la difficoltà di pronunciare la parola “noi”

Posted By claudiobadii on Ott 22, 2013 | 1 comment


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Alla sua origine è ricondotto il mio sentimento variabile per lei che risulta ‘natura’ e ‘forma’. Fondo la relazione sui miei modi di ammettere dolcemente o con acidità la sua legittimità di essere nel mondo. L’amore è potente ci consente l’arroganza di attribuire diritti di esistenza ai nostri amati fiori colorati o secchi nei vasi di mattoni e cemento coi quali abbiamo costruito le case. E’ fondato sulla concessione di plausibilità delle nostre  reciproche nascite. Feroce mentre dura e quando si esaurisce. Amandoti ti battezzo cara ragazza che credevi fosse un’altra cosa. Ti battezzo con le carezze perché qua dove si vive ci si somministra tra noi la comunione. Liturgie del sabato o della mattina presto o delle fughe nelle strade di città costruite appositamente per amanti e nelle balere durante le languide milonghe. Schiere mormoranti di pellegrini amandosi come noi determinano speciali funzioni della nostra mente per una psicologia etnica d’essere umani. D’essere ‘qua’. Con l’accordo sui colori del tuo foulard appena comprato sulla bancarella del commerciante cinese so che posso aumentare il grado della tua sensazione di esistenza come se ti fornissi pappa reale e ossigeno nello spazio dove respiri. La mia freddezza può indurre sentimenti di miseria e aleatorietà. Il disamore si avverte come un disconoscimento più radicale più freddo e più disperato di quello che dovrebbe essere. Talvolta l’azione della malattia si caratterizza come una precoce alterazione dell’investimento affettivo. È dislessia dell’odio. Intuitiva. Feroce. Normativa. Al suo estremo porta ad ogni sorta di banalità. Non è un ente metafisico. È una malattia di non saper avere compassione per una foglia o un mattino. È una malattia sociale. L’incapacità di generare il nostro proprio senso senza un ragionevole motivo fa sì che usiamo gli altri: a causa di una mancanza di autonoma fantasia. Dicono che c’è una metafisica del Male. Invece c’è l’odio precoce contro un bambino e per un’amante e il freddo che gli si impone e dopo c’è la sua anaffettività come unica possibilità di sopravvivenza fisica. Ne può derivare un modo d’essere banale come è banale la natura senza esseri umani a narrarne la bellezza. L’amore che delegittima è un affetto glaciale di chi non riconosce e non genera gradazioni di colore e dice soltanto ‘bianco’ neutralizzando le sfumature necessarie per dire il latte e la neve e causa la lesione nella mente di chi ascolta poiché gli impedisce di distinguere le gradazioni termiche e i colori delle parole. La gratuità di quel male corrisponde ad un non valer d’animo. A volontà miserabili e sghembe. È un male che uno s’è preso ma che quando ce l’ha ci tiene a tenersi. È una ben tenuta malvolenza. Un tener di conto la malvagità. E’ la vera fonte del potere. E così spesso è un errore d’amore a provocare il suo contrario. Un odio che si rivolge dove nasce l’amore medesimo: alla origine della forma e della figura, alla nascita dell’altro. L’opposto dell’amore che dà senso al colore grigio e blu dei grattacieli appena completati è la banalità dell’io biologico che sceglie secondo un discorso di razza. L’odio può arrivare a colpire non una qualità ma una legittimità. È un razzismo che comincia nel rapporto degli adulti con i bambini e seguita nel rapporto uomo donna. Non si finisce mai di curarsene il rischio. Si capisce che è una cosa seria difficile ed è dunque necessario non contentarsi d’averlo approssimativamente definito. L’amore mio per te e il tuo non basteranno di per sé senza una ricerca più accurata (più amorevole del nostro amore) dato il turbamento che ci prende o dovrebbe prenderci se fossimo innamorati davvero: non sapere se potremo mai  fare in tempo a capire quanto ci siamo perduti l’uno dell’altra quando pronunciavamo con enfasi la parola “NOI”.

 

1 Comment

  1. Non so bene, ma in un ordine feroce/grammaticale/normativo, “Noi” si trova al quarto posto. Giochiamo tutta la vita tra questa altalena lessicale che ci rende o soggetti protagonisti, o gregari, o spettatori. Lo vivo come un trasformismo necessario alla sopravvivenza, un adattarsi alle circostanze. Spulciando in rete trovo poi progetti come questo che spero possano dare un qualche contributo. Ma non so.
    http://youtu.be/-g3fNjstrow

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