biciclette a vela

Posted By claudiobadii on Giu 24, 2012 | 0 comments


Dunque sull’ala verde acido e oro caldo dell’età stavate con i sette e i sei anni insieme. Il flauto suonava inondava la mente e la luce entrava facendola da padrona. La felicità è una bicicletta a vela e la tessitura della pancia delle vele è la mia maglietta bianca sono i miei calzoni corti estivi. Stanno sul manubrio e il sellino al vento e costruiscono un orizzonte domestico. Gli occhi due cose da cui partono raggi? Roba da vecchietti semi assonnati dall’idealità che gli si è avvolta intorno come fazzoletti sulla fronte inzuppati di acqua con l’aceto contro il mal di testa.

Gli occhi, caro mio, beh non esce niente dagli occhi: sono portoni splendenti di trasparenze e il mondo incede loro incontro alla musica ritmica delle grida degli esuli esultanti, coi toni maestosi di una tristezza cosmica. Comprendere conferisce lo stile umile dei serpi fertili della sabbia che strisciando leggono il terreno e nella loro mente incandescente del sole a picco decifrano il cielo sia dove è assiderato -negli spazi vuoti- sia nelle aree di calore stellare che rimane irraggiungibile. Gli occhi trasparenti sono sipari affiancati a sostenere lo sguardo del mondo che è l’investimento che noi uomini si patisce.

I nostri occhi sono la pazienza universale ed eterna. Le forme di contenimento della tempesta che ci avvolge e le palme delle mani della figura cerebrale e il riflesso della circonvoluzione seconda e quinta delle aree spettrali che riflettono il calore di questo sole estivo. Guardati dal vecchio padre presuntuoso unto e bisunto dai complimenti vezzosi inadatti ai vecchi. Lui può essere che veda i nostri occhi differenti, di cui essere invidioso perché non c’è intorno nessuno dato che noi, attraverso la semina delle trasparenze dei nostri occhi spalancati all’invasione celeste, abbiamo fatto spazio agli arrivi. A qualsiasi invito di passione. Ai sonagli alle caviglie. Noi abbiamo imparato a scivolare lievi tra le dune sulle creste delle onde sulle creste d’onda di ogni collina di deserto.

Abbiamo aperto cancellate di ferro a treni interi di schianti e esplosioni. Ai convogli di schegge e di errori deportati all’inferno. Vediamo bene i vecchietti dementi di identificazioni seppelliti nella rena come i piedi della ragazzina nei giochi. Oh? Dove sono i piedini….? Leggevo e rileggevo: siamo uguali ma…. diversi. No, mi dico, non può essere. Uguali o diversi. Si è differenti per le trasformazioni dello stato fisico della materia. Si resta uguali se non c’è stata la trasformazione dello stato fisico. Ho studiato e capito: intuire è espressione preminente del pensiero e non ha niente a che fare con la funzione degli occhi. Non esce niente dagli occhi. La letteratura dei raggi visivi è una riga tortuosa sulle mani nodose di un vecchio.

Qui adesso ho i sette anni e i sei anni e mezzo dei ragazzini nell’acqua oltre l’orizzonte velico dei miei vestiti sulla bicicletta. Loro si muovono nuotando in acqua, spostando masse di volumi fluidi fanno piccoli vortici con velocità di di rotazione variabile. Felicità e infelicità essere con te ed essere poi distante e piangente. Esultare e disperare non sono uguali. Dunque non c’è più tempo. Esso è completato prima della decadenza dei vecchi discorsi. L’eternità mitica di Crono si scioglie nello sfasamento temporale, nel non farcela più ad imparare questa lingua differente. Allora il terrore dei figli si scioglie nei sorrisi della pronuncia e della comprensione di quei suoni nuovi dove il tempo non ha più potere e si scioglie.

Essi hanno la conoscenza e sono diversi dal padre. Differenti per sempre. La comprensione attraverso lo studio e l’applicazione fa l’identità. La comprensione della lingua nuova è trasformazione del pensiero e identità affettiva e sociale. La conoscenza di quanto prima era sconosciuto e adesso è chiaro e comprensibile corrisponde ad una condizione differente per sempre della capacità del pensiero. Qualcosa nel corso dello studio appassionato si è generato dalla vibrazioni caratteristiche della natura fisica delle particelle della materia cerebrale eccitata e stimolata dalla lettura, dalla pronuncia, dallo sforzo di traduzione degli oggetti psichici noti in questi suoni nuovi.

Sette anni e sei anni e mezzo. Il vortice ha reso dispari il numero: e la complessità, che era una idea inoffensiva, è diventata contatto cutaneo. Sai: il legno delle bacchette dell’orchestrale sulla pelle distesa dei timpani là al fomdo del golfo mistico. La fluttuazione ha generato una massa che è rimasta come un fossile del futuro sulle dita. Così si nasce dalle fluttuazioni del campo elettromagnetico senza una evidente dialettica di un prima di realtà materiale. Mi avevi inventato migliore di te. Ed essendo allora tu di fronte a me nella stanza sei entrato attraverso gi occhi. Gli occhi non mandano raggi: gli occhi si lasciano guardare. Io ho avuto la certezza del futuro. Questo è stato.

E adesso che sono dove il tuo discorso mi aveva posto ti racconterò quanto non potevi sapere avendomi concesso, con la vita della capacita di immaginare, la superbia di poter restare ed essere senza te.

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