la democrazia, il probabile, l’impossibile.

Posted By claudiobadii on Gen 21, 2013 | 2 comments


folla-ca

Tina Modotti -“Campesinos” – 1928

-Chissà se ovunque è come qua dove pare così difficile dire ciò che si pensa. Perché qua nessuno più si esprime con chiarezza. Non si fidano. Ormai è diventato un automatismo. Una spirale soffocante.

-A non dire precisamente i pensieri si creano meccanismi mentali alternativi, reticoli di elusione. Si parla per sistemare barriere di rilevazione dello scontento. Correggiamo certe eccessive esposizioni ripiegando sui toni della mediocrità consensuale. Del nucleo delle cose che erano da dire oramai non resta traccia.

-Per quanto abbia le idee chiare sul meccanismo, non so dire se i modi di elusione diventino struttura e attività di pensiero autonome: cioè se capita che uno nasconda qualcosa anche quando non avrebbe, in realtà, niente da nascondere.

-Certo che noi qua si vive molto male. A causa del prevalere (normalizzarsi) di attività distorte di pensiero. Si vive come se. Si nasconde il poco o niente, e si fa una gran figura: perché le tattiche di elusione sono maniere macchinose, che però appaiono strategie furbe.

Qui confondono la furbizia con il genio, e il conformismo dell’ovvietà con l’illuminazione. Non è la politica che causa questa malattia nuova, lo strangolamento progressivo: sono le funzioni elusive che hanno preso il sopravvento sulle funzioni creative o semplicemente espressive.

-Dunque la politica è soltanto (!!) manifestazione, per via di consenso democratico, della nevrosi di scantonanento. Non è neanche una difesa perché non ha una forma clinica. È un disturbo globale ma efficiente, cioè sufficiente in ambiti di medie prestazioni. Esso resta indistinto. E’ un’orrore mimetico.

-È un aggravamento della norma che la peggiora decisamente. Come si sa la norma è l’imposizione del più probabile: e già da tempo affligge le aggregazioni collettive escludendo ogni imprevista rarità felice. Eccezioni che confermano la prescrizione al minimo (… la regola…)

Qua da tempo si elegge democraticamente la dittatura. La democrazia non garantisce il benessere. I fenomeni di realizzazione e stabilizzazione del consenso dichiarano reale ciò che è più prevedibile. Le aspirazioni della maggioranza pre-scrivono le opzioni praticabili. Ma non c’è intelligenza nei calcoli delle medie computazionali.

-I fenomeni per altro, si sa da sempre, non hanno alcuna morale e in più, dagli studi sulle basi biologiche del comportamento, non si riesce a risolvere come sia che, con una frequenza imprevedibilmente alta, si realizza comunque sempre, in ogni sistema sociale, un bizzarro altruismo.

-La democrazia -dagli studi storici si è evidenziato bene- si è dovuto sempre imporla. Non è un fenomeno spontaneo. Si è imposta la democrazia con la forza della persuasione. Il cinismo razionale della retorica sempre fa capo a tutte le evenienze ma poi non è mai sufficiente e si uccide.

-La trasformazione sociale (rivoluzione?) può essere auspicata come una capacità di immaginare che il mondo che si era liberato da tutto quanto non andava grazie alla democrazia, da adesso può privarsi anche della democrazia? Essa è stata certo un RIMEDIO, non la soluzione.

-Il sottoproletariato moderno è censito come comunità afflitta da una uguale miseria. Non può essere liberata con logica, perché la logica assicura il diritto ma subisce la gerarchia del sistema causale. Ragioni superiori operano in deroga. Dunque c’è una idiosincrasia tra conoscenza razionale e pensiero? (…dovremmo rileggere Hanna Arendt)

-Per adesso mi dico che immaginare il dopo di adesso non è prevedere blocchi di futuro dentro ripartizioni di librerie tridimensionali. Il sistema di coordinate libertà/uguaglianza/fraternità deve essere sostituito da una mentalità nuova. Il futuro non sta necessariamente in una continuità, in una mentalità appena migliore.

-Bisogna recepire il sogno non condiviso. L’evo moderno è l’Ignoto. Mi dico che gli agrimensori mischiano steppa, utopia, tundra, mare, spiagge. E siccome mi pare che questo abbia un senso allora aggiungo che il mondo e le cose si definiscono parlando e scrivendo del non evidente: del sentimento del mondo, delle cose, delle relazioni. La democrazia non ha sentimenti.

-Il sentimento è indicibile ma costringe a chiarire tutto il resto. Io ho il sentimento di una scoperta scientifica come possibilità. Essa dice che i pensieri sono preminenti su tutto. Che essi sono inscindibilmente legati al destino della parola “immaginazione”. Ora dobbiamo spiegare.

-C’è una relazione tra la scoperta dell’io neonatale e il destino culturale di concetti come: pensiero umano, linguaggio, prospettive sociali, dire (di un poco di mondo) ulteriormente. La scoperta della nascita, che racconto sempre, è solo sentimento della scoperta.

-Definiamo come capacità immaginare la natura del pensiero originario. Definiamo tale capacità funzione dell’Io della nascita. L’immaginazione è la funzione, non è tutt’uno con l’immagine, che sarà il prodotto della funzione. Il neonato ha la capacità di immaginare vuol dire che ha il pensiero come ideazione.

-L’immagine viene erroneamente ritenuta simile ad una figura: la figura è secondaria alla percezione visiva. Ma l’attività mentale dell’io alla nascita non è riducibile ad una serie di impressioni passive suscitate dagli oggetti esterni, che sarebbero recepiti più o meno confusamente. E’ necessaria una funzione immaginativa per vedere.

-L’io della nascita è attività verso il mondo, prima che registrazione passiva del mondo. L’io dilaga nelle sue vicinanze. (Per immaginare adesso, in non più tenera età: in un mondo senza democrazia e ricco di sentimento, si potrebbe aver chiaro l’impetuoso esser vivi senza un motivo noto?)

-La teoria mette in rivoluzione, insieme al sentimento (che è un mare che dilaga da un allora/dove fummo coi nostri figli che nascevano fino a qui/adesso) anche una serie di teorie circumvicine: fisica, glottologia, antropologia, logica, estetica, etica e politica. Ed altre, credo.

-Ma l’argomento teorico è troppo vasto. Il mio sentimento della scoperta, in relazione all’osservazione dei fenomeni sociali di qui, si è concentrato su una certa frase, che è inerente a tutta la letteratura di un dibattito che si è originato tra una moltitudine di studiosi in proposito alla scoperta medesima. La frase è

“C’È UN PRIMA MA NON C’È UNA CAUSA”

-È la scoperte scientifica rivoluzionaria anche nelle sue articolazioni dialettiche. Chiama in causa il 1905 e le novità sulla natura del tempo. Come la rivoluzione relativistica, essa afferma la discontinuità irreversibile determinata da una proposizione che, non sostenuta dal sistema teorico in vigore che non ne è dunque la causa, altresì lo supera.

-Ma il sentimento di questa frase mi serve allo scopo di convalidare un modo di pensare, non geniale ma pratico, che mi schiarisca il futuro nero, e offra legittimazione a sperare, nonostante tutto, in regime di discontinuità intelligente, amori e società e politiche altamente improbabili. Ad esserne certo perché impossibili. 

-Comincio proprio dalla teoria. La famosa Teoria della Nascita.

-L’attivazione dell’encefalo per stimolazione della retina ha il prima come ricordo e non come causa. Il prima era una condizione materiale di equilibrio tra feto ed acqua, a partire dal quale equilibrio era impossibile prevedere un futuro in cui, la rottura di esso, determinasse un progressivo investimento del pensiero del bambino sul mondo. Un disequilibrio a favore del neonato.

-La nascita è dunque una trasformazione della vitalità (che sta tra realtà biologica e psichica) in pensiero di sostenibilità di un esterno inospitale. Questo pensiero di sostenibilità è attività dell’io che origina da fenomeni di trasformazione della materia. Si ritiene che sia una realizzazione di certezza di esistenza umana oltre sé e fuori di sé.

-Al parto non si nota alcuna differenza tra uomo e animale. Quanto si dice vale poichè noi arriviamo qua sulla traccia di quanto, molto presto dopo la nascita e in progressione tumultuosa, accade al bambino. L’acquisizione del linguaggio verbale.

-La frase “c’è un prima senza una causa” dice che alla nascita c’è una ATTIVITÀ del feto che il prima non faceva prevedere. L’embriogenesi è un processo silente di accrescimento biologico. L’attività di nascita è nel parto. Il prima della nascita è senza pensiero.

-La frase non distrugge il principio di causa/effetto, ma smentisce la necessità assoluta di una successione temporale. Nei fenomeni improbabili il prima è cieco. Il sasso che non ricade sulla mia testa va via dalla terra, va sopra di me.

-È l’amore che non ritorna. Se è così, quel luogo da cui non torna, (quel sopra) è dopo. Perché io resterò ad aspettare l’amore, scomparso imprevedibilmente nel cielo, per tutto il tempo che potrò ricordare il suo ritorno. Ricordando che l’amore ebbe un futuro. 

-Il cielo sopra me da cui l’amore non torna è anche prima. L’amore va dove voleva andare. E’ sempre stato in fuga verso il futuro originario. Da sempre si va alla nascita, alle capacità di immaginare ogni ipotesi di felicità. Si va alle promesse. Da sempre dunque si va al prima. 

-È Cyrano de Bergerac nella commedia di Rostand, la sera, alla nascita dello svelamento tragico, con la testa rotta, sotto la luna, finalmente tra le braccia di Rossana che riconosce, finalmente, il suono delle parole che aveva soltanto lette sui fogli. Mute da mille anni.

-La voce di Cyrano legge nel buio la memoria delle proprie parole. Restituisce verità della storia e giustizia del senso. Il sentimento indicibile è un tratto vaneggiante di silenzio. La materia del restare è la densità del tempo sottratto. La vana lontananza si piena del sentimento dell’ assenza. La sparizione è creazione.

-Il guadagno è in secondi. La necessità di scrivere suscita la pietà amorosa. Niente di inutile a frapporsi più tra parole (t’amo fa scomparire la i). La sparizione non è fenomeno di quantità, è per esser rapidi: il tempo della i immediatamente  è un soffio nell’aria. La sparizione non ha natura di perdita.

-“T’amo amor mio” : la soppressione operata sul linguaggio 1)tra la preposizione e il verbo (t’amo) e 2)nella rinuncia ad una vocale (amor) è soppressione di massa e permanenza di inerzia. Gli apostrofi e le elisioni sono deroghe in un sistema di conservazione.

-Apostrofi e altre licenze sono sfuggiti alla polizia segreta. I delatori non hanno capito che penne volanti e sparizioni di vocali erano insistenza delle ‘cause implicite’. Grimaldelli filosofici per rimanere certi di promesse da scambiarci. Un amore controintuitivo non è meno amore di qualsiasi altro.

– Immagino 1)un mondo senza democrazia, 2)una felicità sostenibile, 3)che non si muore mai più di freddo, 4)che la promessa è, alla fine, esito di una procedere incosciente.

2 Comments

  1. Come l’amore, la vitalità va coltivata. Sì, perché te la levano, giuro e non sembra, ma la perdi che è un attimo. Come l’amore, prova a dare per scontato che ci sia, prova ad abbandonarla su uno sgabello pensando che tanto non va da nessuna parte e passerai a prenderla dopo. Si vive in un mondo brutto, dove la mediocrità pare sfavillare, coperta solo dal chiasso di parole inutili, di parole affastellate e ripetute da ignoranti, che magari ingoiano un compendio di gestione di relazioni umane e poi credono che quelli siano i rapporti. Fuori fuoco. Non si sa il prima, né la causa. Né da dove si parte, né dove si arriverà, ma solo parole…centinaia di parole solo per eludere ciò che veramente passa per la testa. Meglio le scazzottate degli uomini al bar per un regio passato nella mano sbagliata. Almeno lì era chiaro. E ce ne vuole un sacco di vitalità per riuscire ad avere un pensiero di sostenibilità di un esterno inospitale.

  2. Certo che noi qua si vive molto male. A causa del prevalere (normalizzarsi) di attività distorte di pensiero. Si vive come se. Proprio ieri pensavo si segreti, al fatto che ormai pare che nessuno abbia un segreto da rivelare, i segreti quelli belli, che in confidenza ‘te lo dico nell’orecchio il mio segreto’. Qualcuno come noi lo ha pensato magnificamente il segreto da svelare dentro un buco scavato nella corteccia di un albero. In questi tempi gli unici segreti rimasti sono quelli che le persone hanno con se stesse, direi. Si vive molto male e – meno male – arriva anche il corpo a registrare le cose: la luce dell’inverno colpisce la retina, il freddo umido tocca la pelle e tutto si unisce e si fonde, arriva una debolezza che costringe ad arrendersi per un attimo, ad aprire le braccia a quella febbre che fa solo venir voglia di tazze grandi di acqua calda con tanto zucchero e il succo di limoni appena colti nel giardino. Il giallo dei limoni profuma tanto in questi giorni ed è del tutto controintuitivo!

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.