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la maturità di una persona nel rosso di una festa

Se devo trovare sarà sulla linea: non penso agli spazi. La linea è luogo di immaginazione dei limiti dello sguardo è anche alla conclusione della misura delle braccia dei bambini a mosca cieca brancolanti e ridenti. Scrivere letteratura non importa, quasi mai. Tracciare linee interrotte storte arricciate riprese ricomposte sganciate e messe in altre batterie e convogli tutto questo darsi da fare tra mano e immagine prima che la coscienza piova: conta questo. Scrivendo certificare la dizione muta, la discrezione indispensabile a rompere, forse, il silenzio con la lettura. Il deserto dei tartari contiene eserciti di onde luminose  lo sguardo occidentale perde la profondità. Il tempo si impone come misura dominante del pensiero e rompe i patti con le prevedibili attese. Il tempo nello sguardo è provvidenza e prospettiva ( soltanto ). La luce diffusa attorno è tumulto creativo persino presenza umana. Persino autorità di noi e diritto. Ci sono ombre e, addirittura, società di esseri somiglianti nelle parole, nei tratti della scrittura ci sono i tratti dei volti, delle pose indimenticabili e le sculture: tutte le sculture che verranno. L’esercito dei guerrieri di pietra a guardia dell’imperatore non è che tutta la luce che non si offre allo sguardo ma all’avanzata del pensiero e del mare dell’immaginazione da subito e senza altro. La guarnigione sul deserto è improbabile. È/sono cocci d’uomo sabbia e sole. I tartari il futuro di luce e desiderio. Se devo trovare non c’è che quel posto dove riposare sulle gambe  contare dormire ripararmi dal sole la luminosità ha altre idee è rivoluzione della relatività e la donna sognata ha il volto di un genio una mattina presto del 1905. L’anno mirabile del mondo occidentale crollo delle fortezze rinascimentali. Neanche il genio umanista avrebbe superato l’esame. La medicina deve capire la trasformazione della vitalità che fa umana la biologia del feto e consente la nascita come realtà dell’io alla nascita. La medicina deve riconoscere la linea del disegno delle differenti scritture che fondano e sostengono i regni nelle favole e separano le funzioni nelle narrazioni diagnostiche. Noi si sa che si rimane a lungo nelle fortezze teoriche costruite di frasi: si resta per la durata del regno di uno ma talvolta per la durata di una dinastia. La fedeltà scientifica è quella dei soldati. La musica nelle feste per il premio Nobel ha a che fare con l’orgogliosa intonazione delle marce militari. La rivoluzione scientifica ha il jazz che improvvisamente irrompe dappertutto con le sue infrazioni. L’improvvisazione ha l’idea di donne uomini foreste spiaggie sottoscala per la preparazione della rivoluzione: sessioni al piano e alla batteria, lune fumo, ombre, sabbie, cocci, la nave spaziale, i gemelli in migrazione sulle astronavi, i destini differenti secondo la velocità e l’intelligenza.

Un essere umano è pronto a tutto, nella sua maturità. L’ingiustizia. La realtà somatica. La dittatura estetica.

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realtà del mondo umano


Posted By on Mag 11, 2011

realtà del mondo umano

In uno spazio ‘vuoto’ e turbinoso la mutazione in ore diverse del giorno delle tinte delle pareti – le indicazioni per esprimere il mutare della luce sul muro in un pomeriggio arioso e assolato – le finestre spalancate sui cortili condominiali – le ombre delle case su una meridiana di marmi e asfalti differenti – il sonno perché gli occhi guardano l’infinito attraverso verticali giustapposti di cielo traslucido – le cose cieche e mute – la vigilanza senza precisa consapevolezza riflessiva – l’assenza dei nomi – le macerie dell’esterno allegre e composite – il mondo sfarinato tra le macine di cristallo delle pareti d’aria giustapposte – il cedimento della percezione del molteplice e del discreto – il fondarsi di una recettività formicolante di tutto senza differenze significative – il pensiero che si riversa fuori e impone alle cose allagate la realtà del soggetto – la disposizione fisica della materia cerebrale che crea la realtà per diffusione dello sguardo sulla luce – il pomeriggio che allaga la pianura la terra illuminata il mare stesso lontanissimo laggiù in fondo e il mondo che si stende da là fino ai confini del sistema solare – la resistenza della coscienza – il disinteresse per le descrizioni che pone in decisivo discredito il mestiere di inviato di guerra – il trattato di pace alla luce traversa delle tre del pomeriggio del dieci di maggio – il mondo ai nostri piedi – la fondazione dell’impero con le briciole di terra sotto la carezza strisciante della meridiana – tu che mi vieni in mente come un’ombra che ruota con l’eleganza sensibile ed inesorabile del sole – il tempo umano che è l’opposto di quello della natura perché non è scandito mai dalla ripetizione – l’ombra carezzevole dei palazzi sull’asfalto come idea stessa dell’amore – un omaggio doveroso al concetto di ‘transfert’ e di proiezione – la densa importanza delle illusioni – la felicità purché sia anche derivata dalle menzogne e poi faremo le differenze.

Priva di figure la mente non realizza la concatenazione logica adatta a sostenere l’architettura del pensiero come macchina funzione edificio ideale arte ponte palazzo fortino canale linea di collina armata contro la notte – differente da tutto quanto ragionevolmente auspicabile il pensiero fa la propria dimora nei sottoscala del mio disinteresse per la descrizione giudiziosa – l’io diventa uno schema corporeo incerto che si regge appena in piedi di fronte alla invasione della luce – la luce si moltiplica mille volte nella conca scavata dallo sguardo nello spazio di fronte e sotto di noi – le fiaccole illuminano le notti dei cavalieri di ritorno da assai lontano e ci sono signorie al di qua delle frontiere mentre l’oltre frontiera è degli infedeli – la cultura degli altri registra differenze dalla nostra che forse sono apparenti ma rafforzano l’illusoria prevalenza della coscienza che serve la furbizia per lasciare esclusa la povertà – la povertà è rischiosa come la vigilanza della veglia senza la coscienza superba della consapevolezza di sé.

Nel ricordo di adesso come nei sogni la materia ha fatto il pensiero dalla attività spontanea della biologia cerebrale non stimolata dall’esterno e si è generato il ricordo di noi fermi sulla terrazza il municipio alle spalle e sotto la vallata infinita e in fondo una terra azzurra che tramonta e il cielo che sorge ben separato giorno e notte da una riga di luce bianca – eravamo mani grandi accosto al parapetto e altezza e affreschi sulla spiaggia e ricostruzione della storia immaginaria di ringhiere barocche di ferro nero e pesante che le amministrazioni comunali fanno sempre costruire a proprie spese sulle terrazze naturali che danno sulle vallate per vedere le navi e gli sbarchi mensili sulle isole e il resto – eravamo dunque in fin dei conti tutto il mondo dei risvegli che si innalza ci circonda e non ci lascia in pace da che c’è la vita umana.

Nello spazio ‘vuoto’ e turbinoso la mutazione delle tinte delle pareti in ore diverse dei giorni di quasi tre decenni ha permesso un linguaggio come una luce che rimbalza sui volti delle persone e riassume il fenomeno dell’amore di ‘transfert’ -che accompagna sempre la conoscenza- nelle parole: vitalità, pulsione, immagine, realtà umana.

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all’aria del cielo e del sole


Posted By on Apr 15, 2011

all’aria del cielo e del sole

La sirena, che non ha mai parlato all’aria del cielo e del sole, che mi teneva costantemente per un piede al fondo – come fosse normale – è quella vitalità senza la quale non c’è una reale umanità, con la quale si sta trattenuti alla base come prigionieri e si respira, talvolta, ma non secondo il piacere bensì secondo la conoscenza, il sapere ciò che è necessario. Ho imparato a cercare forme di vita nelle figure. Per scegliere, tra metafore e realtà, le seconde. Le scoperte mediche lasciano il corpo allegro, si viene su dal buio, ci si scuote, si cammina ed è comunque giorno e musica e rottura delle armature, come una mano nei capelli, la spiaggia vellutata, gli occhi promettenti della donna appena conosciuta, o l’amore irragionevole e certo dei figli. Farsi da sé la ragione, al ritorno sui luoghi di sempre, a rinnovare gli accordi, a modulare le clausole inevitabili, pensando ai passi lunghi quando arriva il giorno dell’appuntamento, per sostenere te e me su un fazzoletto di terra, su un palmo di mano, sulla montagna brulla apice della testa di un’avaro. Girare il volto verso il muro bianco rovente, con la certezza che quel calore precede tutto, e che prima del pensiero – prima delle cose coscienti nella mente che chiamiamo ‘pensiero’ – c’è una sicurezza radiante, una carezza, un suono di passi, una voce che canta del tutto incomprensibile, come quel calore del muro quel giorno di sole.

Quel giorno di sole che è un ‘ricordo’ però non proprio un ‘oggetto’: semmai una delle azioni possibili della mia vita psichica che adesso ad un tratto finalmente si genera e somiglia più che altro a gambe docilmente intrecciate e ad altre cose che hanno in comune la potenzialità di accadere per cui certe volte eccole là inattese però riconoscibili. Così eccomi al cospetto di infinite cose da dire che non sono oggetti pensati ‘prima’ e dire l’idea che ‘ …le cose da dire sono azioni sonore e gesti espliciti della recitazione dei tempi umani successivamente ricondotti alle linee guida delle maree…’ Mentre scrivo di variazioni di un impasto di materia cosmica, di mondi stellari fuori di me, e di trasmigrazioni continue e continui nomadismi delle funzioni  della galassia cerebrale, non c’è nessuna confusione tra esterno ed interno poiché l’io narrante reclama continuamente la luce, l’inchiostro, il bianco della carta, e lo spazio vuoto esterno dove gettare i fogli mal riusciti come giocattoli rotti. Se anche, per la distrazione dalla realtà attuale circostante, dovessi escludere l’attenzione ad ogni rumore esterno, il soggetto resta così tanto e così assolutamente inopportuno da poter essere esclusa la sua caduta in un qualsiasi calcolo finalistico.

La sanità del pensiero non coincide con il piacere proprio della soddisfazione dei bisogni.

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ossidi al sole


Posted By on Apr 2, 2011

ossidi al sole

La terra come una ferita o addirittura una lama nera di ossidi al sole, un’arma. Il campo di storie precipitate tutte a terra – improvvisamente – dai rami d’albero. Le bocche fameliche. La guerra delle fibre dolci e il furto ai signori. Ma i signori sono i padri e i fratelli maggiori. Noi siano tutti giorno e pomeriggio senza ombra di ragazza. Siamo quasi solo linee scure sghembe e sgraziate come schiene di minatori e di reduci. Ci si azzarda ad ogni proposta, senza criterio. “Non fa nulla” è una promessa. Le corde da aquiloni hanno una tale tenuta sui lenzuoli che si riesce a supporre l’inverosimile. I pensieri nascono all’ombra delle tende. Siamo tutti venuti al mondo così. Nella tenda ci siamo nati. E tutti siamo al sole insieme. È prima dell’invenzione dell’anima, della coscienza, della colpevolezza, del principio di causa. Si misura tutto in linee d’aria così non si cade e così il pianto non viene. Comunque tirare su le lacrime una per una come ciliegie. Le scarpe restano biblioteche d’amore immutabili nel tempo alte sopra le caviglie veri e propri cani da guardia pronti a quasi tutto. Quasi nere e davanti rovesciate verso il nostro muso, abbronzato estate-e-inverno, fanno amicizie robuste. E salde proporzionalmente all’indolenza dei soggetti.

L’indolenza è una forza e solamente i paurosi prendono decisioni. Quella terra di ossidi a forma di ferita e di arma da taglio crea le condizioni. Il pensiero è insistenza. Il tempo dei reduci torna e il pensiero – di questi tempi – è una donna violentata nel deserto. Sarebbe meglio non fare di tali denunce tirare su le lacrime con il naso una ad una. Come stabilito del resto. Il pensiero. Scarpe da disertore, bello proporzionalmente all’indolenza che non si fa prendere dalla musica fragorosa della propaganda. Un triangolo irregolare disteso a terra, nero, con linee nette taglienti, tanto che vi si possono apprendere -per evidente analogia – i caratteri comuni alle idee di: attaccamento, adesione, tribù, sonata, travolgimento, ideale, amarezza, sapore, e addio-per-sempre. Un triangolo nero irregolare di contorni nettissimi. Una donna violentata che si trascina sul margine del deserto ferita: essa spaventa i carcerieri gli aguzzini e i guardiani dei gulag. Come fosse ammissibile senza suscitare perplessità che:

” …il pensiero è la capacità di riconoscere l’assenza di pensiero…”

Comunque il grande triangolo di ossidi, quella incredibile precisione stesa a terra come niente fosse, è l’insignificanza cui tendiamo da qui. Il deserto sotto la stravagante costellazione di variabili del suo ecosistema – imbastisce notti di luna di miele cosicché restiamo sposati alla corretta immagine di noi. Anagraficamente siamo un popolo relativamente giovane di elfi meridionali, in moltiplicazione costante. Camminiamo – e pensiamo! – come una genìa antifilosofica. Siamo una carboneria di sfaccendati, senza il dono della nazionalità. Siamo intenti a seguire la punta delle nostre dita, là, in fondo alle braccia distese, in una vita che ci trascende. Durante l’ultimo atto della creazione siamo delfini, e nuotiamo dentro il tempo, in una eterna crisi di sonnambulismo. Non sempre ci riesce di pensare che la passione è amore. Siamo fatti anche di dolorose complicazioni. Abbiamo gravi incidenti con l’aeroplano. Soffochiamo e versiamo sangue. Versioni non salvifiche del mondo ci appaiono aventi diritto, e talvolta niente rende meglio l’idea della intelligenza, della costanza, della lotta faticosa contro la saggezza pre-senile  contro  l’erudizione e contro la sensata prudenza. Siamo docili quando il sonno, la recitazione, il desiderio, la seduzione e l’illuminazione ci prendono nel mezzo delle traversate. Nell’atto di scalare la terra nera ferita dichiariamo le qualità di una nuova condizione di esistenza:

.. l’incanto e la realtà dei pensieri è il pensiero di noi ..

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ipertesto


Posted By on Feb 23, 2011

ipertesto

“Lo Specchio del Mondo” – pagina 23 – “Tessuto di corteccia Mbuti. XX secolo. Se per un verso, l’arte astratta è nata in europa all’inizio del Novecento, per un altro essa rappresenta una delle più antiche espressioni dell’umanità. Oggi è impossibile azzardare una storia della pittura Mbuti. I tessuti ricavati dalla corteccia sono usati per avvolgere i neonati e indossate nei riti di passaggio e nelle danze celebrative. Dipinti dalle donne di una cultura di raccoglitori in cui la gente dispone di molto tempo libero, queste imprevedibili riflessioni sulla linea e sullo spazio hanno una strana affinità con gli scarabocchi degli impiegati inoperosi.”

Sembra un manifesto contro la borghesia, con quelle due parole definitive. Inoperosi operai: in quest’ordine hai una rivoluzione senza i morti. Aggiungi questo di Oscar Wilde ‘solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze… il mistero del mondo è il visibile, non l’invisibile…’ e avrai il legame facile con quello che scrivo da un poco.

http://www.youtube.com/watch?v=g-oLmOm9vk0 Leggilo a questa musica : Avalanche (Leonard Cohen) e tentiamo nel suono -seppure così tanto lontani- la traduzione dell’anima. Dell’anima nella musica. Facciamo finta che le invenzioni e le scoperte non siano avvenute. Che sia freddo ma tremare no.

Nella serie di rimandi tra sfacciate evidenze, mi sono tuffato, dalla terrazza delle tue labbra, nel sottostante mondo-me. Era nel libro -che stava sul mobile d’alluminio di casa nostra – la pagina, da cui hai tratto la frase e la figura, per colpire il segno. Un messaggio nella bottiglia, che mi hai lanciato, dalla spiaggia dell’ isola del mio stesso mare. Ora -che trovo- ritorni.

Sulla superficie evidente del freddo di stamani, trarrai anche tu la conseguenza, che io dovevo assolutamente fotografare senza indugio le arance: queste irregolari sfere gemelle, che scaldano e abbelliscono il sottostante mondo-me, appena introdotto alla scrittura. Da cui ora trarrai la legittimità della figura che accompagna la pagina.

Va meglio adesso Inverno Dolce. Sbucata sotto il sole rigido di stamani – come vedi gli ho regalato le tue curve delicate. Va meglio, va meglio. Sei uno legno tenero per resistere al freddo, l’avventura ipercalorica di mezza mattina. Ti ho anche trovato immagini e suoni, affinché questo ipertesto sia la fantascienza amorosa di oggi per sempre.

Acqua per il cioccolato – sesso compiuto alla luce di un ultimo “si”- destino migliore del paradiso. Un mondo di fiammiferi di zolfo luciferino.  Ci si deve lavorare un po’, non si crea naturalmente,  per via che gli esseri umani sono controintuitivi. Per capirci osserva: http://www.youtube.com/watch?v=jdIaQx_YdyA&feature=related

Già, le notti dopo il cinema: i finali con la pelle d’oca, il vapore del respiro appena fuori e guardarsi intorno a cercare se per caso continua ancora. Una volta che non è freddo, e non hai l’alito del drago, è più difficile, alla cieca cerco con il braccio se sei accanto. Un condor ferito. Un attore mancato, vista l’eleganza involontaria del gesto.

Se sogni i tirannosauri, madre e figlio, è certamente perché non hai il coraggio di confessarmi come risulta indispensabile e innaturale accordarsi sulla bellezza. Resto con il braccio alzato – faccio il condor-cavaliere – costruisco un probabile riparo della tua sfacciataggine – tu inciampando e ridendo arrivi – io aspetto – non so se spiccare il volo.

http://www.youtube.com/watch?v=TEVlDb43v-4 Perché questo ipertesto sia la fantascienza amorosa di oggi per sempre. Puoi anche guardare – chiederti da dove mai un’essere umano trae tutto questo. Legittimità d’essere figli come tutti diversi da tutti. Nello stupore nella perplessità. Nel quasi odiare della passione.

Puoi rileggere: riflessioni sulla linea e sullo spazio – disegni di donne di una cultura di raccoglitori, dove le persone hanno molto tempo libero – scarabocchi di inoperosi impiegati- un manifesto rivoluzionario inavvertitamente antiborghese – un messaggio nella bottiglia – le tue mani arance calde – per resistere.

Per tutto il resto che ci serve: ecco…..
……http://www.youtube.com/watch?v=xLquEK6m0o8

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