la notte chiara del signor Notwen

Posted By claudiobadii on Mag 31, 2013 | 0 comments


Newton def.

“La Notte Chiara Del Signor Notwen”
©claudiobadii
per
OPERAPRIMA

L’albero di mele sulla curva terrestre dell’orto/giardino: cadente verso il prato di stelle la mela lascia la terra e, contro ogni (legge di) probabilità, galleggiando, sfugge l’attrazione terrestre e vola (dunque cade) sopra il ‘basso’ cielo e naviga ‘giù’ verso l’infinito nero azzurro. Il nero pentolone siamo addirittura ‘noi’ verbi stregati attorno. Ooh insomma! La poesia del suono che se ne va al linguaggio verbale è ormai ragione, e cresce, e si sviluppa, e si fermerà soltanto alla morte biologica nello splendore della coscienza di aver vissuto bene. È come io raggiungo te, con la convinzione che sia bene anche questo viaggio, e, per la solidità delle mie convinzioni, l’andare senza ritorno di questo amore verso te consuma tutti i tuoi e i miei sogni, portandoci nel gorgo sensuale.

Non ci sono parole dici ed è vero.

Il mormorio nella gola va dalla parte opposta a quella su cui si distendeva, fino ad un attimo fa, il linguaggio verbale della seduzione. L’abbraccio e il camminare è dalla parte opposta alla descrizione del cielo. La vitalità del riposo, e del sonno dopo il rapporto, va ‘sulle tracce’ della nascita, alle orme che l’acqua e la carne lasciano addosso al feto che poi diventa neonato. Il linguaggio verbale cosciente chiama ‘musica’ la ridondanza che si svolge tra ogni istante della vita neonatale e il parto. L’inizio ha estensione e durata. Qui si ferma, in un singhiozzo di commozione, la comprensione condivisa del fraseggio. ‘Motivo’ e ‘conclusione immediata’ dell’uguaglianza tra esseri umani, la vitalità consente la genesi del pensiero dalla materia stimolata dalla luce, ma determina differenti capacità di immaginare. Ognuno va per la sua strada con l’eco della musica.

Oggi hai sfiorato una pozza di pioggia e hai detto che tempo!! per sorridere di niente. Ed è tutto, per quello che ci riguarda.

Io invece studiavo: il pensiero è non cosciente là dove si genera, e poiché esso continuamente si genera, essendo funzione della attività costante dell’apparato cerebro/vascolare, è anche sempre (continuamente) non cosciente. Non ha sempre (non ha mai, dunque) soltanto se stesso al proprio cospetto. E nel momento in cui vuole voltarsi a cogliere la propria emergenza dalla materia, per individuare di che natura esso stesso sia fatto, nota esclusivamente una trasformazione alla propria origine. La qualità dell’intero pensiero è di essere costantemente ‘curioso’ della propria generazione ed è, su questo margine: laborioso e silente, monacale e conventuale, primitivo e sapiente, costantemente indicibile, perdurante e ridondante, di natura fisica inespugnabile.

È segno di privazione di fantasia definirlo ‘inconscio’: così si altera la possibilità di considerarlo intero secondo la sua realtà anatomica e funzionale. Non è un’idea sensata proporre la dialettica tra differenti stati della coscienza come strumento per la conoscenza della vita mentale. Il pensiero che vuole cogliere la malattia deve cogliere stati della materia e non significati metaforici nel pensiero di un racconto. La ‘trovata’ psicanalitica è una invenzione filosofica: è fuori dalla realtà mentale delle durate.

La genesi non è epica letteraria, può solo essere cronaca di un sentimento -un sentimento continuo (in verità )- in cui non ci si volge avanti a cercare parole, ma si cercano segni di incalzanti chiarezze, di evidenze. Non si deve sottrarre al pensiero la notazione perturbante che esso origina da una trasformazione della realtà biologica in un processo che si svolge dentro gli ‘apparati’ nervosi. Dunque disegno curve, lineette, punti privi di superficie, segmenti di differente spessore, derivati dell’esplosione di bozzoli da seta, nello spazio nero e grigio, disegno piccole ali irriconoscibili, frammenti di ali.

La mela scagliata in alto, che non torna, è la natura del pensiero dei geni ed è l’essenziale minimo della ricerca scientifica. Disegno il falso nulla dell’oscurità senza fine che dovrebbe inghiottirle, la scienza e la genialità che sostengono gli affetti, però il disegnare è tutto intero un sorriso, perché so che il nero nulla è il tratto colorato di una metafora letteraria. Perché invece, poi, la mela, la trovi che si muove splendente, in un universo che non ha un centro, del quale sembra essere addirittura l’unica ricchezza. Il ricordo di quello che ero nell’essere ammalato sono foglie e fantasmi di foglie.

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