non lasciarmi

Posted By claudiobadii on Apr 21, 2011 | 8 comments


non lasciarmi

“Ciò di cui non sono sicura è se le nostre vite sono così diverse da quelle delle persone che salviamo. Siamo tutti completi. Forse nessuno di noi capisce realmente ciò che abbiamo passato o sente che abbiamo avuto abbastanza tempo.” (‘ Non Lasciarmi ‘ di Mark Romanek – basato su un racconto di Kazuko Ishiguro)

Potrei lasciare solo questo perché il resto, il prima, è una possibilità offerta per arrivare almeno a questo. Potrei lasciare questo, e potrei smetterla di dannarmi le giornate e gli anni, perché ho capito che è proprio vero che ciò che diciamo, che ci riguarda di più, che è ciò che intimamente noi siamo – e che è pochissimo, in spazi inesistenti solo pensati, in tempi brevissimi seppure perduranti – dunque so benissimo che è vero che solo chi già è stato capace di pensare in quei termini può capirlo. Noi siamo solo ciò che altri sono già stati capaci di pensare in ordine ad una condizione plausibile di esistenza: si tratta, per me, di puro materialismo e di fare i conti con l’amore e la passione e il desiderio comuni. Puro materialismo vuol dire materialismo aumentato da una medicina che scopre il legame della derivazione del pensiero dalla biologia, ma in termini romantici, cioè in modi in cui manca una specularità ed una corrispondenza biunivoca. Allora io vivo la gioia di essere riconosciuto dall’altro per via che c’è una anticipazione, e l’altro s’é venuto a trovare là quasi per me, dico sebbene sia vero che in realtà io ho scavato con le unghie, per decenni, e poi è apparso e mi è sembrato riconoscibile, riconducibile ad un modo di esistere ben noto, ma dovessi dire, viceversa, che sapevo quale strada prendere e quale campo attraversare e quale carcassa di nave osservare accuratamente per trovarmi a quell’appuntamento, non potrei farlo. Aggiungo, per un solo secondo, che io addirittura sono proprio definito da ciò che mi manca per raggiungere una comprensione di come si fa. Io sono tutto ciò che mi manca per fornire le prove di me, in quell’assenza di ragioni, assai più di quanto, di me, ci sia nella certezza di trovarmi di fronte ad un miracolo di realtà umana, che mi si è appena configurata come realizzazione completa secondo un’immagine. Non c’è una ragionevole corrispondenza tra i mezzi e i fini e l’altro, che fa il miracolo per via di esserci, sa di me ciò che mi serve, sa esattamente di me quello che non so avere, che potrebbe essere che ci sia da amare in me, come attesa inesauribile, come accostamento ad una banchina di carenaggio appositamente costruita di mare e pietra per il brigantino dell’amore appassionato. Nel materialismo romantico le assenze diventano decise carezze, e sapienti avvicinamenti spudorati. Si sa che si deve parecchio insistere col sesso, in modo non allegorico o simbolico, bensì in forma di lettere scure sui fondi di carta di riso, e di incisioni su muri di milioni di piante addossate di papiro. Si deve insistere, per strappare al pensiero l’idea che tutti hanno della sua  sospettabile natura d’essere privo di materia. Per questo ci si inventano le parole staccandone il disegno dal papiro, appunto, dal bassorilievo e dalla pergamena, oppure dalla pittura murale, dai cunei sull’argilla. Leggiamo con gesti amorosi, pensando tutto ciò che c’è da pensare, per decifrare quanto scritto, ma anche contemporaneamente pensando ‘ …sei tu i cunei fatti con la sottile paletta di osso bianco liscio sei tu il conteggio dei sacchi di grano e il racconto delle battaglie vinte e la cifra suggerita per dire i nemici fatti servi portatori di macerie e tesori -la stessa cosa in fondo….’ Penso sempre il mondo e nello stesso momento penso anche ciò che sei, e per necessità di conoscenza scrivo in me il pensiero che poi posso segnare sulla carta, sotto forma di un disegno di tratti corrispondenti a gesti di arrendevolezza. La precarietà del pensiero, tutto quanto mi si fa incontro, la tua imprevedibile meteorologia, così come l’incomprensione quasi totale che ho maturato per le cose dello spirito, mi permettono di pensare il mondo e realizzare la gioia di una vita affettiva della quale è paradigma e scenario una decisiva attività di esistenza soggettiva, che mi porta alle foglie leggere, agli aerei nei grandi capannoni, alle barche restituite con la chiglia appoggiata alla spiaggia col mare lontano anche se non si sa mai, alle inquadrature di singoli volti o di figure secondarie quando sembra che la natura sia tutto, quando la natura piena lo schermo come a dire che noi siamo niente, anche se noi proprio siamo sicuri invece che non è vero che noi siamo niente al cospetto della natura e che anzi noi siamo tutto, quasi tutto, un tutto che ha esigenza della costanza di essere sempre ridefinito da ‘te’. Te spesso ti penso per rendermi legittimo questo cercare la cosa che lega la biologia rossa di sangue al vento impetuoso e incolore, le chiglie delle navi inclinate al senso della bellezza che deriva loro dalla loro distanza dalla linea di costa, l’idea di alcuni aerei di leggero fasciame di legno di nave quando stanno allineati e pronti in enormi costruzioni di cemento chiaro. Te, spesso -sempre- ti cerco, a tua insaputa, quando penso di cercare e anche di scoprire da dove deriva tutta quella possibilità di aggiungere continuamente elementi umani alle cose che stanno là fuori – cose costruite da noi o luoghi che abbiamo scelto. So che io spesso non sono altro che uno che cerca e pensa ed ha una vita psichica a tua insaputa e all’insaputa di tutti, e so che comunque noi esistiamo sempre un poco dietro le quinte delle nostre più appassionate storie, che poeticamente vorrei dire esistiamo in una estesa infinita linea di costa e penso che la bellezza della nostra esistenza sta nel riuscire a distendere su quella linea tutti i perché cui non siamo riusciti a trovare una patria, quel nostro essere un attimo in anticipo sulle nostre domande, tutto quell’essere sempre all’insaputa gli uni degli altri, e tutto quel chiamare amore la richiesta di perdono, che rivolgiamo gli uni agli altri, per non essere stati capaci di rinunciare a quel modo di stare al mondo, che proprio quando domanda si ritrae appena, quando quel nostro domandare assume i toni della pellicola che fissa per sempre – ma innocente perché è perché per sempre si possa ripeterne l’espressione impareggiabile – il volto dolcissimo di un adolescente, che è deciso ad aspettare tutto quello che ci sarà da aspettare…..

Per adesso direi che tu sei una grammatica ufficiosa in costante rilegittimazione sintattica che impone continuamente una nuova diversa idea di tempo e mi rende trascurabili gli atteggiamenti assertivi a proposito delle regole del mondo.

8 Comments

  1. C’è un modo di inginocchiarsi alla bellezza che rende l’umiltà di ciò che siamo,corpi sempre pronti con una valigia lì per affrontare qualunque viaggio,sono i piedi che portano oltre l’immaginabile solo a sapere che servirà lasciare per tornare a casa,la propria casa.
    Bisognerà non considerare troppo il senso della perdità perchè ciò che perderemo sarà un atto sacro di spogliazione e le lacrime solo il suo riconoscimento.A volte chiamiamo ingiustizia l’unica cosa per cui sia valsa la pena camminare e arrivare ad inginocchiarsi di fronte ad un mare che non osavamo chiedere ma che già ci attendeva nelle parole di qualcuno e nelle sue carezze.Ho cercato di guardare con i tuoi occhi ma sai bene che non è possibile e allora ti ho immaginato vicino quasi come un’ombra.

  2. forse è tutto vero o lo costruiamo noi???
    ma noi siamo quello che amiamo???
    di quello di cui si accorgono gli altri forse e dico foforse non mi tocca ….ma è vero???

  3. Ho una bella citazione da il film ” Il ladro di orchidee” ( sceneggiatura di Kaufman ): “noi siamo quello che amiamo” … non male… gli altri si accorgeranno d i ciò che amiamo?

  4. bashert…

  5. Ci vuole un’identità bella forte per reggere questa vertigine..

  6. “Noi siamo solo ciò che altri sono già stati capaci di pensare …” mi viene una vertigine nel pensare quale e quanta differenza c’è tra quello che noi pensiamo di essere e quello che siamo per gli altri … lo viviamo tutti i giorni nei rapporti con gli altri

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