Claudio Raffaele Massimo e l’energia elettromagnetica

Posted By claudiobadii on Dic 8, 2011 | 2 comments


Claudio Raffaele Massimo e l’energia elettromagnetica

l’eccitazione della materia tramite l’energia è iI tema centrale del nostro amore. non si poteva sperare che non chiamassi te proprio di questi giorni. sono restato così a lungo sull’iceberg alla deriva continuando a girare la scena dell’agonia riassuntiva.

“non mi ha mai dato un nome” è l’ultimo pensiero del mostro. non è il primo figlio che muore evocando le disuguaglianze le illiberalità e l’isolamento come i difetti conseguenti alla propria complessa ‘generazione’.  siccome sono uno scienziato è la genesi delle frasi di accusa che, in fondo, sento che mi riguarda. che devo porre al centro del mio interesse professionale.

l’accusa è enfatica nel tono e a volte ho pensato che dovevo cercare attraverso un metodo volutamente irrazionale. è stupido certamente – però mi è capitato di tentare in quel senso. ma adesso sono solo sonno -senza sogni- riposo e entusiasmo di una salute ritrovata. e più che i sogni chiamo a testimoni le onde elettriche che suonano a distesa. l’accordo tra i polpacci e il cuore. le immagini delle ‘cose’ che nuotano nel medesimo mare di sangue.

ricordo gli amici medici giovanissimi e sapienti. i loro nomi belli come pantaloni scuri stirati con accuratezza alle cerimonie di premiazione e matrimonio. l’irrazionale si perde nella sicurezza della coscienza che mi fa dire ” io ho avuto fortuna “. Claudio e Raffaele e le lori mani che giocavano con gli elettrodi appoggiati sulla pelle dei muscoli e delle tempie per registrare l’energia della materia vivente.

sono bravissimi tutt’ora perché di essere geniali non si smette più e ci si allea con il tempo che passa. cercavano -nella forma delle onde elettriche registrate- la diagnosi di salute e malattia dei muscoli volontari e del tessuto cerebrale.

sapevo di  dovermi un regalo questi giorni e mi è successo di ricordare i nomi di quei medici già sapienti a trent’anni: trent’anni fa. il regalo è questa seconda nascita -dopo la nascita nel parto- che mi consente di restituire il tempo sotto forma di passione memoria e esercizio di sapienza ‘sessuale’ (dovevo dire competenza professionale)

loro scorrevano le dita sulle onde registrate dai pennini sulla carta sensibile e poi -in certi punti- si arrestavano sussurrando “…qua, vedi…” per segnalarmi l’evidenza di un segno ineccepibile. la clinica si sviluppava nella docenza secondo il garbo ferreo di un discorso che essi svolgevano con due interlocutori. me, che volevo imparare la lettura dei tracciati e -assai più intima loro- quella biologia indagata quotidianamente.

imparavo: l’energia della materia fornisce indizi di sé attraverso la forma delle onde determinate dalla propria fluttuazione. le onde sono variazioni di intensità che anima la materia vivente. noi medici nei secoli abbiamo creato apparati di registrazione dei fenomeni energetici della materia in grado di trasformare i segreti ritmi ricorsivi di quella vita sottostante in segni scritti che si devono definire artefatti.

dubitavo e mi rattristavo: questi artefatti frutto della genialità degli uomini non saranno mai belli come l’arte. Non lo saranno mai perché essi registrano la vita biologica. mentre la bellezza è nella realtà fisica del pensiero.

però la fortuna fu che capivo che la metodologia della scienza -che allora mi veniva messa letteralmente sotto gli occhi grazie all’onestà sfrontata di quei medici – era una metafora della passione.

l’applicazione delle regole dell’amore alla ricerca medica descriveva come sempre ancora una volta ogni mattina -letteralmente- il caos degli ammassi cellulari con il dolce stile del linguaggio degli esseri umani.

la sapienza delle idee nuove diventava oscillazione di emozioni della scoperta scientifica che facevano il pensiero scientifico. e poi il pensiero faceva la scrittura delle ipotesi cliniche. le ipotesi cliniche potevano cambiare il destino di sopravvivenza delle persone che ininterrottamente si sarebbero distese -nude e confuse- sul letto del medico. fu facile notare che la malattia come la genialità pareva non si arrestasse mai.

serviva, ad opporsi a quel fenomeno inarrestabile – che si opponeva come una ingiustizia alla realizzazione della felicità della libertà e della socialità – la scrittura dei testi teorici. un ulteriore tracciato che registrasse – sulla carta sensibile alla lettura – la forma evidente di una genialità di segno differente: un tratto sconosciuto e inarrestabile della specie umana.

avevo l’orgoglio: noi medici forse eravamo progenie di chi aveva sognato di potersi opporre ai fenomeni naturali a dio e al destino? allora avevamo in eredità una vita che si voleva riscattare. prosaicamente là e allora noi come arma usammo la gioia della ricerca.

ma nell’amicizia di Claudio e Raffaele, nella mia stima profonda per loro, non c’era quello che non poteva esserci. nella rarissima onestà della applicazione quotidiana sulla opacità della biologia -che non rivela subito la regolarità dei fenomeni che costituiscono la fisiologia della funzione- mi davano soltanto una parte della certezza indispensabile. il resto dovevo cercarlo altrove.

il resto! …ho ancora troppo pochi anni di lavoro per consentirmi la pretesa di raccontarlo decentemente. sai che ti amo. ma ora deve essere tuo l’affetto di comprensione per me.

posso solo dire che poi il mio pensiero si è incantato sulle cose da niente. sulle oscillazioni della scrittura sulla carta. le amo più dei disegni dei bambini. più della bellezza dei tramonti condivisi. più di te se tu ti facessi brutta e mi chiedessi di scegliere.

questo è perché nella lettura di una teoria nuova -nel 1976- non vidi quasi altro che oscillazioni di una grafia che mi tolse la coscienza. o meglio. che ripropose una nascita del pensiero secondo le regole dell’amore. era la sicurezza dell’assunto teorico: è l’energia che eccita la materia. è la nascita quando alla conclusione del parto la luce colpisce la retina…..

in questi trenta anni iniziali – nell’ambito di una attività di cura – si è generata la possibilità di cercare la genesi della bellezza nell’indagine sul pensiero. non poteva accadere se non avessi mantenuto l’arroganza di una delusione rispetto ai tracciati che descrivono i fenomeni dell’energia derivante dalla biologia.

l’armonia di forme d’onda. la registrazione – anche nella biologia – della forza elettromagnetica che è diffusa in tutto l’universo, non basta a completare la ricerca degli strumenti per curare le persone.

tutto questo risultò da subito evidente notando che la registrazione dell’attività elettrica nervosa e muscolare poteva fornirci soltanto la regolarità coattiva di una trasduzione dell’impulso informe in artefatti.

nell’inverno e primavera del 1976, dopo un anno che vivevo nei corridoi della Clinica delle Malattie Nervose e Mentali della Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Siena, cominciai la lettura di “Istinto di morte e conoscenza” di Massimo Fagioli. il libro aveva già quattro anni dalla sua prima edizione. per me sicuramente quattro anni persi.

da allora amore mio non ho fatto altro che cercare di attenuare le conseguenza di quella ‘perdita’. per me dunque raccontare la storia é raccontare le vicende di quella attenuazione. non è la storia del rimpianto di un ‘dopo’: per averti lasciato. la separazione non fece l’annullamento e, semmai, l’assenza fisica realizzò la conoscenza.

è la storia degli anni perduti: una storia del ‘prima’. seppure logicamente potrei dire che fui anche troppo tempestivo. oggi – nel mare di sangue che fa l’allegria del movimento del cuore – c’è molto di questi anni ma non tutto. forse tutto non ci sarà mai perché è ‘umanamente’ ‘ impossibile’ raccontare cosa poteva essere la vita se ti avessi incontrata prima.

però una cosa adesso mi è chiara: è il figlio che deve dare nome al padre. dargli un nome al primo incontro.

così se prima era il mostro del dottor Frankenstein che muore maledicendo un padre distratto. adesso è un altro.

uno che all’incrocio si ferma e lascia scorrere via la malconcia carrozza sferragliante. una carrozza regale da parata: inadatta ad un sentiero come quello . “eccoti un altro vecchio arrabbiato che si presume in credito col tempo …”

Edipo ha fatto la sua diagnosi. ha dato un nome alle cose che gli capitano.  sorride. riprende a camminare scuotendo la testa.

2 Comments

  1. si margherita è vero. vera la felicità di un avanzo. quell’uno che è unità e regalo. :))

  2. Caro Claudio, non sono in grado di rispondere ai tuoi versi con lo stesso tono, è fuori dalla mia portata, non ho la tua intelligenza fluida e non fatto lo stesso percorso, ma con i ricordi del passato,i rari incontri successivi, le parole di oggi, mi si illumina la mente sulla ricchezza del rapporto avuto con te. Nel passato sei stato un cavaliere coraggioso verso il tiranno (Batt., ma era solo un simbolo) indicando che si poteva combattere, che si potevano usare terapie diverse per i pazienti, che si poteva aiutare anche senza la chimica ed oggi continui a stupirmi facendo scoprire in me valori che non pensavo di avere; mi fai capire che non era solo un lavoro da elettricisti, ma era desiderio di conoscenza, curiosità per l’uomo e “metafora della passione”.
    Una volta mi hai detto “Rocchi, sei come l’acciaio inossidabile”, perché riuscivo a resistere alla fatica e frustrazioni; bé devo dire che è stata come un ciclo di psicoterapia.
    Ora ti saluto perché rischio di diventare retorico; approfitto per dirti che da due settimane sono diventato nonno di una bella femmina di nome Emma.
    Un abbraccio, Raffaele

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