le pietre sonanti di Palestina

Posted By claudiobadii on Dic 27, 2014 | 3 comments


“Flowerish more” dice la suonatrice di viola palestinese intervistata sul perché si sia dedicata all’arte in quel mondo di guerra e di sassi. Mi par di capire la risposta che traduco così: “È per ricordare che ci sono le valli nel mondo e non solo le montagne che nelle valli si studia come in una vasca di pietra si fanno i bagni più riposanti nel tempo che le bombe non cadono”. Persone di questa natura, questi musicisti imprevedibilmente appassionati, vengono definiti ‘pietre sonanti di Palestina’ dalla giornalista che ha realizzato il servizio. Alla fin fine senza una ragione, solo per simpatia, sto dalla loro parte piuttosto da qualsiasi altra di tante. Non ho mai ragionato dopo una scelta. Non è mai stato per me stare ‘o di qua o di là’ come si impone di solito. Sempre si è trattato di abitare in un luogo del mondo, anche mondo di cultura, con il mondo rimanente e prevalente attorno alla ‘parte’ che mi ero scelto. In questo so di essere stato privilegiato dalla mia natura, che mi rende comprensibile molto di tutto, e mi toglie la malevolenza della rabbia di non saper immaginare. Così posso sempre trovarmi una poltroncina o una seggiola -anche nel bordello o nell’osteria o nella hall di un grand’hotel- su cui riposare circondato di persone di ogni differente rango senza ‘estraneità’. Persone e amicizie un poco più simili a me ne ho anch’io alcune che sono confortevoli covi di arbusti nel sottobosco. Non nascondigli per appostamenti, ma appartamenti per pastori dispersi per laureati informatici e altri simili alberi stravaganti. Avrei potuto rischiare, arrampicandomi appena qualche metro, la vita di un qualunque barone rampante restando sulle chiome. Però non è successo dato che parecchi mi hanno tirato giù dall’intrico della presunzione. Resta che, sia prima che dopo quel disboscamento salutare della mia arroganza, mai sono riuscito a capire la linearità. Ultimamente, per l’età credo, mi sono sempre più legato a questa antipatia per la semplicità come ‘valore’. Mi ci sono legato di una passione senile ultima e ribollente. Così nel turbinoso sentire riesco a approfondire la magica complessità del dispensabile che si esplica in passi disaccorti. In riva al mare in gennaio mi riprometto dunque molteplici passi ancora ascoltando il mormorio di sbarchi mitologici ad ogni ora del giorno e della notte. Ricordo i ‘nemici’: il sangue cattivo, il cuore nero, il settarismo inconfessabile, il dedalo senza speranza della semplicità. In quel labirinto inospitale privo di luce non è possibile mai un ‘maggior fiorire’. Perché il buio frana sul legno e spegne il suono delle viole. Il viaggio della scelta riproposta avvicina certi amori ed altri ne allontana. E  l’esperienza di esilio affila la lama, per procacciarsi le bacche e staccarle dal fusto di ogni ramo. È materiale resistente. E anima necessaria. Annaclaudia domandava, nelle ore in cui io preparavo questo articolo per stamani, se è solo sua la sensazione di avere sempre il cuore altrove. Fosse anche lei una ‘pietra sonante di Palestina’… una che pretende quel FLOWERISCH MORE, quel ‘maggior fiorire’ …. senza il quale non resta al pensiero niente di buono da pensare.

3 Comments

  1. “Continuiamo a sognare”

    “Come artisti l’arma più forte che abbiamo è la nostra capacità di recitare, sognare, immaginare. Le forze di oppressione la temono, perché finché siamo capaci di immaginare un’altra realtà, abbiamo anche il potere di perseguirla”. Dalla Dichiarazione di associazioni artistiche palestinesi. 17 luglio 2014.

    arte espressione e resistenza.
    ..molte ore stanotte tra ‘Le pietre sonanti di Palestina’, una ricerca che non voleva finire, una musica rotolante che per molteplici vie mi ha accompagnato al mattino e al sogno di noi ” scambi di libri, inchiostro sulla pelle : i caratteri delle parole .i sorrisi.” http://youtu.be/ZxSumdRChNI: ‘La canzone si chiama “Rahil” che significa “esilio”. Il riferimento è al nonno di Ramzi Aburedwa-Il Violinista-, costretto a lasciare la sua casa tra gli alberi di eucalipto e gli agrumeti profumati, per andare a vivere ad Al Am’ari, campo profughi di Ramallah.’..
    “..ed ecco che, nelle intenzioni dell’autore, il cambio di tempi ed atmosfere – dall’apertura lenta e malinconica di fisarmonica e bouzouki, all’eccitazione nel momento in cui compaiono le percussioni, fino al ritorno alla cupa dolcezza iniziale – contribuiscono a descrivere proprio lo stato emotivo tumultuoso che caratterizza coloro che vivono in esilio,ma che non hanno mai dimenticato il significato della parola ‘casa’.”

    “La musica non è un privilegio: è un diritto di tutti. Per garantire questo diritto Ramzi Aburedwan, musicista palestinese, nato ventotto anni fa in un campo profughi alla periferia di Ramallah, ha deciso di aprire, nel 2005, una scuola di musica (Al Kamandjati) nel centro storico della città. E di portare lo studio della viola, del violino, della chitarra, della fisarmonica, nei campi profughi e nei centri urbani dei Territori Occupati. La storia di Ramzi è una parabola esemplare: nel 1987 era un ragazzino che lanciava le pietre contro i carri armati israeliani (e una foto diventata celebre lo ha fatto diventare il simbolo della prima Intifada),nel 1999 sedeva nella fila della West-Eastern Divan Orchestra fondata da Daniel Barenboim. Per raccontare questa storia in parole, musica e immagini Guido Barbieri e Oscar Pizzo, dopo l’esperienza di ‘Portopalo. Nomi su tombe senza corpi’, andato in scena all’Auditorium lo scorso anno, hanno riunito un gruppo del tutto inedito di artisti e di intellettuali: Amira Hass, corrispondente di Haaretz, l’unica giornalista israeliana che vive in Cisgiordania; Franghiz Ali Zadeh, compositrice azerbaijana di religione musulmana, amatissima da Yo Yo Ma e dal Kronos Quartet; Moni Ovadia, da sempre testimone attento della questione palestinese; Mohammad Bakri, il più popolare e amato attore palestinese; Yannis Kounellis, uno dei maggiori artisti contemporanei; Marco Di Noi, regista e videomaker e infine lo stesso Ramzi con i maestri e gli allievi di Al Kamandjati.”

    lo trovate qui http://www.auditorium.com/eventi/ricerca?input=EV_4906493 (…..ci vuole un po’ a caricare..poi appare!) 

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