albert einstein, massimo fagioli, una donna, la libertà, la ricerca di base

Posted By claudiobadii on Giu 24, 2015 | 0 comments


il 23/06/2015 alle 23:27 Carla risponde a ‘quando si comprese come la scoperta della nascita fondò una scienza per la libertà’ 
“Si può dire e si deve anche dire allora che certi modi di usare ed intendere le parole così come il fare un certo tipo di ricerca in psicologia non hanno a che vedere con la libertà di una ricerca.

Non mi sento in un certo senso libera da tempo, mi viene da dire, e ce n’è finita lì in mezzo di rabbia, di disperazione.

Fare le cose, ‘fare’ addirittura la pigra contadina, l’odio per non riuscire a comprendere. E poi ancora, la ricerca che si opponeva a tutto ma in fondo (alla fine) c’era sempre il medico che parlava di nascita.

“Non ne ho una. Credetemi. Vi dimostro che è importante, che è importante per me! Che mi sento morire, credetemi. Guardate. Leggete, venite con me… Di vita si muore, non lo hanno anche scritto?’’.

L’ultima cosa che mi sono messa a fare è iscrivermi proprio ai due anni di magistrale in psicologia. Lo confesso, ora… per odio mi sono iscritta.

E ora posso confessarlo, perché posso e voglio dire che non è libertà quella di una ricerca che non fa ricerca su nascita, vita e morte. Non è ricerca e non c’è libertà nello scegliere (il libero arbitrio) di non vedere quanto da decenni la scienza psichiatrica è riuscita a raggiungere con la scoperta sulla genesi e fisiologia del pensiero. Non è ricerca, non è libertà oggi fare psicologia come la si fa nelle istituzioni.

Ai limiti… a me interessavano i camici bianchi dei medici. Lo stetoscopio intorno al collo, i capelli arruffati di chi attraversava la corsia dopo il turno di notte. La psichiatria dentro la stanza di psicoterapia. I racconti del medico di come fa il medico. Questa mi sa di ricerca. Ricerca per curare, e il curare per fare ricerca.

Ho un corso da ultimare e ora come ora non sento più il bisogno. Se io mi stia curando pervicacemente dall’odio non lo so, l’ho pensato però.

E penso che la faccenda della libertà sia un’urgenza. Per me. Noi. Per misurare i gradienti di gioia e dolore, quantomeno. Per liberarmi finalmente della richiesta altrui di libertà… che non comprendo.

Non comprendo più.

Non comprendo più che non si comprenda… e si deve essere liberi di dire che certi modi di fare ricerca sono pensieri violenti per quanto stupidi, finalizzati soltanto a rendere schiave le persone dal momento in cui vengono alla luce.

Troppo?

Sì… troppo… esagero sempre quando scrivo, esagero sempre quando amo, e in fondo anch’io posso liberamente ammettere ora che le lettere più belle che io abbia mai scritto avrei voluto che venissero scritte a me.

Posso dire di essermi amata tanto, allora.

Per il resto, mi serviva appena un bagliore di luce sull’acqua marina, un odore di sale e pane, il luglio dei primi giorni in cui sono nata e le passeggiate tra i cori delle cicale che mi hanno raccontato da grande. Un’ora di pineta. Un canto per regalarmi ancora oggi tutto un universo che vado a disegnare sul contorno degli occhi altrui. Mi basta poco.

‘’Anch’io sai che…’’

”Sono io”.

Il riverbero.

La risonanza.

L’immagine diceva: C’era una ragazza seduta al piano. Un concerto. Musicisti ‘veri’, un ragazzo alla tromba alto e sottile come un filo guidava camminando tutti gli altri. E lei così bella, sorridente. Aveva anche un nome. Poi arriva il finale. E lei, che non aveva usato il pedale di risonanza, quasi per rimediare all’imprecisione della propria esecuzione, usa l’effetto del riverbero sulle ultime note. C’era bisogno? mi chiedo.

Ora.

Si può essere storditi dopo una giornata come questa, quando si è deciso di andare per i campi a ripulire i filari degli ulivi sotto al sole, con l’odore pungente del finocchio selvatico nel naso, il falco che vola alto e ramingo sulla testa, il fagiano colorato che attraversa la siepe di rovi. Si può essere storditi in una notte come questa, ma ho lasciato l’odio a casa, con il libro di Pedagogia sperimentale e statistica accanto. Mi serviva per recuperare gli articoli sul terzo pedale dei pianoforti, l’effetto del riverbero, e metterli insieme alla faccenda della libertà che mi toglie il sonno. I primi due anni di vita e di pensiero dalla nascita in poi. Elettromagnetismi e la scoperta della nascita che ha succeduto di 67 anni quella sulla relatività ristretta.

Andare avanti procedendo tra i filari.

Di quei due anni, successivi al momento in cui la luce ha colpito la retina, si misurano, con il linguaggio di cui oggi siamo o non siamo capaci, i gradienti di due vicende prettamente umane: amore e separazione.

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