la signora moglie dentro una scatola (insuccessi)

Posted By claudiobadii on Nov 19, 2014 | 3 comments


Nota introduttiva: “La grande magia” è una commedia in tre atti, scritta e interpretata da Eduardo De Filippo nel 1948. Il pubblico non ne capì nulla e fu un vero insuccesso. Fu poi inserita dallo stesso autore nel gruppo di opere che ha chiamato ‘Cantata dei giorni dispari’. Viene qui citata perché ha a che fare con la ricerca scientifica sugli affetti di relazione e la comprensione delle “teorie”. Che qui si dipanano tra una moglie in una scatola la fiducia in amore e la difficoltà di accettare le conseguenze della fisica quantistica. Il gatto di Schredinger…? Trascrivo le ultime battute del primo atto:

OTTO – Venite qua. (Calogero gli si avvicina) State attento. (Prende dal tavolo centrale una scatola giapponese, rettangolare, alta dodici centimetri e lunga quaranta) Tenete. (Calogero incuriosito prende fra le mani la scatola, dalle mani di Otto) Vostra moglie è in questa scatola. Aprite.
CALOGERO – Santa pazienza. (Fa l’atto di aprire la scatola)
OTTO – (fermandogli repentinamente il gesto) Un momento. Avete fede?
CALOGERO – In che senso?
OTTO – Siete convinto di trovare vostra moglie in questa scatola? Ascoltate: se non avete fede, non la vedrete. Siamo intesi? Se non siete convinto, non aprite.
IL PUBBLICO – (incitandolo) Apra, apra, non esiti… Chi aspetta? Apra!
OTTO – (interviene energico) Ma no, signori, prego. Non cerchino di influenzarlo. È lui che deve decidere, la responsabilità è solamente sua. (Di nuovo si rivolge a Calogero) Voi avete dichiarato, poc’anzi, di non aver mai sospettato della fedeltà di vostra moglie. Ho dei dubbi sulla vostra affermazione, ad ogni modo ora pensateci bene: se voi aprite la scatola con fede, rivedrete vostra moglie, al contrario, se l’aprirete senza fede, non la vedrete mai più. Aprite, se credete. (Calogero rimane perplesso. È in dubbio. Sorride ebete, per darsi un contegno. Otto ne approfitta per insistere con maggiore padronanza) Ma insomma: avete fede o non avete fede?
CALOGERO – Ma certo che ho fede.
OTTO – Allora, cosa aspettate? Aprite. (Calogero non batte ciglio. Rimane muto, assorto in un pensiero fisso che lo sprofonda in un mare d’incertezza: “Che fare?” Mettendo in dubbio l’affermazione del professore deve, implicitamente, ammettere l’infedeltà della moglie. D’altra parte, chi può dargli la certezza che la sua donna si trovi effettivamente in quella scatola? Gli spettatori seguono e par che sentano in pieno il complesso atroce che tiene inchiodato in terra l’uomo. Finalmente, dopo una lunga pausa, egli decide: lentamente si mette la scatola sotto il braccio sinistro e, mogio mogio, come un cane bastonato, riprende posto al suo tavolo.(*) Gli spettatori hanno seguito la sua azione senza staccargli gli occhi di dosso e, finalmente, ora, ipocriti e maligni, commentano sommessamente l’accaduto. Il professore, con infinita calma e serenità, come se nulla di strano fosse accaduto, riguadagnando il centro della scena, riprende il suo numero) Chiedo un po’ di attenzione per passare ad altro esperimento… (La musica monotona riprende) Zaira!…

(*) sottolineatura mia.

3 Comments

  1. La mancanza di fede a volte non è nell’altro, ma in se stessi. Quanti amori abbiamo per i quali saremmo pronti ad aprire la scatola con sicumera? Ci vuole una grande fiducia in sé per concedersi la certezza che la scatola sia piena. Per me questa è stata, è e sarà la cura. La vitalità che per fortuna c’è è quella di riuscire ad aprire accettando che potrebbe essere vuota e capire che, se lo è, dipende solo da noi stessi.

  2. E’ come ricominciare da capo ogni volta , il cambiamento fa di noi quello ” potenzialmente ” possiamo essere…ogni giorno diverso … senza ” diritto di precedenza “.

  3. “Opera Prima” precisa “Natura Fisica della Realtà Psichica”. Quindi sembra alleggerirsi del concetto di “Realtà Materiale” e a mio avviso, non solo come elemento linguistico. Penso (e chiedo scusa per la volgare metafora) stiamo succhiando quella parte di carne rimasta per ultima intorno ad un osso. Quella più buona. Quella che necessariamente va mangiata con le mani. Quella che hanno cominciato a mangiare i nostri antenati in gruppo e in cerchio subito dopo la scoperta del fuoco. Azzardo una “sana regressione”. Ho la certezza di aver capito che la Ricerca sia alimentata dal nostro inevitabile scambio di attimi di tutte le nostre vite che di “fissano” poi ad un nucleo e danno vita a qualcosa di inesauribile e di una bellezza di luce quasi atomica. Gli insuccessi e la poca comprensione, penso siano parte del percorso. Così, quasi banalmente. Così, come amo pensare di Claudio, che dopo un turno passato in ospedale, prendeva la macchina da Siena a Roma per cercare chi aveva dato vita a tutto questo. Amo pensare a Roma, a Claudio e a tutti gli Amanti che sempre si cercano e sempre si aspettano. http://youtu.be/RoA6aQoz52M

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