sono i ‘principi’ medesimi della filosofia naturale di cui si occupano. Il linguaggio riordina attraverso una formalizzazione in fonemi il mondo intimo di ciascuno e l’estetica delle cose fuori di noi, infondendo loro una grazia che altrimenti non avrebbero. Siamo api operaie sulle tracce di parole originate da scommesse ripetute  a proposito della nostra integrità, siamo cose dislocate in aree eccentriche di un frattale galleggiante.

I nostri rapporti non si riducono più ad essere miseri commerci di constatazione e il tempo è il pensiero che definisce continuamente l’attitudine della materia di cui siamo fatti a affermare ricorsivamente la inarrestabile irreversibilità che ci fa sembrare il mondo una cosa straordinaria. Alterniamo penitenze, bastoncini di croccante, gelato, caramello, panna, menta, ginger, bergamotto, sciroppo di castagne, il dorso infinito delle sue mani con i tendini in rilievo, gli scavi eleganti di milioni di scultori nelle cave sui prati alti del suo risveglio.

Il pensiero è materia sognante di cui alla fine dovemmo prendere atto e fu una fortuna perché non siamo più confusi a proposito della vita mentale adesso che la conoscenza è diventata pensiero cosciente attraverso una serie di evoluzioni delle funzioni della psicomotricità fine che portarono altrimenti anche alla parola.

Alla fine i parlanti solamente vengono sedotti, muoiono d’amore, sfuggono alla morte per amore, subiscono gli effetti del pensiero, scoprono che il pensiero ha effetti rovinosi, scoprono che il pensiero ha anche effetti di risoluzione delle malattie, di chiarimento della confusione. Poiché il pensiero ha natura di realtà fisica e per questo può dare e togliere e pesare gli scambi tra amanti e nemici. Può curare, determinare il ritrovamento della salute, realizzare il benessere in condizioni di realtà che non hanno nessuna forma di coscienza.

In condizioni di realtà che non hanno alcuna forma di coscienza il pensiero si trasforma in scrittura e poi si riduce al silenzio. Un graffio sul cuscino è l’ultima parola di oggi che fa l’immagine della ‘LUCE’.

L’immagine nasce quando la materia fisica del pensiero diventa movimento della mano che interrompe il circuito elettrico facendo precipitare la stanza nel buio..

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babyC.


Posted By on Feb 15, 2011

babyC

La tenerezza della testardaggine. Le contusioni, il maglione azzurro, il risveglio precoce che piove ancora e c’è tempo per riaddormentarsi… Girare il cuscino dal lato più fresco, stendere il braccio fuori dal letto, fregarsene come ad aver ragione, sfiorare l’arco dolente del torace.

Il dolore che ricompone il conflitto e porta diritto al campo delle bisce, alle fionde, alle rane, alla vita dolce delle api e dei fichi. E dunque il tesoro di avere un corpo improvvisamente generoso di tutto, che diventa fotografia e pensiero, compattezza della febbre leggera.

Ripercorro lo svolgersi della capriola sull’asfalto, che nel sogno era la prateria, i cavalieri feriti, ma vivi e gloriosi al fiume. Il ciclo carolingio. Hanno incoronato il ragazzo non vedente, di bellezza mai vista, che non teme il buio oltre i margini del taglio e guarda sempre diritto in viso agli altri.

Sognare -cioè essere certi- del diritto all’abbraccio d’amore di damigelle accaldate, arrivate sbucando dalla camera della regina, mani alle guance. L’eccitazione del sesso si accende proprio sul gonfiore dolorante: una infrazione colpevole alle regole della castità della convalescenza.

Nel museo della notte sapere della grotta fresca delle ninfe per rievocare l’innocenza e le mani buone ma non caritatevoli. Farsi il caffè zoppicando: allegramente. Non importa se ‘poteva andar meglio’. Tanto tornano le immagini che fanno la costruzione del paese d’acqua e cioccolata.

Si mette in gioco il linguaggio per fare la lotta al rischio di diventare peggiori, a partire dalla tenue traccia notturna del proprio nome. E domani, zoppicando, vado a cercare un sorriso da fotografare, un talismano di semplicità, che e’ sempre così difficile da accontentare.

Il giorno e’ tra non molto, tendo trappole facili, trappole da aurora. Lascio cadere analgesici a terra per ritrovare la strada di domani. Poi Gulda suona Mozart: e non si dorme più per adesso. Il tono maggiore accoglie come un mantello di fortuna la mia pigra immaginazione.

I momenti della forma sonata sono una delle più sfrontate creazioni della storia del genere umano: così racconta la costola contusa: io l’amo! Al suono la parte più recente della corteccia e’ scorza d’albero: realizza non tanto il rigido controllo ma la modulazione: liquirizia e miele.

La corteccia, la notte, fa scienza nell’insonnia, evitando l’irrequietezza. Domani ritraccia la competenza del sogno. Nel sonno culla, ad onde, il bianco. Mi lascia scrivere e soprattutto se non c’è niente da dire e specialmente se non ha senso: perché la scrittura e’ una scandalosa offesa.

Cioè e’ comunque una scandalosa offesa, una irridente risata contro tramonti e dolci colline, e’ la fatica nera di amare scorrettamente. Scrittura e’ una città e puoi camminarci dentro e qualcuno apre la porta e l’amore si consuma nell’ora del te’ ed e’ una liturgia profumata.

Letteratura è l’interno parigino pubblicato da BabycC. come esempio avvolgente di scrittura: passi di sconosciuti risuonano piovendo le scale. Oh scrivere un libro delle foto di BabyC. Ma si sciuperebbe la chiarezza del fondo dal quale lei ‘agisce’. Scrivere e’ non farlo, talvolta!!

Quello che si può accennare è che lei scardina restando alla macchina, alla testa del treno, al carbone. Lieve quanto si vuole e’ forza ciò che getta in aria tra N.Y e Parigi. Si sperimenterà qualcosa di simile in corsa sull’argine, bicicletta ai polsi, digiuni, pronti a evitare rami bassi, e deve esserci vento.

Si ottiene un impronta del suo profilo componendo le rotte: le scie di voli transoceanici, che tagliano ad angolo acuto la costa tirrenica. La notte ha incrociato un giro di scale, la musica e una costola dolorante. Dall’inciampo: uva pane aspirina allegria e la passione. Invadente.

Se serviva dormire avremmo dormito: non letto pensato amato le cose che nascevano – nel buio della realtà biologica – alla luce della lampada sul comodino alla sinistra.

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barbie


Posted By on Feb 11, 2011

barbie

Ti scriverò sotto finto nome. Per sottolineare certe tue delizie. Come giri lo sguardo. Bisogna prepararti una scenografia. Con tutte le migliori maestranze. Tintoretto alla fotografia. Antonioni alle luci. Leonardo assistente all’azzurro. Michelangelo ai costumi. Tina e Frida ai dialoghi diurni. Io direttore di produzione. I tuoi amori…? Registi !!

Ci vorrà un segretario alle distrazioni. Una femminista alla fasciatura delle caviglie. Un servo di scena che lucidi il marmo dei palazzi. Una Fata del Vetro per gli specchi dei camerini. Un dattilografo per la continua progressiva stesura della carta dei tuoi diritti. Un tragediografo per le ordinazioni.

Ti si vedrà apparire all’angolo di un grattacielo di cristallo, nella prima finzione. Al cielo un filo di rosso. Per alludere a ulteriori peccati. Gireremo la scena delle offese, degli uragani di polline, delle inondazioni, mentre dormi nel camerino. Perché tu non debba stancarti di noi.

Dovremo ripensare tutto in tua presenza, prometterti di essere peggiori -risultando credibili. Girare il tuo disappunto distratto. Rifare. In piena luce il tuo stordimento per il ragazzo dei croissant. Il coro sottolineera’ la storia dei rossetti. Astronomi inappuntabili alla tavola delle colazioni.

Tu ! Naturalmente ! Tu avrai un poeta per amministrare ogni ritardo. E un orafo per impedire eventuali puntualità. Basterà ostacolarti con collane. Ai piaceri Caravaggio ! Conosce i -più di mille- toni del nero. Come te non volle scoprire mai la bontà a buon mercato. E’ carnale, e grida.

Ti risparmio i comici. Sono molli. Come avrai saputo -quel che è peggio- è che non sanno fotografare. Sono rabbiosi e pigri. Una ninfomane in camerino basterà a sorridere. Il mondo -intorno al set- sarà affidato al fotografo di Che Guevara: per tenere il vento , alla forza e direzione indispensabili. Alle nuvole un sarto di vele.

Dovrai trovarti da sola la spazzola per i capelli. Il calibro della fibra e’ tanto sottile che da noi non c’è niente di simile. Un cardinale in ginocchio alle tue offese. Un profeta per promettere a tutti lo spreco del nudo. Un fisico delle particelle al trucco, alle ciprie, ai fondotinta. Giotto alle matite per gli occhi.

Del copione resteranno solo le pretese. La pellicola, mai esposta, si sara’ fatta da sola. Il film renderà luminosa l’ idea originale di te tra le spade. Un successo di pubblico. Ti scriverò, negli anni, fiumi di inchiostro, come si dice. Accetterò che eri più di una serie di parole. Che nel girare il capo mi avevi cambiato

Non e’ una grande epopea. Lo scricchiolio della mia sicurezza non va in scena. Se non certe mattine -felici- di chiarodiluce e caffè. Vale a dire buongiorno !

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politica


Posted By on Feb 8, 2011

politica: la degradazione delle parole e della scrittura

Bisognava aver notato che nessuno che arrossiva si faceva vivo per strada. Chi arrossiva diventava di fuoco per la vergogna -peggiorando le cose. Ora per questo bisogna ricordare. Ricordare le cose da fare. Ricordare che arrossire e’ racconto.

La tosse. Il tempo. La sete. Il percorso notturno alla cieca. Lo spigolo aguzzo del tavolo contro il fianco. Questa notte. Di tutto si può fare scrittura -e’ una questione di modestia e arroganza- e di prevalenza indispensabile della modestia.

A volte si gioca a scartare la sopravvalutazione di se’ -come alla rivoluzione- il fazzoletto arrossato dal pudore, la mano alla fronte. Nel mio caso, e’ sempre un tempo che si fa vivo, sotto forma di parole. Barche di canna e foglie, la mia camicia di lino, la pretesa di noi.

Preparo un libro che nessuno trovi. Confuso con i tempi di tutti. Prima di stamani -quando tutto avrà sapore di coperte e caffè e umanità trepidante. Qui e’ ancora la vita delle parole. Circondate dall’affettuosa noncuranza di quelli che ci siamo scelti. Quelli dotati di discrezione e pazienza.

E’ indispensabile confidare nella traboccante impazienza dei figli, nel loro silenzio tempestoso di ormoni. Per contenere la voglia di tornare sempre e comunque – che è sempre sbagliata. Scriviamo con generosità il tappeto rosso del loro trionfo. Il mantello principesco dell’invisibilità.

E’ indispensabile confidare in amanti distratti, nella loro misurata saggezza, per costruire l’argine alla piena della presunzione, dell’autocompiacimento. Per loro stanotte si scrive. Per preparare loro una tovaglia chiara, togliere le briciole della cena, disegnare un tulipano giallo al centro del tavolo.

L’amore per i tulipani è De Chirico. De Chirico amava i tulipani, amava dipingere tulipani, e adorava quello che i tulipani gli permettevano di pensare nel dipingerli. Sulla sua scia: un tulipano e’ la donna amata, la frontiera, la nobiltà della singola parola, il sesso, il rifiuto educato.

La notte è una solitudine a colori. Avevo otto anni quando seppi della passione di De Chirico per i tulipani. Nel documento filmato dipingeva e raccontava. Un condottiero! Nel mio caso -ho già detto- sotto forma di parole e’ sempre un tempo che si fa vivo.

Così ora e’ il tempo, tra i possibili, dell’intransigenza dei condottieri, della competenza dei capitani di navi, dei macchinisti visionari. C’è da tirare le storie per la giacca, alla vetrina del droghiere, ai dolci della festa, al giardino, al silenzio di strada, ai ragazzini.

Da tempo avevo notato che nessuno che arrossiva si faceva vivo per strada. Chi arrossiva diventava di fuoco per la vergogna -peggiorando le cose. Ora scrivo per aiutarmi a ricordare. Ricordare le cose che sapevo. Ma specialmente che in questo tempo arrossire e’ racconto.

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statistica


Posted By on Feb 3, 2011

Ciao caro. Ti ho rimesso le categorie, l’archivio degli articoli dei mesi passati e anche la nuvola dei TAG, che è carina perché ti fa vedere visivamente quali sono le parole chiave che usi di più. Primo classificato il TEMPO, seguito a pari merito da PENSIERO e ARTE, e poi MENTE, AMORE, LUCE, SONNO, INCANTO…   :-)))  d.

magari non significa niente però….

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