le parole dei compagni

Posted By claudiobadii on Set 14, 2016 | 0 comments


Con un gusto contagioso il linguaggio racconta la variazione che interrompe la simmetria e poi torna transitoriamente in quiete. Ripetutamente così. Il modo contagioso è per via del movimento che esprime ma, bisogna dire, esso è quello stesso movimento o ne è ‘parte’ costituente.

Viste così molte cose ritenute abbellimenti sono implicazioni della variazione di fondo. Non si riesce cioè ad evitare la variazione dovunque ci mettiamo. Non c’è un centro, un luogo esterno a noi, in cui essa sia più ‘reale’ rispetto ad un altro: il linguaggio e noi (ed ogni altra cosa) siamo parte della struttura variante.

Il prima e il dopo dunque, che vorremmo come pieghe di un tessuto temporale separato, sono artifici verbali per esprimere la speranza che il tempo le strutture e noi possiamo consistere reciprocamente esterni gli uni agli altri.

Queste creazioni dell’immaginario linguistico funzionano per fornirci la rappresentazione di auspicabili aree di riposo. Il riposo però è sempre quando non si esce fuori dal movimento (un fuori non c’è…) ma solo quando ci se ne lasci cullare.

Il linguaggio cioè ha più o meno potenza di contagio quanto meno si discosta dalle variazioni che sensibilmente avverte e che vuol ‘dire’. Esso è tanto più bello quanto meglio esprime precise quantità della propria deriva dalle strutture vibranti.

Cerco un modo di stare accanto ai compagni legandomi a distanza delle nostre braccia sulle spalle. Resto alla portata delle loro voci che sussurrano o cantano distrattamente e, a quei suoni, ripercorro in mente i loro nomi. Restano quelli di cui conservo i suoni, la fisionomia dei loro discorsi. Conosco il gusto contagioso della cartografia del linguaggio. Quando sulla terra si realizza il disegno dei loro volti lontani.

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