il riflesso di me in te ‘lucente’

Posted By claudiobadii on Giu 9, 2013 | 1 comment


Bianco 2
“Il Riflesso Di Me In Te Lucente”
©claudiobadii
per
OPERAPRIMA
L’onda scivola inarrestabile tra le dita e lascia sulla pelle l’ombra dell’acqua: la cosa che non c’è più si fissa indelebile nella mente ma è una cosa differente: la sensazione cutanea e la funzione di percezione non sono ancora pensiero ‘umano’ – poiché registrano l’esistente senza attribuzione di qualità altro che fisiche. È umana la generazione dell’idea dell’ombra a partire dalla traccia sensoriale. Ciò che è ‘umano’ è l’affetto, che legandosi arbitrariamente all’azione passiva dei sensi, conferisce alla realtà attributi specifici, e lega indissolubilmente la realtà del mondo materiale all’io dell’uomo.
L’amore è lo studio perplesso dell’arbitrarietà delle attribuzioni. Ti amo è un massimo di intrusione psichica nella regolarità indifferenziata delle cose. Il mio amore per te, che non si poté certo decidere, mi risulta evidente concupiscenza di conoscere l’anima mia nel riflesso di me in te ‘lucente’.
Studio la fisiologia del pensiero: esso ha la caratteristica del benessere originario prima di (senza) essere amati. Questa caratteristica è comprensibile solo se non ci si confonda sulla nascita, quando il legame arbitrario -che l’uomo stabilisce con il mondo-  ha una forma originale e specifica: esso, in quell’unico caso, non si genera trasformando una sensazione a/specifica in pensiero figurato. In verità il pensiero alla nascita (l’io) esprime ogni volta (dunque in una nascita differente per ogni individuo) una delle infinite variabili della vitalità.
L’identità degli esseri umani è specifica perché è arbitraria. L’origine materiale della vita mentale è una traccia della carezza che la realtà fisica dell’acqua ha lasciato sulla pelle del feto: arbitrariamente nasciamo e sorridiamo. Venne l’ombra, lo sbadiglio, la luce traversa e l’inchino, venisti tu e pensieri a proposito di te, che non avevo ‘deciso’. Mi legai a te come mi ero legato alla luce, alla natura della costa, alla curva della strada per il mare, agli occhi buoni di un uomo lontano. L’io si legò a te che eri natura di realtà materiale del mondo.
Nel pensiero che ti riguarda non c’è riflessione filosofica, semmai qualcosa come il profilo infinito della campagna, poiché l’identità umana è con grande evidenza una cosa frastagliata. La figura dell’essere umano che traversa i campi ha i movimenti inconfondibili dell’io che, originato nella realtà materiale della biologia cerebrale, poi si è legato alla realtà fisica del mondo esterno, restando ‘umano’, reagendo alle percezioni dll’universo, con parole di meraviglia e geniali silenzi.
Ci si innamora legando l’io della attività mentale autonoma, alla percezione fisica della figura umana fuori di noi, con una potenza non del tutto sentimentale: esattamente, bisogna dire, con la prepotenza con la quale il neonato si stabilisce nel mondo legandosi alla certezza dell’altro. Questo ‘altro’ o forse, addirittura, quella ‘certezza’ sono qualità congenite della specie che si pongono alla base delle possibilità, estreme ed opposte, del linguaggio scientifico e della musica.
I poemi cercano di opporsi alla imprevedibilità della quale celebrano la magnificenza. Siccome non si decide né l’amore né il suo oggetto eccoci a scomodare gli dei. Sarebbe meglio che noi esseri umani ci parlassimo e ci interrogassimo continuamente sui nostri gusti inespressi, sul nostro rosso preferito e su tutto quello che frigge in padella durante la distrazione. Sarebbe bene in ogni caso immergerci vestiti in mare fino al collo in gennaio, recitare la tabellina del tre e del sette e del nove fino a che non ci manchi il fiato e allora caderci tra le braccia con la scusa del freddo e della stanchezza.
Ma in realtà caderci tra le braccia per il peccato inconfessabile del desiderio: il legame tra la certezza dell’io e la ‘divinità’ che attribuiamo al mondo esterno. Oggi, amore mio, non c’è niente da disegnare, il bianco è sufficientemente arbitrario, è il mio amore per te, il riflesso di me in te ‘lucente’, la concupiscenza di conoscere il mondo intero, a partire da te. Come sempre….

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