fate grilli e rane in fuga

Posted By claudiobadii on Ott 16, 2011 | 4 comments


fate grilli e rane in fuga

La foto dell’estate trascorsa risplende ferma nel mare poi precipiterà tutto nel rabbuffo dell’aria della luce ma questo è solamente nel ricordo cosciente del momento che segue all’istantanea. Il luogo dove è avvenuto lo scatto e’ la curva del treno nella galleria. Dopo quel momento i percorsi si sono distinti e per un verso è andata avanti la storia dei giorni e le notti e le risate i rimproveri i baci le parole gli abbracci i bronci infiniti tutti e dimenticati per sempre. Dall’altra si è verificato un nuovo stato del pensiero che ora fa la scrittura allegra e disimpegnata. Oggi fa il nesso con allora mentre ho tra le mani una fotografia che poteva anche essere un sogno. Quanto gli specialisti dicono poter essere una immagine inconscia non onirica. (A volte gli specialisti sono teneramente ingenui nella loro sbrigativa risistemazione del mondo a proprio uso e secondo le necessità del poco tempo che talvolta ci resta…sic!)

La vita. Portare avanti un lavoro.  Le montagne di dolomite sulle guance. La biografia dei corsi d’acqua. I prati dove trovarsi. Gli occhi di chi si è  innamorato di noi annodati ai fianchi come una preda di guerra. Noi inginocchiati in riva al mare a pregare di prendere il pesce d’oro che realizza le fantastiche pretese di possedere palazzi con la servitù ottusa e ridente. La libertà decisiva dell’incomprensione. Il mutismo dei segreti quando sono troppo dolorosi. L’incertezza se il riserbo possa nascondere un opaco conformismo. Il dovere appassionato. La disobbedienza: giocando. Il razzismo sottile di essere neutrali. La ferocia che si può comprare oramai. Il desiderio accidentale alla vetrina: che rispecchia un corpo migrante formidabile inarrestabile alle mie spalle. La continua generazione del soggetto tra le liane e le radici aeree nella parte buia della foresta, da solo, circondato dai rumori terrificanti della natura senza cuore.

Ci si deve scavare un riparo dalla ferocia, che -come detto- adesso si può comprare a molti angoli sporchi di certe città della nazione per rivolgerla contro altri di cui ci si volesse sbarazzare senza lasciare traccia. Ci si scavano trincee per fronteggiare l’amore in una lotta di posizione. Si spareranno fuochi d’artificio per cogliere i sogni con le brache impigliate nei cavalli di Frisia del desiderio e per poi -di conseguenza- buttarci letteralmente addosso l’una all’altro perché è finita la quaresima e si fa festa di companatico. Si rigenera il cristianesimo originario con il lusso degli incontri nelle catacombe. Si fa di nuovo la nascità con le dita su un pezzo di carta e gli occhi dismessi e la scrittura offensiva che scrive di non studiare più perché si dovrà cercare quello che non c’é da nessuna parte e va creato e di studiare non c’é dunque più tempo: oramai, anche in questo caso.

Meno male che hai sorriso ancora illuminandomi indaffarato a farmi bello, a cucire lo strappo alle brache da cercatore di lapislazzuli, a cucinare fagioli sul fuoco di stecchi. Non resterò mai a riposo c’è così tanto da fare dire riscrivere per avvicinarmi il mondo. Così tra non molto andrò a lavorare in una bottega sulla strada perché non so tirare avanti se non ho accanto tutto quello che mi serve. Mi do da fare per creare le condizioni, le scuse, le trappole con i fili d’erba, le ragnatele profumate della grotta delle Muse. C’è una storia d’amore tra la fata turchina e il grillo parlante se solo se ne volesse accennare…

Io non mi rassegno a raccontare spiegare esprimere in maniera sistematica. Chiarire cosa sarebbe successo per cui tutto sta cambiando è come uno sparare raffiche di mitragliatrice nel buio. Non è tanto che sia inutile, è che è pericoloso. Non ho mai preparato prima una figura della platea possibile alle parole. Tutto dunque è apparentemente ermetico e incomprensibile ma a me interessa soltanto un accordo a proposito della sicurezza della consistenza. La presunzione delle conclusioni è un vizio di forma: se avessimo orecchie abbastanza sensibili sentiremmo ancora risuonare la prima parola del primo uomo e potremmo avere la chiarezza che siamo ancora in ballo e per questo talvolta andiamo a chiedere pareri medici perché ci sentiamo rane in fuga dall’esplosione della vita mentale umana chissà quando accaduta.

Un parere non erudito suggerisce che siamo realtà costantemente emergenti colte un attimo prima del rabbuffo. Nuotatori in risalita dal mare alla vittoria. E le fate sono le grida di rimprovero di nutrici ricche di senno.

Per questo la ricerca: per accordare il passo al grido del primo istante che chiamiamo ancora vitalità.

(Continuo a chiedermi perché sostengono tutti che l’amore va con la morte? Che il sesso è confusione degradante con la decadenza biologica? Si vuole allontanarci da una ricerca che ha di fronte a sè l’evidenza di una lotta che metta la sessualità nella politica ?)

4 Comments

  1. L’amarezza dell’amore negato perchè si ha paura di rinnovare il dolore dell’abbandono (è questa forse la morte temuta?).
    La cura, il superamento della paura.
    La scoperta del sogno vitale e rigenerante, di nuove realtà.
    La ricerca, la gioia della scoperta di parole nuove o forse dimenticate che ora risuonano tra di noi.
    Ascoltare è farsi condurre dalla parola dell’altro.
    Se poi al posto della parola c’è il silenzio dell’altro,allora ci si fa guidare da quel silenzio.
    P.S. E’ vero! C’è una bellissima storia d’amore tra la fata turchina e il grillo parlante.

  2. Trovare quel pesce d’oroper realizzare quella fantastica pretesa di ricchezza interiore per splendere agli occhi delle persone amate e sciogliere quel mutismo di dolore che allontana… No! rifiuto l’oramai.

  3. Fate
    grilli
    e rane in fuga
    stamani
    ho trovato
    parole
    per
    un bellissimo
    risveglio
    grazie 🙂

    http://youtu.be/Z3fCNSR3m8M

  4. Il rifiuto dell’apparire nella propria vita della parola “ormai”, lavorare per una ricerca che non ci faccia sentire abbandonati a vivere in una sola realtà e cambiare il significato che si sente risuonare nella parola “ormai”: non rassegnazione, ma irreversibilità…acquisire la certezza che non tutto è stato detto e che questa certezza non passerà più, ormai!

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