Hamelin

Posted By claudiobadii on Feb 9, 2014 | 3 comments


Hamelin, Bassa Sassonia, anno 1284. Un pifferaio, suonando, attira con sé, per poi precipitarli nel fiume, i topi che hanno invaso la città di Hamelin. Una volta ottenuto il risultato il borgomastro, d’accordo coi suoi concittadini, si rifiuta di pagare l’incantatore. Il quale, suonando, porta via, durante la messa domenicale, tutti i bambini della città. Secondo una versione della fiaba un ragazzino zoppo non subì la sorte di tutti gli altri perché non seppe stare al passo. Non ebbe possibilità di correre veloce per la seduzione che affascinò tutti fin nel ventre di una caverna dove sparirono…. per non tornare più. Ho sempre pensato alla ‘sorte’ triste di chi scampa la ‘sorte’ (altrettanto triste) della maggioranza statistica. Forse perché ne conosco molti che mi dicono di sentirsi ‘differenti’ -ma anche ‘zoppi’- …. comunque ‘ammalati’. Dubbiosi, sospettosi sui reali motivi della loro incapacità a stare al passo. Così della fiaba mi affascinò sempre, per una identificazione con la diversità e la minorità, lo zoppo. Non mi disperai mai per tutti gli altri che erano andati, come topi, a completare la vendetta di un mago sui genitori avidi e quieti. Quelli portati via dallo sdegno causato dalla irriconoscenza non mi fanno simpatia. Come condividessi lo sdegno. Come una vendetta per procura. O forse capivo che i ragazzini possono essere costretti a somigliare ai padri perpetuando il peggio loro (dei padri loro, dico) che diventa da quel punto senza paragoni, la norma loro. Così stavo con il ragazzino rimasto. Proprio solo non fui mai. Facevo appello ai figli del tempo che conoscono le veglie di stordimento di chi resta. Sessant’anni… I figli del tempo eccoli macchie di catrame sotto la chiglia della barca. Macchie di catrame su due poltrone. Inchiostro ripiegato su se stesso fa l’immagine che mi sono fatto di assetti differenti e affluenti. Tra le linee di 0.5 ‘non so che’…. come mostrano le preferenze del raggio dei pennelli un lunghissimo periodo di anni e il lento luminoso avanzare del buio dorato, un timbro di sicurezza. Alla parete figure di forme bollenti forse stelle dal cielo, o stringhe. Vortici marini lungo la Corrente del Golfo, e nel clima invernale si forma il disegno di una figura che piega la testa come uno che i sortilegi hanno trasformato in un uccello scuro legato alla vita aerea, alla prigionia dei rami e del vento, solo apparentemente libero e invece costretto, dalla leggerezza di una libertà superflua, ad una insopportabile inconsistenza. Racconta ed ha la veglia ma non del tutto la coscienza. L’inchiostro nero di cui è fatto comunque sfida i sogni perché è pensiero di uno che siede silenzioso e parla a intermittenza come nelle comunicazioni del telegrafo. Penso anche ad un orso di inchiostro: peso e potenza restano ignote. Ho disegnato me. Stare sempre così, quasi assolutamente immobile, non è propriamente umano: è una forma di malattia. Una limitazione, accettata e, forse, scelta, ma alla lunga non si sa neanche più. La coscienza escluderebbe il caso che lo si sia scelto per davvero, se non tranne per auspicio di prigionia meritata o paralisi che eviti altri errori. Controtransfert. Ecco. Lo zoppo. E poi, solo alla fine, leggo che lo zoppo, nella letteratura allegorica, è una figura di frontiera, una figura di mediazione tra regni contigui. Un interprete. Penso. E adesso, nella stanza, nell’ombra dorata degli anni, tutto sembra chiaro. Un cielo caramellato.

3 Comments

  1. Zoppo Trump (traduzione creativa: “Brav’uomo Zoppo”)
    From my window (“Dalla mia finestra”)
    1972 (Gli anni della Scoperta Scientifica)

    Gioco a trovare connessioni, casualmente.

    http://youtu.be/DtFwwRXN3t0

  2. Claudio…nome proprio maschile di origine latina. Da “claudus”, cioè “zoppo” 🙂

  3. …quindi, possimo dire che esiste una relazione tra frequenza ed energia tale che particelle identiche se vibrano a frequenze diverse possiedono una quantità minima di energia diversa…onde luminose e calore…

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